Annemarie Schwarzenbach è stata una scrittrice,
fotografa e giornalista svizzera.
Viaggiò molto, fu una delle controverse protagoniste
della vita culturale bohémien mitteleuropea tra la prima e la seconda
guerra mondiale.
Diversi anni fa ho ammirato alcune delle foto da lei
scattate durante i suoi viaggi negli Stati Uniti ed in Asia, ma solo pochi mesi
fa ho letto la biografia romanzata che la brava Melania Mazzucco
ha pubblicato, nell’edizione curata dall’editore Einaudi.
Non esito a definire “Lei così amata”, questo
il titolo, uno dei libri che più ricordo con piacere e che mi ha donato momenti
e pagine intense, emozioni ed un senso di soddisfazione e pienezza.
Annemarie Schwarzenbach viene raccontata con dovizia
di particolari, con cura e rispetto per lei, la sua figura, i suoi sentimenti,
la vita che ha scelto o si è trovata a vivere. Splendide descrizioni si
accompagnano ad una precisa e coinvolgente ricostruzione storico-antropologica.
Sono molte le pagine che mi sono care e che mi hanno
spinto a recuperare ulteriori informazioni su questa giovane donna e sulle
opere da lei scritte.
Riporto alcune riflessioni presenti nell’opera su
temi importanti come la famiglia, i figli, l’amore e l’amicizia, attraverso
alcuni passaggi, intensi e che ogni tanto, ancora adesso mi piace rileggere.
“Forse solo i genitori possono essere felici in
famiglia. Solo chi ha fondato e mantiene la famiglia può conservare la propria
autonomia e il proprio spazio vitale al suo interno, con la soddisfazione
illusoria di avere costruito un edificio solido, capace di reggere l’urto della
crescita degli individui e degli eventi della vita. Ai figli spetta solo il
dispiacere di raccontare bugie, il senso di colpa che nasce dalla certezza del
tradimento e il desiderio di ripartire al più presto, per riguadagnare la
sospirata libertà ed essere finalmente se stessi.”
“Quand’è che gli amici che si incontrarono giovani
cominciano a trovarsi cambiati? Quand’è che la politica, i problemi economici,
il dolore, l’impotenza, la distanza cominciano a corrodere i rapporti più
saldi, insinuando tra la tenerezza e il desiderio il dubbio e la diffidenza?
Sono gli anni che passano, o le esperienze, i nuovi incontri? È la fretta,
l’insuccesso, la droga, che portano a imboccare sentieri divergenti, che non
s’incontrano più? Oppure è la follia, e la muta paura dell’incomprensibile –
che li separa?”
“Claude non aveva mai pensato di prendere in
considerazione la richiesta di Annemarie. Anche se il loro progetto era
fallito, e non avevano saputo vivere l’uno accanto all’altra, non voleva
concederle il divorzio. Perché proprio adesso? Non riusciva neanche a
immaginare che questi sarebbero stati i loro ultimi giorni, e che partita
Annemarie lui sarebbe rimasto per sempre a maneggiare scartoffie in un ufficio
vuoto – ad aspettare il futuro, senza neanche la speranza di rivederla. Non
voleva rinunciare a lei. L’aveva scelta, Annemarie, ed era vero quello che
dicevano i suoi, che avrebbe trovato decine di donne che gli sarebbero state
più fedeli e avrebbero avuto più pazienza e più rispetto, per lui. E anche con
le quali gli sarebbe stato più semplice provare comprensione e rispetto. Ma
loro, anche se non si erano mai capiti, si erano scelti – al primo incontro, e
questo è un miracolo che raramente si ripete, nella vita. Perciò fra tutte le
donne era stata l’unica che avesse voluto accanto. A nessun’altra aveva mai
concesso questo privilegio, né lo avrebbe concesso in futuro.”
“Annemarie non guardava niente e non riusciva a
interessarsi a ciò che aveva intorno. Era stanca di viaggiare e non voleva
cercare di scoprire l’ennesimo paese sconosciuto. Alla fin fine, il passato del
mondo era solo un’immensa rovina da cui si levavano echi sempre più flebili, il
presente andava diventando identico ovunque e tutto si rivelava stranamente,
spiacevolmente simile.”
“I figli dipendono da noi – assorbono ogni nostro
gesto, ogni nostra parola, ogni elogio e ogni divieto. Siamo il loro esempio, e
ciò che odiano di più. Siamo responsabili dei nostri figli. Essi diventano ciò
che siamo e a volte non sappiamo neanche di essere. Sono le nostre intenzioni.
Il peggio e il meglio di noi.”
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