venerdì 24 agosto 2018

Cartoni Animati: Storytelling e Musica









Principalmente due sono gli elementi che mi amareggiano riguardo buona parte dei cartoni animati trasmessi attualmente in televisione e che anche i miei figli guardano.
In molte serie animate proposte manca pressoché totalmente la narrazione, lo storytelling che un importante ruolo invece rivestiva all'interno di vecchie produzioni. Un tempo si seguivano le peripezie, le avventure, le scoperte, le gioie ed i dolori di uno o più protagonisti, fossero animali antropomorfi, giovani uomini, bambini, coraggiosi e volitivi orfani, fanciulle vicine all'adolescenza o all'età adulta, con forti componenti realistiche, storiche o elementi naturalistici, magici/fantasiosi o di altro genere. Così ci si appassionava a Candy Candy, Remì, Gigi la trottola o alle varie eroine a cui venivano affidati specifici poteri, a termine come Creamy/Yu o senza scadenza come nel caso di Sandy ed altre ancora. Persino i cartoni animati con i “robottoni” (mecha per i più pignoli) avevano una loro trama, a volte lunga, con evoluzione dello scontro fra “Bene” e “Male”, ovvero fra Terra ed invasori alieni, nonché del giovane protagonista. All'interno di ogni genere, poi, c'erano maturazioni delle trame, sviluppo della complessità delle vicende, come, ad esempio nell'ultimo filone citato, il salto di profondità e qualità interpretativa e di analisi fra Mazinga Z e Gundam. 
 


 







Ora, invece, parecchie produzioni offrono decine di episodi autoconclusivi, del tutto od in gran parte slegati l'uno dall'altro, senza un legame fra di loro, in modo da essere sempre facilmente fruibili, senza la necessità di dover seguire quotidianamente lo sviluppo di una trama, di cui si rischierebbe di perdere il filo. Personaggi che hanno poteri e risorse senza che si sappia come ne siano venuti in possesso, bambini o giovani adulti che ricoprono ruoli e posizioni di cui lo spettatore non conosce le caratteristiche o come ci siano arrivati (Peter Parker/Spider Man vs Superpigiamini, tanto per fare un esempio).
Un certo ruolo lo riveste anche l'attuale modalità di “utilizzo” e la visione di certe serie animate. In sintesi: quando ero bambino e con me lo erano tanti altri che ora sono genitori, si vedeva un episodio al giorno delle proprie serie preferite all'interno di specifici contenitori televisivi previsti nell'ambito della programmazione quotidiana su canali generalisti. Per cui si impiegava tempo per arrivare alla “fine” della storia, anche diversi mesi nel caso delle serie più lunghe come “Peline Story”, “Rocky Joe” o “Lady Oscar” (ma gli esempi potrebbero essere tanti e vari). Nella Storia che iniziava con l'episodio 1 e finiva con l'episodio XX, aveva imprescindibile ruolo una trama sviluppata con impegno e lodevole capacità, composta di avvenimenti anche cruciali, personaggi vari e non sempre fissi che completavano ed arricchivano l'insieme, fatto di elementi positivi come negativi, sorrisi come lacrime, in cui a volte tristezze e lutti si alternavano con le felicità e le gioie dei protagonisti. 
Risulta quindi quantomeno singolare constatare come proprio nell’era storica che sembra mostrarne il suo abuso da parte di svariate figure con ruoli politici/religiosi/formativi/informativi ed altro, lo storytelling, come detto veicolo principale in passato delle storie e cartoni animati per bambini/ragazzi, abbia abbandonato il genere, riducendolo così ad una serie di episodi singoli ed autonomi, nei casi peggiori a striscie animate cadenzate da buchi neri logici e infarcite di demenzialità ed idiozie, senza nessi logico-narrativi.



 










Il secondo elemento che mi interessa approfondire un po' è la mancanza di attenzione alla parte musicale. Non mi riferisco solo alle sigle, che un tempo erano “il biglietto da visita” di ogni serie, ragione per cui le si imparava a memoria, si acquistavano le musicassette che le raccoglievano (una per ogni annualità di cartoni animati che andava di pari passo con l'anno scolastico), ed ancora oggi ci sono folte schiere di flippati appassionati che ne compongono compilation e vanno ai concerti di alcuni dei nomi “storici” delle sigle, come I Cavalieri del Re o Cristina D'Avena, punte di diamante o quasi di una vasta serie di voci più o meno “prestate” agli anime ed ai cartoni animati. A parte le sigle, ogni cartone “di una volta”, diciamo fin dalle prime produzioni anni 30 per giungere agli anime giapponesi anni 70/80/90, dedicavano grande attenzione alle musiche, fossero originali o prese a prestito da autori classici, jazz, swing e altro ancora. 



Ricordo Bugs Bunny che tenta di suonare la “Rapsodia Ungherese n.2” di Franz Liszt mentre un beffardo topolino lo disturba, oppure l'intera banda Disney che suona parti del Gugliemo Tell rossiniano con Topolino direttore d'orchestra. Oppure le musiche degli episodi di “Tom and Jerry”, così come quelle di Will Coyote, Speedy Gonzales, Duffy Duck, Porky Pig, Gatto Silvestro, che probabilmente hanno riscosso e tuttora potrebbero riscuotere successo grazie alle note e composizioni eseguite, a volte lampi di suono, oppure melodie semplici o composite, serie armoniche o file di note impazzite. Pensate: ad ogni movimento di Bugs Bunny o Will Coyote viene associato un particolare suono, che spesso proveniva da uno degli elementi di un’orchestra sinfonica. Ogni particolare era studiato e scelto con cura, con tutti i generi, dal jazz alla classica considerati utili, efficaci ed essenziali alla realizzazione dei cartoni animati, dalla sua parte grafico-animativa a quella sonora. 

 

Mi piace pensare che in questo modo i bambini facessero la conoscenza della Musica. Fosse classica, pop, sinfonica, da camera, operistica, jazz, swing o altro, le immagini veicolavano il sonoro e da questo traevano ulteriore forza e vitalità. Anche gli anime facevano la loro parte. C'erano motivi musicali ricorrenti che sottolineavano i passaggi fondamentali delle storie, alcuni momenti importanti o i personaggi principali, con temi appositamente composti. Faccio l'esempio della serie “Heidi”, le cui “musiche di sottofondo” erano molto importanti, fondamentali quanto la sigla cantata da Elisabetta Viviani. Polke, walzer, piccole romanze o brani pop-sint che creavano l'atmosfera dei monti, evidenziavano le emozioni della piccola protagonista e dei suoi amici, introducevano ogni episodio o fungevano da commiato. Da qualche anno è possibile ascoltarle pressoché tutte su specifici canali youtube.




Molti cartoni animati che guardo insieme ai miei figli non hanno questo elemento, alcuni neanche una sigla decente o degna della funzione che dovrebbe svolgere. Ritorna ovviamente l'elemento della tipologia di trasmissione, offerta e fruizione, che ora rende possibile vedere anche cinque o sei episodi uno dopo l'altro. Questo se ci si limita alla televisione, se poi ci si sposta sulle piattaforme in streaming il numero si alza notevolmente. La sigla non ha più senso, anzi sarebbe una noia risentirla più volte ogni pochi minuti (questo anche perché la durata dei singoli episodi è diminuita rispetto ad un tempo, facilitando la visione a ruota libera anche di un'intera serie o “stagione” della stessa). A ciò si aggiunge una certa noncuranza delle musiche di sottofondo o di accompagnamento, con suoni che si limitano, quando va bene, ad essere onomatopeici, oppure sono assenti o semplice rumore, che nulla aggiunge ai dialoghi o al visivo. L'eclissi del sonoro, assente o semplicemente inutile od insulso in molte serie. Che peccato!


Ma forse c'è ancora speranza: fra ciò che guardo in TV, in alternativa a quanto posso scegliere io da vedere con i miei bimbi, vi è un'eccezione!
Masha e Orso” è un piccolo capolavoro, che alla alta qualità dei disegni, degli sfondi, del rapporto “verticale” fra i due protagonisti aggiunge una grande attenzione alla musica, al sonoro ed al suo ruolo all'interno della macrotrama e dei singoli episodi.

Si va dalle citazioni delle colonne sonore cinematografiche ai capolavori del repertorio sinfonico. Dalle suggestioni gioiosamente western ai brani tipici dei film sportivi, dall'“Also sprach Zarathustra” di Richard Strauss che immediatamente riporta all'immaginario kubrickiano de “2001” al ritmo della “Rapsodia ungherese” di Brahms, passando con medesima arte ed efficacia attraverso Beethoven e Scott Joplin, senza dimenticare la dance ed il pop più evocativo e divertente. In “Masha e Orso” non mancano le composizioni originali, che hanno lo stesso valore dei classici, che sarebbe bello i miei bambini imparassero ad ascoltare anche con l'aiuto di un orso delle foreste russe e della piccola bambina che lo tormenta. Quantomeno perché così, magari, riterrebbero il loro babbo meno noioso quando in auto o nel fine settimana inserisce nel lettore un cd di Mozart o Chopin, di Chet Baker o Bill Evans.



In fondo la musica di un cartone animato può aiutare molto, veicola in modo semplice e divertente il senso ed il gusto di brani musicali, che divengono a volte più importanti del resto, a maggior ragione se il cartone in questione non ha pressoché per niente dialoghi. Un po' come poteva accadere in alcuni film muti, in “Masha e Orso” il formato è quello, ovvero poco dialogo e tanto spazio ai suoni ed alla musica. Il contrario di tanti cartoni suoi coevi, che hanno così tanto dialogo e parlato, a volte stupido, inutile e superfluo, che la musica non significa più molto e viene essa stessa svilita ed impoverita delle sue caratteristiche.



La speranza è che una parte dei nostri bambini riesca, come è successo a molti di noi, a crescere con la musica classica e con la buona musica in generale senza quasi accorgersene. Un effetto educativo con risvolti parainconsci, come succedeva con brani del "Barbiere di Siviglia", con il “Bolero” di Ravel, Gershwin della “Rapsodia in Blu”, la serenata notturna di Glenn Miller o le suggestioni dateci da Chopin, Čajkovskij, dalla voce di Ella Fitzgerald o di Mina. Brani che erano inseriti nella programmazione quotidiana ed in molti cartoni animati o come sigle di trasmissioni radiotelevisive.

Gli uni come gli altri ci rendevano familiari brani e canzoni, probabilmente non ne conoscevamo autori ed interpreti, ma li avremmo imparati successivamente. Ciò vale per la musica classica come per altri “classici”, da Frank Sinatra a Elvis Presley, passando per Louis Armstrong. 


2 commenti:

  1. Senza parole. Finalmente qualcuno si è ritagliato un po’ di tempo per contestualizzare in modo esaustivo e profondo uno dei veri problemi relativi all’odierna tv per bambini e adolescenti.
    Giusta riflessione sul pericolo insito nel rendere tutto più semplice. Troppo semplice.
    È un pericoloso degrado ai danni dei giovani che costringe a minimizzare sempre più le capacità cognitive. Ebbravo Adribrando!

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    1. Grazie "Anonimo"! I cartoni animati sono una cosa seria! ;-) Il tema mi appassiona e mi stimola molto. Comunque la tendenza a "semplificare" le serie animate è presente da molto tempo, anche se in modo diverso e ugualmente colpevole. Sai come? Lo si faceva "post", ovvero spesso l'allora Fininvest acquistava serie giapponesi e le modificava nelle traduzioni e opera tagli censori per fare in modo che anche quelle per adolescenti divenissero adatte per i bambini, considerati incapaci di comprendere dinamiche e situazioni. Esempi? la storica "Lady Oscar", nell'originale nessuno sapeva che fosse una donna, da qui il tema dell'omosessualità presunta o reale e le ambiguità tipiche di una situazione. Su Canale 5 o Italia 1 tutto stravolto, comunque cartone bellissimo. Fra i più recenti "Piccoli problemi di cuore", dove nell'edizione italiana si perdono tematiche come la sessualità, l'incesto, la gravidanza indesiderata e così via. Un saluto affettuoso.

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