Accade,
a volte, che l'aspettativa che si crea, che creiamo intorno ad
un evento od una qualsivoglia manifestazione o accadimento che
incroci le nostre vite o anche solo un nostro interesse o bisogno,
finisca per essere delusa e ci si ritrovi a sentirsi meno appagati o
soddisfatti di quanto riteniamo di averne diritto. Se però si
osserva la questione da un'altra prospettiva, con più calma e
maggiore onestà critica, con l'evento in sé ma anche nei nostri
confronti, può capitare, di contro, che ci si renda consapevoli che
proprio l'aspettativa che abbiamo creato si arroghi il potere di
rovinarci il gusto di vivere e godere dell'oggetto in questione, sia
esso materiale od immateriale.
È
questa la riflessione che propongo in merito alla lettura dell'albo
numero 383 di Dylan Dog, “Profondo
Nero”.
Il
fatto che sia il primo albo dell'Indagatore dell'Incubo in cui
compaia la firma di colui che, in modo più o meno esplicito, è tra
le fonti di ispirazione della serie fin dai suoi esordi 32 anni fa, e
che il disegnatore chiamato a rappresentarne idee e suggestioni sia
uno dei più importanti nel panorama nazionale ed internazionale,
unito al tam-tam promozionale, ha creato l'aspettativa di cui sopra,
condita da impazienza, fantasie, ansie e altro ancora.
Ad
una prima lettura e seguendo pulsioni poco più che primordiali,
l'albo si presenterebbe come una mezza delusione. Rimangono i
disegni di Corrado Roi,
la sceneggiatura che accanto al nome illustre di Stefano
Piani riporta quello
ancora più intrigante di Dario
Argento, che
in qualità di autore del soggetto merita anche di essere riportato
sulla copertina argentata dell'albo.
Quindi,
se si agisse di impulso, si digiterebbero sulla tastiera parole e
frasi di rammarico e franca delusione, poiché “Profondo Nero”
sembra una buona storia, con qualche ottimo momento e tavole molto
belle, ma tutto potrebbe rientrare nella norma di una serie che negli
ultimi tempi ha dimostrato di avere ancora qualcosa da dire, unendo
lo spirito dei primi anni di pubblicazione con le esigenze del
mercato e del pubblico. Ma
c'era bisogno di “sparare” il nome di Dario Argento sulla
copertina? Era imprescindibile creare tanta tensione e senso di
attesa per questa uscita?
Le
regole del già citato mercato forse lo richiedono ed al lettore
rimane la possibilità di esserne lieto o addolorato, rimanerne
indifferente o incazzarsi. Oppure si sceglie di (ri)leggere
la storia come se niente fosse, godendo quanto di buono c'è e con
serenità facendo qualche valutazione sulle scelte del disegnatore e
degli sceneggiatori.
Allora
rimane il senso di una buona occasione, se non proprio storica,
quanto meno importante, straordinaria ed eccezionale, in quanto fuori
dall'ordinario e vera eccezione, sia nell'ambito Bonelli che in
quello più generale del fumetto italiano.
Corrado
Roi con la sua arte ci mostra come sia possibile rievocare il pathos,
la suspense e il brivido delle pellicole
horror, senza far
divenire una storia disegnata la copia di un film, bensì servendosi
di sublimi inchiostrazioni, ombre sfumate e intense crea una
ineguagliabile atmosfera, che sopperisce alle scelte in materia di
sceneggiatura. Quest'ultima, sebbene basata sull'universo e le
pratiche BDSM,
ovvero Bondage & Disciplina, Dominazione & Sottomissione,
Sadismo & Masochismo, ossia quelle pratiche relazionali e
sessuali basate sul dolore fisico e che comportano un rapporto di
dominazione/sottomissione, sceglie di concentrarsi ben poco sul corpo
e le relative prove a cui risulterebbe sottoposto, virando sugli
sguardi, i volti, gli occhi ed altri particolari d'atmosfera.
Non
è un film horror, non è un racconto in cui si “avverta” il
dolore, si “viva” la sofferenza e lo strazio.
Cosa che sarebbe stata possibile, addirittura auspicabile nel momento
in cui si arriva a scomodare uno dei più grandi del cinema horror,
degnamente affiancato. Forse Dylan Dog non è la serie giusta, si
potrebbe obiettare, ma il personaggio è conosciuto, la casa editrice
è saldamente fra le prime in Europa per vendite, diffusione e
qualità. Magari si poteva tentare.
Un
buon albo, forse non epocale. Ottimo nella serie, più che
tipicamente dylaniano, grande prova grafica e dal sicuro impatto. Una
buona occasione ma che possiamo scegliere se permettere che ci lasci
un vago senso di delusione, di occasione non completamente sfruttata.
Che
cos’ha a che vedere la vicenda della bellissima Beatrix, scomparsa
nel nulla all’improvviso, con l’antica tradizione dei whipping
boy, ragazzi cresciuti accanto a coetanei di nobile casata per essere
puniti al loro posto quando questi ultimi trasgredivano le regole? A
Dylan Dog il compito di indagare, in una storia congegnata dal
maestro dell’Horror Dario Argento. (da
sergiobonelli.it)
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