«Henry James amava troppo il mondo che conosciamo per
crearne uno che non conosciamo. Non possedeva affatto la fantasia del
visionario; la sua vocazione era drammatica, non lirica. […] I fantasmi di
Henry James non hanno nulla in comune con i vecchi spettri violenti: i feroci
pirati grondanti sangue, i cavalli bianchi, le signore senza testa che vagano
per oscuri sentieri e lande battute dal vento. Hanno le loro origini dentro di
noi. Sono presenti ogni qual volta l’emozione supera le nostre capacità
espressive; ogni qual volta nell’ordinario emerge l’alone dello straordinario».
Virginia Woolf, I racconti di fantasmi
di Henry James (1921).
I fantasmi
che ci propone Henry James si
mostrano alla luce del sole, sono fantasmi che camminano senza bisogno di
catene o bianche lenzuola, non si servono di effetti speciali, non si
presentano attrezzati ed accompagnati da macchie
di sangue, grida, rumori sinistri od ultraterreni e altri elementi gotici.
Henry James |
Ho letto Il “Giro
di Vite” (1898) e “Gli Amici degli
Amici” (1896), dove il romanziere attinge dalle tematiche soprannaturali, evidentemente per lui interessanti e
stimolanti, e vi aggiunge situazioni nuove, non inventa nuove apparizioni
ossessionanti, ma ne sfrutta le potenzialità per un’indagine nell’animo umano e nelle coscienze dei personaggi che presenta. L’autore in queste due brevi
opere, e a quanto ho rilevato anche in altre, attraverso la “sua” tecnica di
presentare le vicende attraverso il ricordo
e la narrazione di uno dei personaggi, ha utilizzato l’ormai un po’ abusato
racconto di fantasmi, di presenze
inquietanti, di apparizioni inspiegabili per arricchirlo e rendere così
qualcosa di nuovo e straordinariamente
moderno, per l’epoca in cui le ha scritte.
Ne “Il Giro di
Vite” e ne “Gli Amici degli Amici”
la cosa che più interessa alle due protagoniste è la percezione, il rilevare i
fantasmi (o quel che sono), in entrambe infatti la percezione e la conoscenza
si sostituiscono all’oggetto percepito o da percepire. Nella prima opera l’istitutrice è spaventata in minor
misura dalla visione di Peter Quint che non dalla possibilità che i ragazzi a lei affidati abbiano
anch’essi la stessa visione, mentre la giovane
donna in procinto di sposarsi nella seconda storia è scossa e resa inquieta
dalla possibilità e poi dalla certezza che il fidanzato, dotato di particolari “capacità”, si intrattenga con il
fantasma, o presenza, di una amica
deceduta poco tempo prima, e che è stata all’origine di un processo di autocoscienza e presa di contatto con il proprio intimo
più vero.
“Come puoi
nasconderlo, quando sei perdutamente innamorato di lei, inebriato dalla
felicità che lei ti offre – Frenai il suo pronto diniego con un gesto della
mano – L’ami come non hai mai amato e, passione per passione, lei te ne
restituisce in egual misura! Ti domina, ti tiene stretto, ti possiede! Una
donna, in una situazione come la mia, intuisce, sente e vede. Non sono una
sciocca, una somara, che deve essere ‘attendibilmente informata’. Tu ti
avvicini a me meccanicamente, pieno di scrupoli, con gli avanzi della tua
tenerezza e i rimasugli della tua vita. Ma io posso rinunciare a te. Non posso,
invece, condividerti. La parte migliore di te appartiene a lei; so quanto vale
e ti cedo liberamente a lei per sempre!”.
(Gli Amici degli Amici - trad. Barbara Placido)
Henry James ci presenta i nostri fantasmi e ci mette nelle
condizioni di affrontare noi stessi, più che qualcuno che, altro da noi,
provenga da un’aldilà o da zone sconosciute, poiché alcune delle vicende
narrate non è escluso che accadano solo nella mente dei protagonisti
(governante, fidanzato) e non nella realtà (il dubbio rimane). Questo è
veramente moderno e non ci meraviglia il fatto che il Cinema se ne sia accorto.
Pensiamo anche solo al film “The Others”
con una intensa Nicole Kidman.
“La mia
implacabile gelosia – era questa la maschera di Medusa. Non era morta con la
morte di lei, le era sopravvissuta, plumbea, e si nutriva di indicibili
sospetti”.
(Gli Amici degli Amici - trad. Barbara Placido)
«Sarebbe sbagliato sostenere che il fantastico possa
esistere solo in una parte dell’opera. Vi sono testi che mantengono l’ambiguità
sino alla fine, il che vuol dire anche al di là. Richiuso il libro, rimarrà
l’ambiguità. Un esempio degno di rilievo è quello del romanzo di Henry James: Il giro di vite. Il testo non ci
consentirà di decidere se dei fantasmi si aggirano nella vecchia proprietà o se
si tratta di allucinazioni dell’istitutrice, vittima del clima inquietante che
la circonda» Cvetan Todorov, La
letteratura fantastica (1970).
The Others di AlejandroAmenabar |
Nessun commento:
Posta un commento