martedì 30 ottobre 2018

Doctor Strange (2016)



Viene legittimamente da chiedersi perché la Marvel Studios, la Walt Disney Studios Motion Pictures e la Disney Pictures producano e distribuiscano film sui con i supereroi. A parte fare soldi a palate ovviamente, anche grazie al capitolo merchandising.
Dato che non vi scorgo altri fini o risultati, deduco che se ne freghino altamente della qualità dei film e della recitazione dei protagonisti, non siano interessati a presentare storie e sceneggiature, sviluppi delle trame e tipologie dei personaggi anche solo in parte apprezzabili e rispettose di uno spettatore che, superati i 13 anni, risulti dotato di un quoziente intellettivo quantomeno nella media, oltre che di una capacità critica anche solo poco più che di base.


Prendiamo “Doctor Strange” del 2016. Neanche uno dei peggiori, anzi si guadagna onestamente la sufficienza secondo il mio parere. Dalla psichedelia anni 60-70 alla contemporaneità, il personaggio creato da Stan Lee e dal disegnatore Steve Ditko avrebbe parecchio da offrirci, pur essendo, di fatto, un eroe minore nell'universo fumettistico Marvel. Una seconda linea potremmo dire, ma nel cinema, nel progetto degli studi Marvel, persino lo stregone supremo serve. A fare soldi, come detto, ma anche a “tirare la volata” per gli altri film e personaggi.

Ne consegue quindi che il film delude, rivelandosi purtroppo infarcito di situazioni e accadimenti già visti e con dialoghi già sentiti, che dopo due ore di visione sinceramente stancano un po'. L'aver preso una non prima scelta fra i personaggi dei cinecomic poteva essere motivo di merito, ma l'utilizzo fattone e l'operazione nel suo complesso diventano elementi di biasimo. Il tutto si riduce, deve ridursi all'Unum marveliano fatto di infiniti “Avengers” e svariati “Thor” (che non a caso il nostro dottore stregone incontra alla fine del film, dopo i titoli di coda!) per cui non c'è spazio per approfondimenti, variazioni stimolanti, originali digressioni o anche solo qualche efficace e valida libertà drammaturgico-narrativa.



Assistiamo in effetti alla solita trafila, fatta da introduzione dello speciale individuo, tragedia/lutto personale che diviene primo momento chiave, incontro con uomo/donna del destino (secondo momento chiave), a cui segue un addestramento (che sorpresa!!), faccia a faccia con il villain di turno e finale presa di consapevolezza del proprio ruolo (con annessa morte/scomparsa del mentore).
Tutto ben girato, si intende, con milioni di pixel usati a profusione e con maestria, in modo che luci, colori, capovolgimenti spaziali e anche temporali, lotte ed inseguimenti riempiano gli occhi dello spettatore, il cui cervello rimane in stand by per sperare che non si riavvii mai, o almeno il più tardi possibile.


Sceneggiatura e filosofia sono quelle standard della casa di produzione, senza osare, anzi lo script ha la colpa di non concedere adeguato spazio a situazioni e personaggi, troppo velocemente presentati e appena sufficientemente sviluppati, con in più sprecando malamente il “cattivo” affidato al di solito capace e apprezzabile Mads Mikkelsen. Quest'ultimo è uno degli ottimi nomi scelti per i vari ruoli, a riprova che il casting è stato fatto molto con la testa rivolta agli incassi e poco con l'obiettivo di rendere un film "in grande" un grande film. Battute a parte fa gioco scrivere che non è oro tutto quel che luccica, anche se le potenzialità narrative e visive ci sarebbero e qualche passaggio piacevole è presente, ma il gusto che rimane a visione ultimata è quantomeno amarognolo e lascia un vago senso di insoddisfazione.


Nessun commento:

Posta un commento