Qualche
settimana fa ho consigliato la lettura dell'albo numero 327 di Nathan
Never. “Il Poeta” era la prima parte di una storia che
si è conclusa a settembre, con il numero 328, “Repliche Umane”.
Se
ero rimasto entusiasta ed emozionato dalla prima parte, che nel gioco
di citazioni e rimandi mi catturava e mi faceva ben sperare nella
conclusione, devo ammettere di essere rimasto parzialmente deluso nel
concludere la lettura della storia. Questo almeno in un primo
momento. Appena finito di leggere sembra che sceneggiatura e dialoghi
siano “solo” la riproposizione di Blade Runner, omaggiato in
diverse tavole e persino nelle posture dei protagonisti, Nathan per
primo ma non solo. Poi ci si ferma a riflettere e si comprende
come le emozioni siano di due tipi e giochino su due distinti
livelli.
L'emozione
di ri-leggere e ri-vedere i capolavori di Philip K. Dick e
Ridley Scott è impagabile, persino lungo il sottile confine
che divide l'omaggio dal plagio. Parola sicuramente eccessiva ed
ingenerosa quest'ultima, nel caso della storia scritta da Bepi
Vigna ed efficacemente disegnata da Romeo Toffanetti, ma
la sensazione è quantomeno di avere tra le mani un'occasione
mancata. Forse ad una parte di lettori è comunque servita per
stimolarli a vedere (o rivedere) Harrison Ford cacciatore di
replicanti, leggere (o rileggere) “Ma gli androidi
sognano pecore elettriche” di Dick. Questo sarebbe un bel
risultato, ma rimane una certa dose di amarezza. Amarezza che a mio
parere può essere ridimensionata, forse anche sostituita, dalla
consapevolezza (il secondo livello a cui accennavo) che Vigna
e Toffanetti ci hanno regalato una gran bella storia, mescolando
thriller, giallo d'indagine, fantascienza, cinema, letteratura,
mistero e arte.
Proprio
sull'ultimo concetto vorrei soffermarmi. I due albi compongono una
brillante e niente affatto banale riflessione sull'Arte e
sulla sua creazione e fruibilità, sul concetto stesso di cosa sia
Arte, di come venga prodotta e sui meccanismi e strategie che stanno
dietro ad un processo creativo, all'intuizione ed al lavoro di un
artista. Ragione per cui, per così dire scrollatosi di dosso “Blade
Runner”, si colgono altri elementi, felici approfondimenti e
suggerimenti di riflessione che utilizzano la citazione ed il
rimando, anche visivo, per invitare il lettore all'emozione ed al
ragionamento.
La
lunga storia è preziosa, può senza dubbio esserla, sia per un
lettore di vecchia data che per uno più giovane, infarcita com'è di
domande, bivi intellettuali e tentativi di mettere alla prova i
neuroni di chi legge. Non c'è solo un intento pedagogico, non mi
è sembrato l'unico, ma bensì anche la voglia da parte di autore e
disegnatore di dialogare con il lettore e condurlo su un terreno
tanto fertile ed entusiasmante quanto difficile ed impervio.
Ragionare e discutere di Arte e sull'Arte può essere un antidoto
efficace alla grettezza ed al buio intellettuale che la nostra epoca
ci propone, riflettere e parlare di temi quali libertà individuale,
democrazia liberale, talento, espressione di sé e relazione fra
esseri potrebbe aiutarci a diffidare di chi vuole farci credere che
ci siano soluzioni semplici a problemi complessi, potrebbe stimolarci
ad opporci a chi campa sulle nostre paure e sulla nostra ignoranza.
Nathan scopre che la Bolton Company, l’agenzia che gestisce tutti i
diritti delle opere del grande artista Joe Vengeance, in passato ha
fatto affari con la Greyjoy Corporation, una grande industria
biocybernetica, coinvolta in un’indagine che riguardava la realizzazione
di perfette repliche umane. C’è qualcuno che non vuole che si scopra il
velo che cela alcuni aspetti del passato dell’artista. La vita di
Vengeance è stata davvero quella che tutti conoscono? Che ruolo svolge
Rachel, la misteriosa assistente del poeta? Che cosa si nasconde dietro
la sigla TWK? Per rispondere a queste domande, Nathan dovrà indagare sui
misteriosi percorsi che regolano i processi creativi delle opere
d’arte. (da sergiobonelli.it)
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