martedì 16 ottobre 2018

Arte e Politica in "Repliche Umane" - Nathan Never #328



Qualche settimana fa ho consigliato la lettura dell'albo numero 327 di Nathan Never. Il Poeta” era la prima parte di una storia che si è conclusa a settembre, con il numero 328, “Repliche Umane”.

Se ero rimasto entusiasta ed emozionato dalla prima parte, che nel gioco di citazioni e rimandi mi catturava e mi faceva ben sperare nella conclusione, devo ammettere di essere rimasto parzialmente deluso nel concludere la lettura della storia. Questo almeno in un primo momento. Appena finito di leggere sembra che sceneggiatura e dialoghi siano “solo” la riproposizione di Blade Runner, omaggiato in diverse tavole e persino nelle posture dei protagonisti, Nathan per primo ma non solo. Poi ci si ferma a riflettere e si comprende come le emozioni siano di due tipi e giochino su due distinti livelli.


L'emozione di ri-leggere e ri-vedere i capolavori di Philip K. Dick e Ridley Scott è impagabile, persino lungo il sottile confine che divide l'omaggio dal plagio. Parola sicuramente eccessiva ed ingenerosa quest'ultima, nel caso della storia scritta da Bepi Vigna ed efficacemente disegnata da Romeo Toffanetti, ma la sensazione è quantomeno di avere tra le mani un'occasione mancata. Forse ad una parte di lettori è comunque servita per stimolarli a vedere (o rivedere) Harrison Ford cacciatore di replicanti, leggere (o rileggere) “Ma gli androidi sognano pecore elettriche” di Dick. Questo sarebbe un bel risultato, ma rimane una certa dose di amarezza. Amarezza che a mio parere può essere ridimensionata, forse anche sostituita, dalla consapevolezza (il secondo livello a cui accennavo) che Vigna e Toffanetti ci hanno regalato una gran bella storia, mescolando thriller, giallo d'indagine, fantascienza, cinema, letteratura, mistero e arte.

Proprio sull'ultimo concetto vorrei soffermarmi. I due albi compongono una brillante e niente affatto banale riflessione sull'Arte e sulla sua creazione e fruibilità, sul concetto stesso di cosa sia Arte, di come venga prodotta e sui meccanismi e strategie che stanno dietro ad un processo creativo, all'intuizione ed al lavoro di un artista. Ragione per cui, per così dire scrollatosi di dosso “Blade Runner”, si colgono altri elementi, felici approfondimenti e suggerimenti di riflessione che utilizzano la citazione ed il rimando, anche visivo, per invitare il lettore all'emozione ed al ragionamento. 

 
La lunga storia è preziosa, può senza dubbio esserla, sia per un lettore di vecchia data che per uno più giovane, infarcita com'è di domande, bivi intellettuali e tentativi di mettere alla prova i neuroni di chi legge. Non c'è solo un intento pedagogico, non mi è sembrato l'unico, ma bensì anche la voglia da parte di autore e disegnatore di dialogare con il lettore e condurlo su un terreno tanto fertile ed entusiasmante quanto difficile ed impervio. Ragionare e discutere di Arte e sull'Arte può essere un antidoto efficace alla grettezza ed al buio intellettuale che la nostra epoca ci propone, riflettere e parlare di temi quali libertà individuale, democrazia liberale, talento, espressione di sé e relazione fra esseri potrebbe aiutarci a diffidare di chi vuole farci credere che ci siano soluzioni semplici a problemi complessi, potrebbe stimolarci ad opporci a chi campa sulle nostre paure e sulla nostra ignoranza.

Nathan scopre che la Bolton Company, l’agenzia che gestisce tutti i diritti delle opere del grande artista Joe Vengeance, in passato ha fatto affari con la Greyjoy Corporation, una grande industria biocybernetica, coinvolta in un’indagine che riguardava la realizzazione di perfette repliche umane. C’è qualcuno che non vuole che si scopra il velo che cela alcuni aspetti del passato dell’artista. La vita di Vengeance è stata davvero quella che tutti conoscono? Che ruolo svolge Rachel, la misteriosa assistente del poeta? Che cosa si nasconde dietro la sigla TWK? Per rispondere a queste domande, Nathan dovrà indagare sui misteriosi percorsi che regolano i processi creativi delle opere d’arte. (da sergiobonelli.it)



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