lunedì 3 dicembre 2012

Giallo, Noir & Thriller/3



Titolo: Un Piccolo Anello d’Oro
Autore: Dahl Kjell Ola
Traduttore: Paterniti Giovanna
Editore: Marsilio - 2006

L’autore utilizza il commissario capo Gunnarstranda ed il suo assistente Frǿlich in una suggestiva simbiosi, che culmina nel finale quando si dividono il compito di occuparsi dei due responsabili, a vario titolo, dei delitti commessi (uno a testa, secondo il proprio carattere ed indole).

Il lettore, a dirla tutta, sin dalle prime battute, deve mettere in campo una certa pazienza e costanza nella lettura, poiché, più che l’azione, comunque presente a dosi moderate e con sapienza elargite, sono presenti annotazioni minuziose per rilevare gli impercettibili mutamenti del quadro complessivo, utilizzando ripetutamente i dialoghi tra i detective e gli indagati per scandagliare il cuore nero della società norvegese. È probabile che ciò che più interessi a Dahl non è tanto consegnare alla polizia (e quindi al lettore) un colpevole, anche se, fortunatamente, lo fa, con un colpo di scena finale che riscatta il ritmo un po’ lento delle pagine precedenti. La triste vicenda di Katrine Bratterud, tossicodipendente assassinata ad un passo della redenzione, è di fatto un pretesto per analizzare una serie di storture del tanto decantato modello sociale scandinavo: comunità di recupero in cui si molestano le ospiti, che poi non vengono allontanate per non perdere i finanziamenti pubblici; uomini e donne ben inseriti nella ricca borghesia norvegese, con tanto di splendide case, che celano sotto la dorata superficie esistenze violente e disturbate; famiglie sempre più atomizzate in cui gli assistenti sociali fanno le veci dei genitori; figli nati non voluti e poi parcheggiati presso genitori adottivi, che sentono ancora il richiamo del sangue e per questo, come in una tragedia greca, muoiono.

Da sottolineare la scelta di proporre una Oslo non convenzionale nel caldo e nella pioggia di giugno, una città multietnica, davvero difficile da distinguere dalle altre capitali europee.

Purtroppo in Un Piccolo Anello d'Oro risulta un po’ pesante la scelta di concentrare l’intera indagine sulle spalle di Gunnarstranda e Frǿlich, secondo me poco caratterizzati, senza considerare eventuali colleghi o altre risorse, e soprattutto l’intenzione di voler far emergere, sullo stile di un’analisi sociologica, l’immane infelicità che sembra nutrire questa società del Grande Nord.

Il risultato appare allora un giallo, a tratti, contraddittorio e si salva grazie ad una buona capacità narrativa, dialoghi efficaci ed un certo coinvolgimento, che si raggiunge mettendo in campo, almeno inizialmente, la pazienza a cui accennavo in apertura.

Voto: 6,5

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