Titolo: Un Piccolo Anello d’Oro
Autore: Dahl Kjell
Ola
Traduttore:
Paterniti Giovanna
Editore: Marsilio
- 2006
L’autore utilizza il commissario capo Gunnarstranda ed il
suo assistente Frǿlich in una
suggestiva simbiosi, che culmina nel finale quando si dividono il compito di
occuparsi dei due responsabili, a vario titolo, dei delitti commessi (uno a
testa, secondo il proprio carattere ed indole).
Il lettore, a dirla tutta, sin
dalle prime battute, deve mettere in campo una certa pazienza e costanza nella
lettura, poiché, più che l’azione, comunque presente a dosi moderate e con
sapienza elargite, sono presenti annotazioni
minuziose per rilevare gli impercettibili mutamenti del quadro complessivo,
utilizzando ripetutamente i dialoghi
tra i detective e gli indagati per scandagliare il cuore nero della società norvegese. È probabile che ciò
che più interessi a Dahl non è tanto
consegnare alla polizia (e quindi al lettore) un colpevole, anche se,
fortunatamente, lo fa, con un colpo di scena finale che riscatta il ritmo un
po’ lento delle pagine precedenti. La triste vicenda di Katrine Bratterud, tossicodipendente assassinata ad un passo della
redenzione, è di fatto un pretesto per analizzare una serie di storture del
tanto decantato modello sociale
scandinavo: comunità di recupero in cui si molestano le ospiti, che poi non
vengono allontanate per non perdere i finanziamenti pubblici; uomini e donne
ben inseriti nella ricca borghesia norvegese, con tanto di splendide case, che
celano sotto la dorata superficie esistenze violente e disturbate; famiglie
sempre più atomizzate in cui gli assistenti sociali fanno le veci dei genitori;
figli nati non voluti e poi parcheggiati presso genitori adottivi, che sentono
ancora il richiamo del sangue e per questo, come in una tragedia greca, muoiono.
Da sottolineare la scelta di
proporre una Oslo non convenzionale
nel caldo e nella pioggia di giugno, una città multietnica, davvero difficile
da distinguere dalle altre capitali europee.
Purtroppo in Un Piccolo Anello d'Oro risulta un po’ pesante la scelta di concentrare l’intera indagine sulle spalle di Gunnarstranda e Frǿlich, secondo me poco caratterizzati, senza considerare eventuali colleghi o altre risorse, e soprattutto l’intenzione di voler far emergere, sullo stile di un’analisi sociologica, l’immane infelicità che sembra nutrire questa società del Grande Nord.
Purtroppo in Un Piccolo Anello d'Oro risulta un po’ pesante la scelta di concentrare l’intera indagine sulle spalle di Gunnarstranda e Frǿlich, secondo me poco caratterizzati, senza considerare eventuali colleghi o altre risorse, e soprattutto l’intenzione di voler far emergere, sullo stile di un’analisi sociologica, l’immane infelicità che sembra nutrire questa società del Grande Nord.
Il risultato appare allora un giallo, a tratti, contraddittorio e si salva grazie ad una buona capacità narrativa, dialoghi efficaci ed un certo coinvolgimento, che si raggiunge mettendo in campo, almeno inizialmente, la pazienza a cui accennavo in apertura.
Voto: 6,5
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