sabato 15 febbraio 2014

Di fronte ad un corpo nero


Nel corso della vita fin qui vissuta, in ambito lavorativo, privato e anche solo per scelta o casualità, mi sono spesso trovato di fronte e ho intrecciato rapporti con la disabilità ed il disagio.

Ho vissuto e probabilmente continuerò a sperimentare emozioni e relazioni, di vario genere, facendo i conti con parti di me, della mia personalità e del mio carattere.

Sono nate riflessioni, considerazioni e studi specifici, ho letto e sperimentato diverse cose riguardo alla disabilità, alla diversità, alle problematiche ed alle energie messe in campo da parte di persone, uomini, donne, ragazzi e bambini che vivono ogni giorno “l’essere disabile”, il “vivere accanto ad un disabile”.

Recentemente, durante la lettura di “Katarina e il pericolo della neve”, di Renato Di Lorenzo, edito da Foschi Editore, ho letto questo passaggio, che mi sembra significativo e preciso, nella sua semplicità, e che riesce a rappresentare molto bene una parte non secondaria, a volte trascurata, della disabilità vissuta e dell’incontro con una persona disabile.

“Avevo l’impressione che Maj, a causa di quel suo difetto fisico, fosse stata educata a essere inflessibile, a non dimenticare mai, a non perdonare. Ma non le avevano insegnato a combattere, a non rilassarsi, a no darsi per vinta. Maj non era una macchina da competizione. Era un corpo nero, quello che ci aveva spiegato l’insegnante di fisica: una cavità che assorbe e trattiene ogni raggio di luce senza mai restituirlo, perché il raggio di luce comincia a sbattere contro le pareti senza più trovare il foro d’uscita, e ogni volta che sbatte contro una parete questa ne assorbe un po’, finché non è tutto consumato e non ne rimane nulla”.


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