mercoledì 15 aprile 2020

Petra Chérie, di Attilio Micheluzzi



Il personaggio più noto e riuscito fra quelli creati da Attilio Micheluzzi è certamente Petra Chérie, la nobile ed affascinante Petra De Karlowitz, “bella, elegante…poliglotta, pilota esperta di aerei…una donna d’affari” . Il maestro istriano la creò nel 1977, decidendo di offrire una figura femminile che andasse decisamente controcorrente, ovvero “la mia risposta personale a un tipo femminile che andava allora di moda, sguaiato, violento, spesso poco pulito, innamorato dei “collettivi“ che credeva di realizzarsi solo dicendo “cazzo” ad ogni istante e ti sbatteva sulla faccia le dita unite a forma di vagina, “gestendo la propria sessualità” etc… etc. Insomma, una montagna di luoghi comuni codificati in modo talmente pesante da non poterla sopportare”.
Consapevole della sua indole conservatrice, al limite del reazionario, Micheluzzi riversò cura e profondo amore in un personaggio molto distante e differente dal suo carattere. Il lettore perciò si ritrova a scoprire, con dovizia di particolari e attente ricostruzioni storiche, l'amore di un autore verso un personaggio distante e antagonista del suo modo di pensare. Una donna audace, coraggiosa, temeraria, nobile ma vicina a principi ed ideali che stavano imponendosi in quegli anni, che contribuisce a tratteggiare il ritratto di un’epoca decisiva tra la fine della Belle Époque e i sanguinari eventi della Rivoluzione d’Ottobre.

Nel bel volume antologico edito qualche anno fa da Comma 22, tutte le storie in cui Petra Chérie fa la sua comparsa sono ambientate nel 1917, anno cruciale per la Storia e per il '900 in particolare.
Alla guida di un aereo dall’Istria in Montenegro e dall’Italia alla Francia, a bordo di un automobile dal Bosforo a Costantinopoli e dall’Austria all’Olanda, in sella ad un cammello in Siria, Petra ci coinvolgerà nei suoi mille viaggi spericolati tra gli orrori della guerra che sembra non avere mai fine e mai pietà. Maestro del bianco e nero e delle ombre, Micheluzzi ci offre una rappresentazione estremamente dettagliata degli spazi e dei caratteri, nonostante qualche staticità che al giorno d'oggi ci sembra eccessiva. Notevoli sono i fondali e gli interni, molto ricchi di particolari, così come le onomatopee che vengono usate con molta sapienza e si integrano perfettamente all’interno delle vignette, queste ultime tanto ben articolate e ben posizionate da offrire una narrazione scorrevole, sebbene, seguendo l'uso in auge più di 40 anni fa, in alcuni casi i balloon ora ci risultano un po’ eccessivi e prolissi. 
 
Questo non toglie magia e fascino alle tavole proposte, anzi forse quel tocco di “antico” ce le rende ancora più “care” e ci invoglia ad un tipo di lettura e di rapporto con la narrazione per e con le immagini che tendiamo a smarrire. Ovvero l'invito è a prendersela con maggiore calma, a utilizzare meditazione e lentezza nel leggere le storie di questo personaggio con le fattezze della diva del cinema muto Louise Brooks. Dedicarsi e dedicarle tempo, proprio quello che risulta quasi sospeso nelle pagine a lei dedicate. Un po' come se il tempo fosse un fattore non determinante, dal momento che l'autore stesso sembra procedere senza fretta, dosando ogni scena e parola. Vengono ben descritti i luoghi e gli ambienti, in una rappresentazione che probabilmente vuole sottolineare sensazioni, stati d'animo, azioni e attese, momenti concitati e passaggi di riflessione. In questo senso la nostra eroina e Micheluzzi stesso sospendono il tempo, lo rallentano per darci la possibilità di considerare, valutare e soppesare quanto leggiamo e osserviamo, non ultimo il lascito di abbandono, solitudine, desolazione e distruzione che un conflitto porta con sé.

In conclusione merita di essere sottolineata la originale modalità, posta ad inizio volume e ad inizio della sua avventura editoriale, niente affatto comune a metà degli anni 70 in un fumetto con queste caratteristiche, con cui l’autore sceglie di presentarci il suo personaggio. Petra parla, a malincuore e solo in quanto obbligata dal suo creatore, in prima persona, posta di fronte direttamente al lettore, come in un’intervista che viene sostenuta dall’autore stesso. Una scena in qualche modo spiazzante, che ritroviamo anche in altre storie in cui Petra parla direttamente con il lettore, coinvolgendolo non solo come osservatore ma introducendolo come parte stessa del racconto.




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