Da qualche
settimana pressoché tutti i titoli dello Studio Ghibli sono a
disposizione su Netflix.
Questo ha
permesso anche a chi non aveva mai visto alcune produzioni su DVD
oppure al cinema di poter godere di meravigliosi film ed
emozionanti storie. Qualcuno anche solo per semplice curiosità
si è avvicinato a questi, magari sperando di comprendere le ragioni
di tanto successo e di tante lodi. Tempo fa avevo parlato de “Il mio vicino Totoro”, anche con l'idea di poter aiutare chi
ancora conservava una certa freddezza nei confronti di quello che non
è difficile definire un titolo “fondamentale” del Cinema
d'Animazione (se non del Cinema tout court).
Ora,
prendendo a pretesto le parole rivoltemi settimane fa, da chi lo
definiva “abbastanza carino” e sosteneva “pensavo di meglio”,
riporto le mie considerazioni su “Porco Rosso”.
Vado
dritto al punto: “Porco Rosso” è splendido!
Tra
le innumerevoli motivazioni che posso portare a sostegno di questa
mia esclamazione, ne scelgo tre: La Scrittura, Il Messaggio,
L'Omaggio all'Italia.
La
Scrittura
Favola
per adulti con un certo gusto rétro, con tratti nostalgici per
qualcosa che forse si è perso per sempre, il film poggia e si
sviluppa su una scrittura solida ed immediatamente affascinante. Come
in molte altre pellicole firmate da Miyazaki,
la trama è semplice e lineare ma ben strutturata ed avvincente, in
fondo elementare, ma in cui non mancano
azione, avventura, ironia e magia. Un
susseguirsi avvincente ed emozionante di duelli, inseguimenti e
scazzottate, a cui si aggiunge il romanticismo che pervade l'intero
film. Romanticismo
nel senso più letterale, ovvero unione fra mente umana e mondo
fisico, base per un fenomenale processo creativo.
Inoltre il
protagonista, Marco Pagot, è senza dubbio un chiaro esempio di eroe
romantico,
connotato da audacia e coraggio, così come da intuito ed istinto, ma
anche solitario e vittima di se stesso, del proprio esilio volontario
e del non riuscire a conseguire pienamente i propri obiettivi.
È
qui che la scrittura, nella stesura del personaggio, raggiunge alti
livelli in campo cinematografico. Marco, l'aviatore, è vittima di un
sortilegio, una maledizione che gli ha fatto assumere le sembianze di
un maiale. Non sappiamo quando è accaduto, né perché e chi ne sia
l'autore, ma lo spettatore lo incontra a cose fatte, senza bisogno di
“spiegoni” o flashback di sorta. È
un gran bel personaggio, che rimanda a quei capolavori hollywoodiani
di tanti anni fa.
Un Humphrey Bogart in impermeabile e con la faccia triste, un John
Wayne pronto a fare a pugni “alla vecchia maniera”, che lo
spettatore prende subito in simpatia, facendosene conquistare dopo
pochi fotogrammi. Un solitario che colpisce e lascia il segno, senza
tante parole (solo
quelle giuste al momento giusto)
e con i fatti, di quelli che devono il loro fascino come anche la
loro credibilità
narrativa
al fatto di non esplicitare la spiegazione causale che li muove e che
aziona l’intreccio. Un protagonista shakespeariano, dal momento che
dalle opere de “il Bardo di Avon” la sceneggiatura prende la
scelta di portarci il suo carattere così com'è, senza che nel
plot
narrativo vi sia necessariamente un elemento esplicativo chiave. Chi
ha scritto il film ha volutamente occultato il principio logico od
etico, la motivazione che segna il via e spiega il dipanarsi
dell’azione. Shakespeare adottava quello che allora era un nuovo
principio (tuttora
efficacissimo),
che consisteva non tanto nella costruzione di un mistero da svelare,
ma nella creazione
di un’opacità strategica, una
indeterminatezza da accogliere e che fungeva da base per la storia ed
i protagonisti.
Porco
Rosso funziona soprattutto grazie a questo: sappiamo che è uno dei
buoni della storia, ma non sappiamo esattamente cosa lo muova, cosa
lo avvicini e allontani da Gina che di lui è innamorata; sappiamo
che è
antifascista,
ma non vi è alcuna teorizzazione del perché lo sia, è
antifascista e basta, forse per istinto, come John
Belushi
in The
Blues Brothers
diceva “I
li odio
i nazisti dell’Illinois”,
così Porco Rosso, lapidariamente afferma “Piuttosto che diventare un fascista meglio essere un maiale”;
intuiamo
che ha un passato doloroso e terribile, ma non ci sono passaggi
leziosi ad appesantire il ritmo e la narrazione, lo prendiamo così
come ci viene proposto e nella sua opacità, senza bisogno di
spiegazioni o integrazioni.
Il
Messaggio
Al
di là della simbologia legata al maiale, che presenta diverse chiavi
di lettura, ovvero la degradazione dell'uomo a contatto con gli
orrori della guerra, oppure la vergogna di Marco per essere l'unico
sopravvissuto alla battaglia aerea in cui sono morti tutti i suoi
compagni, o ancora un tipico insulto da parte dei fascisti, rimane
evidente come “Porco Rosso” sia il film più politico di
Miyazaki.
In
altre opere c'è il chiaro messaggio ecologista, il pacifismo, la
condanna della guerra e delle armi, l'avvicinarsi a tematiche
emancipatorie quando non propriamente femministe, ma solo in questo
film (finora) ritroviamo
una evidente posizione politica. Una presa
di posizione nei confronti di un regime,
quello fascista italiano, sostenuta anche dalla descrizione accurata
di alcune delle conseguenze sociali della politica adottata durante
quel cupo e tragico ventennio. Qualcosa di simile ad una
denuncia, che però non diviene mera e contrapposta ideologia,
in quanto non viene apparentemente formulato un modello alternativo
all'oggetto della critica. Sembrerebbe che l'avversione del
protagonista (alter ego del regista?)
nei confronti del fascismo sia legata alla sua idea di libertà, alla
sua voglia di volare, senza alcun vincolo e senza dover sottostare
agli obblighi di un regime che vorrebbe uniformarlo alla massa. Una
posizione
anarcoide,
che risponde non a dettami o regole imposte, ma che rende conto solo
alla propria etica ed al proprio senso morale, quasi una legge
interiore che rispetti il proprio e l'altrui. Un messaggio ed una
visione generale che impregni il proprio essere ed i conseguenti
comportamenti e scelte, che sembra concretizzarsi
nel finale dell'opera, che non racconta in maniera esplicita il
destino di Marco Pagot dopo gli eventi narrati, ma che lascia
presupporre che il
protagonista abbia fatto perdere le proprie tracce per seguire una
visione, una condizione, di libertà e di autonomia.
L'Omaggio
all'Italia
Il
film è probabilmente uno
degli omaggi più sentiti e più belli dell'animazione giapponese
alla storia e alle bellezze del nostro Paese.
Un amore che traspare in ogni inquadratura, in ogni singolo
fotogramma e in ogni dettaglio di “Porco Rosso”, e che dovrebbe
renderci fieri di ciò, o quantomeno grati di tanto amore e
attenzione.
L'ambientazione
è l'Italia degli anni '20,
in pieno periodo fascista, fra l'Istria e
Milano. Il rifugio del protagonista è un
isolotto sperduto nel Mar Adriatico
vicino alla costa croata, uno scenario che si può desumere
abbastanza facilmente dalla narrazione stessa e da una cartina,
impugnata ad un certo punto da Marco Pagot, dove figurano nomi di
isole e città della zona realmente esistenti. Una
location ricorrente del film è l'Hotel
Adriano. Nonostante l'assenza di riferimenti
espliciti, è possibile riconoscere l'Isolino
di San Giovanni nel Lago Maggiore come fonte
di ispirazione primaria per questa ambientazione. Per quanto riguarda
gli scenari milanesi, la fanno da padrone i Navigli,
presenti nel film, visti come ampi canali dove gli idrovolanti
potevano planare e decollare a piacimento. Poco importa se questo non
era e non è tuttora possibile, tutto rientra nell'omaggio a cui si
faceva riferimento, per cui “l'idealizzazione” del contesto
rientra nel risultato. Inoltre l'ulteriore omaggio
di Miyazaki alla nostra Italia si può
notare anche nella rappresentazione accuratissima e dettagliata di
tutti gli aerei presenti nel film, molti dei quali corrispondenti a
modelli realmente esistiti. Infine il nome del protagonista, Marco
Pagot, è un altro chiaro omaggio del regista ai fratelli
Nino e Toni Pagot, famosi fumettisti e
animatori italiani, creatori del personaggio di Calimero,
che
collaborarono con Miyazaki stesso alla
creazione della serie animata Il Fiuto di
Sherlock Holmes (trasmessa
con poca fortuna dalla Rai più di 30 anni fa).
Grazie per questo bellissimo post. Quando ho visto Porco Rosso per la prima volta, sono rimasta allibita al pensare alla scarsissima distribuzione che aveva avuto nel nostro paese, che è così evidentemente amato nella pellicola. Varie ragioni, come ben sappiamo. Hai tratteggiato splendidamente molti elementi che costruiscono sapientemente il fascino dell'opera. E, grazie alla citazione finale, vorrei suggerirti un post sul Moriarty della serie animata su Sherlock Holmes che io, come pochi altri, ho seguito e adorato! Ancora oggi, pure di fronte a Cumberbatch e RDJ, mi sale spontaneo il pensiero 'ma perché non è un cane?!'.
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