Come
parecchie decine di migliaia di lettori italiani, qualche anno fa ho letto la Millenium Trilogy di Stieg Larsson. Mi ha impegnato un
discreto numero di ore e fatto perdere porzioni non indifferenti di sonno, ma
nel complesso mi sono divertito. Forse un giorno ci scriverò un post dedicato.
Ma per il momento propongo una riflessione ed un parallelo, parziale, su un
aspetto della trilogia, meglio ancora su uno dei protagonisti. Forse l’unica vera
protagonista: Lisbeth Salander.
Stieg Larsson |
Nella
sua trilogia, Larsson descrive
abbastanza accuratamente e con studiato “mestiere” operazioni compiute dai
servizi segreti, traffici di prostituzione, le ombre della società svedese ed
europea in generale, mette in luce intrighi tra magistrati, politici e medici
e, di romanzo in romanzo, racconta sempre più dettagliatamente la realtà.
Lisbeth
viene maltrattata dal padre e da Peter
Teleborian, psichiatra della clinica in cui viene internata da bambina, da
adulta viene ad essere emarginata dalle istituzioni, che la ritengono incapace
di intendere e di volere e le assegnano un tutore, Holger Palmgren, l’unico che pare interessarsi alle sorti della
ragazza. Purtroppo a questo tutore, ridotto in fin di vita da un ictus, ne
subentra un secondo, Nils Bjurman,
che le userà una terribile violenza e di fatto la ricatterà, comunque
scatenando la sua vendetta. Lisbeth è
una giovane donna arrabbiata, chiusa in se stessa, ferita dagli uomini con cui
è entrata in contatto, prova risentimento e rancore e non lo nasconde.
Nel primo romanzo, “Uomini che odiano le donne”, lei
accetta di affiancare il giornalista Mikael
Blomkvist in un’indagine: il potente industriale Henrik Vanger vuole scoprire se la nipote Harriet, scomparsa quarant’anni prima, sia ancora viva. E così
nell’arco della narrazione non solo i due scopriranno verità davvero
inquietanti, ma il loro legame si consoliderà, fino a trasformarsi in una
singolare amicizia. Mikael è l’unica
persona che riesce a fare allentare le difese a Lisbeth, è l’unico che merita la sua fiducia. Nonostante quindi
l’atroce episodio di violenza che
subisce da Bjurman e nonostante i
soprusi passati, la protagonista comincia a capire che tra uomo e uomo c’è
differenza. Non si chiude nuovamente in se stessa, non rinuncia al rapporto con
Mikael, ma vi si lega sempre di più.
Perché Lisbeth accetta di coadiuvare
Blomkvist nell’indagine? Perché
nella sua mente suona un campanello d’allarme: un’altra donna è stata vittima
di violenza, una donna che non è in grado di difendersi. Lisbeth è determinata a scoprire se i carnefici di Harriet siano ancora in vita e di quale
crimine si siano macchiati esattamente, per poterli “giustiziare”. Ne fa una
questione personale. Di fatto si
promuove paladina di donne impotenti e maltrattate, che è decisa a tutelare.
Per questo vuole scoprire a tutti i costi se Harriet sia ancora in vita: per darle eventualmente la chance di
rifarsi una vita, quella chance che nessuno ha mai dato a lei. Lisbeth, vittima dello stato, si
immedesima in Harriet, probabilmente
vittima invece della famiglia, e la vuole riscattare.
L’astuzia, il “mestiere” di hacker e la determinazione
nel punire i colpevoli sono le armi con cui Lisbeth attacca gli Uomini che
odiano le donne.
Lisbeth Salander/Noomi Rapace |
“Uomini che odiano le donne” racconta innanzi tutta la violenza che gli uomini,
esseri di potere, esercitano sulle donne, esseri oggetto di offesa. Dietro il
parallelismo delle storie di Harriet
e Lisbeth si nasconde l’amara presa
di coscienza di quanto facilmente le donne diventino vittime non solo della
famiglia, che invece dovrebbe essere garante della loro incolumità, ma anche
della società.
Dopo qualche tempo la
lettura del romanzo, e la visione del discreto film trattone (quello svedese con Noomi Rapace), mi è tornato alla
mente un altro film uscito sul finire degli anni 90: “Nella Società degli Uomini”.
In quel film due amici e
colleghi vivono un momento difficile e problematico, sia sul lavoro che nella
vita privata, dove sono stati lasciati dalle fidanzate o mogli che siano.
Decidono allora di prendersi una rivincita
e fanno un piano d'azione: individuare una ragazza
un po' sprovveduta e vulnerabile da corteggiare e sedurre, a poco a poco, da
parte di tutti e due, per poi lasciarla improvvisamente. Dopo qualche tempo,
individuano la loro vittima: una
ragazza che lavora per la loro stessa azienda, riservata e solitaria. Dopo aver
scoperto che è sorda il loro
divertimento cresce, anche se uno dei due ha qualche scrupolo. Il più deciso dei
due amici persegue l'obiettivo prefisso, seduce la ragazza, e, di punto in
bianco le dice che deve lasciarla. L’altro le rivela l’inganno ed il gioco di
cui è caduta vittima, provando invece affetto per lei. Ma la ragazza non
capisce, o non vuole capire e lo allontana, ferita ed umiliata. Nonostante un
po’ di piattezza drammaturgica ed una non eccelsa confezione e recitazione, il
film mostra uomini che odiano le donne,
che si vendicano del mondo mirando al cuore
delle donne, ma odiando in realtà tutto il genere umano, cominciando probabilmente
da loro stessi, anche se mai lo ammetterebbero, impegnati come sono a proporsi
e “vendersi” con abiti, orologi e gadget da migliaia di euro.
Adoro la trilogia, le due scene dei film che preferisco sono la fine del primo, quando la tosta Llisbeth da fuoco ad uno dei carnefici di Harriet e una scena del terzo, quando inchioda il piede del fratellastro al pavimento. Cmq per persone del genere, che sono quasi esclusivamente uomini, sono dell'opinione che ci vorrebbe la castrazione in pubblica piazza, senza anestesia e con un'accetta che nn taglia, affinché provino sulla loro pelle il dolore che hanno causato.
RispondiEliminaGentile Claudia, grazie per l'attenzione dedicata a questo mio post! In merito alla proposta da te avanzata esprimo la mia personale perplessità sull'opportunità di rispondere alla violenza con la violenza. Invito, nel mio "piccolo quotidiano", a reagire e testimoniare sui tragici e purtroppo ancora diffusi casi di "uomini che odiano le donne". a presto, se lo vorrai!
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