Seconda puntata
con la mia selezione di Film di Guerra. Tocca a quello che viene definito il
secondo conflitto mondiale.
SECONDA GUERRA MONDIALE
Una guerra lunga,
dove gli episodi che si possono trasferire sul grande schermo sono molti,
collocabili praticamente in ogni scenario (città e regioni europee, mari ed
oceani, deserti, monti e pianure, in Asia ed in Africa). Lo sviluppo
dell’industria e della tecnologia permise di renderla una guerra “spettacolare”,
adatta ad essere poi rappresentata al cinema. Segnalo film molto diversi tra
loro, ma che hanno in comune un’attenzione più o meno preponderante
sull’aspetto “intimo” o “particolare” di un’esperienza tragica.
Lettere da Iwo Jima (2006) di Clint Eastwood.
Speculare
e di gran lunga superiore al parallelo “Flags of Our Fathers” dello stesso
Eastwood. La guerra, una battaglia dal punto di vista del nemico (operazione in
realtà non nuova), resa al meglio, con rara sensibilità, lucidità narrativa,
onestà intellettuale. Su tutto giganteggia la figura del generale Kuribayashi
(Ken Watanabe), che ci accompagna durante il film che presenta i soldati
giapponesi, uomini (non più “musi gialli”) con tutti i loro sentimenti e i
doveri, i dubbi, i conflitti, ammirevolmente orchestrati in un racconto corale
tanto asciutto quanto libero nella struttura drammaturgica. Siamo lontani da
ogni retorica, da intenti agiografici e da roboanti mitografie (intesi mister Spielberg?).
Il giorno più lungo (1962) di Registi vari.
Film
tutto sommato sobrio e realistico, che segnalo più per affetto ed omaggio ad
un’infanzia di cinema vissuta insieme a mio padre. Frammentarietà stilistica (4
registi) e taglio cronachistico tolgono tensione alla rappresentazione di un
evento epocale (sbarco in Normandia), ma ne sono anche un pregio, poiché si
evita spettacolarizzazione e retorica a beneficio di una piccola lezione di
storia. Comunque da non disprezzare la parata di “stelle del cinema” coinvolte.
Europa Europa (1991) di Agnieszka Holland.
Non
un film bellissimo, ma utile nel senso più positivo dell’espressione. Da una
storia vera, un’opera che alterna momenti di grande spessore, passaggi
grotteschi ed ironici e pagine un po’ troppo teatrali, quando non trascurabili.
La personale epopea, attraverso la guerra, di un giovane ragazzo ebreo, che
riesce a farsi passare, alternativamente, da appassionato bolscevico e da puro
rappresentante della razza ariana. Opera che sa farsi portatrice di un
messaggio di cui la nostra epoca, con i suoi pericolosi rigurgiti di razzismo, mostra
di aver bisogno.
Tutti a casa ( 1960) di Luigi Comencini.
Uno
dei più importanti film italiani. Ironico,
grottesco, drammatico e pietas si incontrano e fondono insieme per una storia tutto
sommato corale con Alberto Sordi più misurato del solito. Una pagina
fondamentale della recente storia italiana, l’8 settembre 1943 ed i mesi che
seguirono, presentata attraverso il viaggio, fisico, metaforico ed insieme
metastorico di un militare che passa da mediocre comprimario a protagonista
partecipe degli eventi, con conseguente assunzione di responsabilità e di
oneri.
La Grande Fuga (1963) di John Sturges.
Basato
su una storia vera (americanamente modificata), la più grande fuga da un campo
di prigionia tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale. Un film eccitante e
coinvolgente, senza pause o passaggi a vuoto, onesto ed illustrativo quanto
basta, ma da godere fino in fondo. Ottimi attori e buona sceneggiatura.
Indimenticabile Steve McQueen, sfrontato, simpatico e coraggioso come sapeva
essere.
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Steve McQueen ne "La Grande Fuga" |
Vi aspetto per la terza parte!
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