martedì 7 maggio 2013

Un Hipster si aggira per l’Europa!



Incuriosito dal termine, ho recuperato alcuni articoli che trattano il termine e la cultura hipster.

Ne ho scoperto l’origine, ovvero gli anni 40 negli Stati Uniti d’America, l’uso che se ne faceva all’epoca ed il percorso che quel termine illustrava.

Durante questo sforzo di informazione ed aggiornamento mi sono imbattuto in “pezzi” di cultura e società che mi hanno fatto comprendere che ora con hipster si indica, grossomodo e sostanzialmente, altro. Per semplicità e velocità, nonché a causa di una certa dose di pigrizia, riporto qui un estratto da Wikipedia (sempre sia lodata!), abbastanza indicativo e comunque utile a farsi un’idea.

“Il termine è stato riattualizzato negli anni novanta e duemila, per designare giovani di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa (o presunta tale) - “non mainstream - come l'indie rock, la musica elettronica, i film d'autore e le tendenze culturali emergenti.
L'hipster postmoderno si professa ottimo conoscitore della lingua inglese e ama appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico stile rétro. Si serve in negozi di abiti usati, mangia preferibilmente cibo da agricoltura biologica, meglio se coltivato localmente, è vegetariano o vegano, preferisce bere birra locale (o prodotta in proprio) e ama girare in bicicletta. Spesso lavora nel mondo dell'arte, della musica e della moda, rifiuta i canoni estetici della cultura statunitense e sperimenta in campo sessuale. Non vuole essere catalogato e elude l'attualità.
Tuttavia il termine hipster ha assunto in questo periodo un'accezione generalmente dispregiativa, per indicare persone che ostentano atteggiamenti pseudo-alternativi, perché in realtà massificati.
« Gli hipster sono quelli che sogghignano quando dici che ti piacciono i Coldplay. Sono quelli che indossano t-shirt con citazioni tratte da film di cui non hai mai sentito parlare e sono gli unici negli Stati Uniti a pensare ancora che la Pabst Blue Ribbon sia un'ottima birra. Indossano cappelli da cowboy o baschi e tutto in loro è attentamente costruito per darti l'idea che non lo sia »
(Time, July 2009)

Quindi anche se non sono più un giovane, anche se non ho mai fatto parte di una classe medio-alta (tranne durante le superiori, poiché la mia sezione era al terzo piano della scuola), ho incontrato e conosciuto un sacco di hipsters (andrà bene il plurale?). Probabilmente quei ragazzi e ragazze, ma c’erano anche ultratrentenni, non si sentivano hipster e non venivano così etichettati (ma con altri termini meno glamour sì, eccome!), ma secondo la definizione riportata sopra lo erano ampiamente.

Andando avanti in questo studio pseudo antropologico mi imbatto in altri articoli e contributi, secondo i quali la città di Bologna sarebbe, in Italia, il luogo con la più alta concentrazione di hipster, non so quanto dietro o davanti a punkabbestia, ciellini, perdigiorno di varia provenienza, radical chic, avvocati di dubbia moralità, ladri di biciclette, fascistoidi in giacca e cravatta (o maglietta fred perry), vili bottegai,  spacciatori ed altre amene categorie. 
 
Per un momento mi è balenata l’idea che hipster ed una o più delle categorie sopraelencate potessero intersecarsi, essere una sottoinsieme dell’altra, o addirittura sovrapporsi, ma poi ho lasciato perdere.


Infine, su osservatoriesterni.it, ho scoperto una simpatica e ironica “Guida ai film hipster”.

La trascrivo di seguito:

1. “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” di Michel Gondry (2004) Uno dei caposaldi hipster. Ma provate a chiamarlo “Se mi lasci ti cancello” e ricorderete per secoli la smorfia disgustata.

2. Tutta la filmografia di Wes Anderson
I Tennenbaum, Rushmore, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Il Treno per il Darjeeling e così via. Senza Wes Anderson l'Hipster non riuscirà a focalizzare la vostra presenza, non vi degnerà di uno sguardo, non vi considererà umano. E' necessario immaginare di essere in un film di Wes Anderson, e questo basta.
3. "Coffee and Cigarettes” di Jim Jarmusch (2003)
Acquisire posa e atteggiamenti dei protagonisti di questa pellicola e interiorizzarne atteggiamenti e interessi equivale a ricevere il diploma di Hipsterino Doc.
4. "500 giorni insieme" di Marc Webb (2009)
5. "La mia vita a Garden State” di Zach Braff (2004)
6. "Juno" di Jason Reitman (2007)
7. “Little Miss Sunshine” di Jonathan Dayton, Valerie Faris (2006)
8. “American Beauty” di Sam Mendes (1999)
9. “E morì con un falafel in mano” di Richard Lowenstein (2001)
10. “Ghost world” di Terry Zwigoff (2001)
11. "Into the wild - Nelle terre selvaggedi Sean Penn (2007)
12. “Away we go” di Sam Mendes (2009)
13. "Donnie Darko” di Richard Kelly (2001)
14. “Sideways” Alexander Payne (2004)
15. "Lost in Translation - L'amore tradotto” di Sofia Coppola (2003)
16. “Once” di John Carney (2006)
17. "Giovani, carini e disoccupati” di Ben Stiller (1994)
18. “Lars e una ragazza tutta sua” di Craig Gillespie (2007)
19. "Hong Kong Express" di Wong Kar-wai (1994)
20. "Me and You and Everyone We Know" di Miranda July (2005)
21. "Harold e Maude” di Hal Ashby (1971)
22. "Nick & Norah - Tutto accadde in una notte” di Peter Sollett (2008)
23. Il favoloso mondo di Amelie di Jean-Pierre Jeunet (2001)
24. "Across the Universe” di Julie Taymor (2007)
25. "Napoleon Dynamite” di Jared Hess (2004)
26. "Charlie Bartlett” di Jon Poll (2007)
27. "Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera" di Kim Ki-duk (2003)
28. "Nuvole in Viaggio" di Aki Kaurismäki (1996)
29. "Il grande Lebowski" dai fratelli Coen (1998)


Le mie riflessioni sono essenzialmente le seguenti:

I.               Ho visto 22 film su 29, alcuni più volte, mi diverte citarli e proporli agli amici ed in passato ad amanti occasionali. Mi devo dar da fare per completare la lista!

II.            Allora sono un hipster? E nessuno mi ha mai invitato in luoghi fighi ed alternativi! Non mi hanno detto niente e rientro in una categoria degna di essere menzionata su quotidiani e riviste di rilevanza internazionale!

III.         Non vivrei mai a Bologna!

IV.          Non entrerei mai a far parte di un gruppo che accettasse uno come me come membro (parafrasando Groucho Marx).

V.             Mi piace vedere i film. Posso ugualmente chiamarmi fuori?

VI.          Ma gli hipster hanno successo con le donne? In parole povere “beccano”? Se sì, in tal caso la lista è fuorviante!

VII.       Posso godermi i film e stare tranquillo senza per questo essere apparentato a persone con cui non sento alcuna affinità?

VIII.    Espressioni come “fighetti radical chic”, “rivoluzionari da salotto”, oppure semplicemente “cazzoni figli di papà” non si usano più?


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