Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze.
Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
L’austriaco Alexander Lernet-Holenia, con “Ero
Jack Mortimer”, si cimenta in quello che, a ragione e non solo per
l’ambientazione, può definirsi un noir mitteleuropeo, con un
protagonista che solo in apparenza risulta sprovvisto del necessario “appeal”
per conquistare il lettore. In realtà la forza del tassista viennese
Ferdinand Sponer, suo malgrado coinvolto in un’avventura di 24 ore dai toni
fra commedia e dramma, è proprio di essere una persona comune che
vive, anche solo per una notte e poco più, come un famoso gangster americano.
Le figure ed i personaggi che gli ruotano intorno ed
animano brillantemente la vicenda, in particolare le protagoniste femminili,
sono molto più marcate e decise nelle loro caratterizzazioni ed azioni,
pertanto evidenziano ancora di più la condizione del giovane che, invischiato
in una certa irresolutezza e magistralmente avvolto in una nebbia che non gli
permette di emergere con decisione, ci propone il tema, delicato e foriero di
riflessioni, dell’identità e della possibilità di scegliere se “essere” o
“recitare una parte”. D’altronde l’autore viene dalla stessa patria di Schnitzler
e Freud.
Ritmo serrato, vicenda che risulta anche divertente e trama che
si svolge con brio, con un uso “gustoso” degli excursus, per un romanzo
che passa da pagine thriller a toni da commedia degli equivoci,
per intrattenere e coinvolgere su più piani.
Alexander
Lernet-Holenia
Chi è Jack Mortimer e perché, appena è salito su un taxi
alla Westbahnhof di Vienna, qualcuno gli ha sparato uccidendolo sul colpo? E
perché mai doveva salire proprio sul taxi del giovane Ferdinand Sponer, che ha
già parecchi problemi - soprattutto quello di essersi perdutamente innamorato
di una fanciulla troppo bella, troppo ricca e troppo aristocratica per lui? (da IBS.it)
“Ben presto ho imparato che un’immagine all’apparenza
insignificante può divenire piena di significato ed è un aspetto della
fotografia che ho sempre adorato.”
La rosa,
la rosa immarcescibile che non canto,
quella che è peso e fragranza
quella dell'oscuro giardino della notte fonda,
quella di qualunque giardino e qualunque sera,
quella che risorge dalla tenue
cenere per l'arte dell'alchimia,
la rosa dei persiani e di Ariosto
quella che è sempre sola,
quella che è la rosa delle rose,
il giovane fiore platonico,
l'ardente e cieca rosa che non canto,
la rosa irraggiungibile.
“Io ho imparato a cucire, a cucinare, a fare l'idraulico,
anche a darmi una pacca sulla spalla se è necessario. E tutto per non dover
chiedere niente a nessuno. Io non chiedo tanto al prossimo: solo amore e
rispetto. E chi non riesce a darmi queste due cose non ha posto nella mia
vita.”
(Arnold/Harvey Fierstein in “Amici Complici
Amanti”, di Paul Bogart - 1988)
-“tu difenderesti i Rom, che sono ladri e sporchi?”,
-“è questa la Sinistra che vuoi?”,
-“se tu fossi stato al posto di Salvini cosa avresti fatto?”.
Andiamo con ordine:
-Sono solito ragionare sui fatti e valutare gli individui, non
interi gruppi sociali o entità composte da soggetti riunibili in base a criteri
etnici, linguistici e/o religiosi o sulla base della frequenza con cui si
prendono cura della propria igiene personale, per esempio conosco interisti
molto simpatici, quindi sto attento poiché avercela con qualcuno per la
religione che professa o la lingua che parla, in passato ha portato a qualche
esagerazione.
-Non credo sia poi così importante dichiarare quale Sinistra
vorrei, dal momento che, se mi va, posso votare o non votare una lista o
raggruppamento di liste, esercitando, legittimamente, un mio diritto-dovere e
così fare una scelta che rispecchi, in toto o in parte, la mia visione
politico-sociale; inoltre se uno è un pirla o un delinquente, tale rimane a
prescindere se è consigliere comunale PD, SEL, PDCI, o qualunque altra sigla
anche solo vagamente collocabile in quell’area contrapponibile alla Destra.
Ma soprattutto,
-Non intendo produrmi in un esercizio di relativismo e
riflessione su un delicato e scivoloso campo composto di ipotesi, tesi,
antitesi e antinomie epistemologiche, poiché mettermi al posto di Matteo
Salvini lo richiederebbe e, vi assicuro, io dubito fortemente di potermi
trovare in una situazione anche solo lontanamente paragonabile a quella in cui
si è trovato il segretario della Lega, per il semplice fatto che non sono
solito trascorrere le mie giornate diffondendo odio razzista a capo di un
movimento politico che fa della xenofobia la sua bandiera. Quindi no, esercito
un signorile ancorché deprecabile distacco e giudicando esclusivamente i fatti,
non mi metto al posto di Matteo Salvini, perché non empatizzo, tantomeno
simpatizzo, con un razzista.
Alla
data del 9 novembre 1989 avevo da poco iniziato la mia non
particolarmente brillante carriera di liceale, la mia squadra di calcio del
cuore si apprestava ad una stagione di illusoria rinascita che si sarebbe
conclusa con la vittoria della coppa Uefa, molti dei miei coetanei tormentavano
i genitori allo scopo di farsi regalare un motorino.
Oltre
ciò, quella sera vidi in televisione decine di migliaia di berlinesi
dell'Est che si arrampicavano su quel muro che li divideva dal
settore occidentale della loro città. Ufficialmente stavano andando in viaggio
all'Ovest, o almeno questo sarebbe dovuto essere lo scopo da dichiarare per
ottenere uno specifico permesso. Nei fatti, dato il numero di berlinesi che si
presentarono ai posti di blocco, considerata la confusione che si creò nella DDR
e nei suoi funzionari quel giorno, nessun controllo fu effettuato e così
tedeschi dell'Est e tedeschi dell'Ovest si incontrarono per festeggiare,
cantare e ubriacarsi insieme.
Il
9 novembre 1989 è quindi considerata la data della caduta del Muro,
sebbene ancora non fosse caduto un bel niente e solo dopo qualche giorno
sarebbe cominciata la compravendita di mattoni usati più lucrosa della storia,
come nel 2002 avrebbe detto Alex Kerner/Daniel Brüh, protagonista di “Good Bye Lenin!”
Pochi,
forse nessuno, in quegli anni avrebbero potuto prevedere una cosa del genere.
Certo il presidente Reagan disse al signor Gorbačëv di abbattere quel muro, ma
era sostanzialmente una sbruffonata da attore di Hollywood, molto lontana dal
romantico ed evocativo "Ich bin ein Berliner" di Kennedy. Quindi
si fu presi molto di sorpresa, ci si fece trovare impreparati ad un tale evento,
soprattutto impreparato era il compagno segretario Erich Honecker che
solo pochi mesi prima dichiarava che il Muro sarebbe rimasto per altri
cento anni.
25
anni cominciano ad essere parecchi e
quindi un ricordo, qualcosa di simile ad una celebrazione può essere
giustificabile. In fondo ero un bambino ed ora sono un padre. Sono rimasto un
pirla ma adesso porto la barba e posso fare il “figo” dicendo “io c'ero”, o
almeno “io ho visto!”.
Un
libro per ricordare il periodo storico che “giustificava” il Muro?
“Imperium”
di Ryszard Kapuscinski (Feltrinelli).Si raccontano l’età di massima affermazione sovietica, il trionfo del
comunismo nell’Est Europa e poi il declino. Sessantamila chilometri di storia,
per un viaggio cominciato nel 1939 e concluso nel 1991.
Un
fumetto per ripercorrere la storia di Berlino nel novecento?
“Berlino
– Una Città divisa” di Marvano.
Trilogia
ambientata in epoche diverse e dedicata alla drammatica situazione berlinese
venutasi a creare in seguito alla sconfitta del Terzo Reich. 1943, 1945 e 1961,
tre anni chiave della storia di Berlino e, di riflesso, di quella del mondo
intero.
Un
romanzo per farsi un'idea del Muro e di Berlino prima della riunificazione?
“Il
Cielo Diviso” di Christa Wolf
(Edizioni E/O). La scrittrice che ha incarnato la figura di intellettuale
dell’Est racconta una storia d’amore. Quella fra Rita e Manfred, cresciuta,
vissuta e naufragata all’ombra del Muro, della Cortina di Ferro e dei grandi
eventi storici collegati.
Ma
soprattutto un film!
“Le
Vite degli altri”, di Florian
Henckel von Donnersmarck, vincitore del Premio Oscar per il miglior film stranieronel 2007.
La
vita quotidiana a Berlino Est negli anni ottanta, attraverso la vicenda
di un capitano della STASI, splendidamente ed intensamente interpretato
da Ulrich Muhe, incaricato di spiare lo scrittore Georg Dreyman (un
fascinoso e talentuoso Sebastian Koch) e la sua compagna Crista-Maria
Sieland (carnale e seducente prova di Martina Gedeck, da apprezzare
anche in ”La Banda Bader-Meinhof”). Un percorso di ripensamento e
riflessione sulla propria esistenza, sulla propria vita, da parte di chi, per
mestiere, si trova ad osservare la vita di altri. “Le vite degli altri”
è incalzante come un thriller, appassionato e doloroso come un dramma,
capace di mettere in scena il grigiore e la desolazione, la solitudine e
l’angoscia, la crudeltà fin troppo umana di personaggi più che credibili che
non solo per dovere, ma soprattutto per capriccio e tornaconto personale, sono
disposti e disponibili a rovinare l’esistenza di uomini e donne comuni, che
desiderano vivere la loro vita. Attori eccezionali, ricostruzioni accurate,
luoghi autentici opportunamente scelti e una efficace colonna sonora per
assistere a come le vite di uno scrittore e di una attrice contagiano lo squallore
e la crudeltà di un funzionario del temuto Ministero per la Sicurezza dello
Stato, la STASI appunto.
Ambientazione,
trama e suggestioni sono state riprese nell’albo numero 16, “Friedrichstrasse”,
della collana “Le Storie” della Sergio Bonelli Editore.
Insomma,
dopo quella data la fine della DDR si avvicinò sempre più velocemente,
inesorabilmente.
E dire che aveva l’inno nazionale più bello,
suggestivo ed evocativo che abbia mai ascoltato, con un testo ancora oggi
emozionante!
Recentemente, all’interno della trasmissione “X
Factor”, una ragazza scozzese, Emma Morton, ha proposto una sua versione
della canzone “Pop Porno”, del duo “Il Genio”.
Il videoclip di quella canzone era un’esplicita citazione
del film di Jean-Luc Godard “Questa è la mia vita”, in
particolare della scena del ballo di Nana/Anna Karina.
Di seguito il video della canzone "Pop Porno" di qualche anno fa.
“Ma per Dio, Signora Robinson, voi mi avete fatto entrare
in casa vostra. Mi avete dato da bere. Avete messo su un disco, ora state
cominciando a rendermi parte della vostra vita privata e mi dite che vostro
marito torna tardi... Signora Robinson voi state cercando di sedurmi, non è
così?”
(Benjamin “Ben” Braddock/Dustin Hoffman in “Il Laureato”, di Mike Nichols - 1967)
"Esistono due tipi di silenzio. Uno quando nessuna
parola è pronunciata. L'altro, quando si ricorre ad un torrente di parole. È il
suo riferimento continuo. Il discorso che si ascolta è un segno di ciò che non
si ascolta. È una finta necessaria, uno schermo di fumo, violento, ipocrita,
angosciato o beffardo, che mantiene l'altro al suo posto. Quando il vero
silenzio cade, si conservano ancora degli echi ma si è più vicini alla nudità.
Un modo di vedere il discorso, è dire che costituisce uno stratagemma
permanente per nascondere la nudità."