domenica 28 febbraio 2021

Ruggiero salva Angelica, di Arnold Bőcklin

 

La storia è pressoché conosciuta. Nell'Orlando Furioso, di Ludovico Ariosto, la bella Angelica viene rapita dai pirati dell'isola di Ebuda e legata ad uno scoglio completamente nuda (“così ignuda come la Natura prima la compose”), così da divenire pasto per un orrendo mostro marino, solito cibarsi di carne umana. Ruggiero, trafitto da “pietade e amore”, ingaggia una lotta contro il mostro, descritta nei dettagli da Ariosto, riuscendo infine a sconfiggerlo e a liberare Angelica.

Con qualche libertà nella rappresentazione e distanziandosi dal testo, l'artista svizzero Arnold Bőcklin trae spunto dall'episodio contenuto nel poema di epoca rinascimentale per mostrare un topos medievale (l'eroe che salva la bella dal mostro), tra i più cari ed utilizzati durante il Romanticismo in pittura, così come in altri ambiti.

Il risultato, datato 1873 come l'artista stesso scrive accanto alla sua firma, è molto raffinato e caratteristico dei pittori che aderivano alla corrente del Simbolismo, come Bőcklin stesso.

L'opera è conservata presso la Alte Nationalgalerie di Berlino e fa parte di un ciclo interamente dedicato al poema ariosteo.

venerdì 26 febbraio 2021

Incipit 9/100

“Alla fine maggio 1916, la mia brigata – reggimenti 399° e 400° - stava ancora sul Carso. Sin dall'inizio della guerra, essa aveva combattuto solo su quel fronte. Per noi, era ormai diventato insopportabile. Ogni palmo di terra ci ricordava un combattimento o la tomba di un compagno caduto. Non avevamo fatto altro che conquistare trincee, trincee e trincee. Dopo quella dei 'gatti rossi', era venuta quella dei 'gatti neri', poi quella dei 'gatti verdi'. Ma la situazione era sempre la stessa. Presa una trincea, bisognava conquistarne un'altra. Trieste era sempre là, di fronte al golfo, alla stessa distanza, stanca. La nostra artiglieria non vi aveva voluto tirare un sol colpo. Il duca d'Aosta, nostro comandante d'armata, la citava ogni volta, negli ordini del giorno e nei discorsi, per animare i combattenti.”

(Un anno sull'altipiano, di Emilio Lussu)



 

 

martedì 23 febbraio 2021

Samuel Stern #15 - Nel Profondo

Gli elementi di novità e per questo interessanti contenuti nel numero 15 di Samuel Stern, “Nel Profondo”, sono essenzialmente due. Novità sostanziali, non solo di forma o di “colore” all'interno dello sviluppo della serie e dei suoi caratteri principali. Per la prima volta Samuel viene sconfitto, ovvero non esce bene dalla vicenda raccontata, per di più viene messo alla corda e battuto da quello che potrebbe rivelarsi un vero antagonista, magari con il ruolo di nemesi.

Molto, ovviamente, dipenderà da come vorranno continuare gli autori sulla non banale strada intrapresa. Si potrà vedere nei prossimi numeri se quanto visto e letto in questo albo potrà considerarsi un antefatto, un prologo ad una vicenda di confronto/duello più o meno a distanza che potrebbe protrarsi lungo una trama orizzontale e che, chissà, sia giunto a seminare qualcosa che più avanti sfocerà in altro.

Quella che poteva sembrare e che di fatto si mostra semplicemente come una buona storia, tutto sommato lineare, con tinte horror mistery, verso la fine ha una accelerazione che coniuga temi e suggestioni già presenti nella serie (le forme umane di dannazione, quali i vizi, le malattie mentali) ed elementi sul carattere dei protagonisti con la necessità di allargare lo spettro della narrazione, che diviene più complicata e suggestiva e pronta ad accogliere ulteriori personaggi, tematiche e situazioni.

Per quanto riguarda il comparto grafico, si nota come la Bugs Comics stia allargando la squadra disegnatori. In questo albo ci gustiamo il lavoro di Pietro Vitrano, già disegnatore nella serie Nathan Never della Sergio Bonelli Editore. Il suo tratto mostra un carattere da noir anni Settanta, che rende bene e sottolinea le atmosfere scure e inquietanti di una Edimburgo abitata da demoni nascosti.


lunedì 22 febbraio 2021

Citazioni Cinematografiche n.395

La differenza tra una dama e una fioraia non sta nel come si comportano, ma nel come vengono trattate. 

(Eliza Dolittle/Audrey Hepburn in "My Fair Lady", di George Cukor - 1964)



 

sabato 20 febbraio 2021

Nameless, di Grant Morrison

 

Mi è stato prestato “Nameless”, opera a fumetti di Grant Morrison e Chris Burnham.

Sicuramente un gesto di cortesia, una gentilezza poiché sebbene gli autori siano considerati dei maestri nel loro genere, pressoché imprescindibili per chiunque sia un po' innamorato della letteratura per immagini e di fantascienza, si fa fatica ad acquistare e leggere anche solo una parte di tutto ciò che viene pubblicato.

Quindi gratitudine nei confronti di chi mi ha messo a disposizione la sua copia. Nel corso della lettura si è poi fatta strada una sensazione ulteriore, quella che nel cortese gesto fosse nascosta un po' di malizia. Questo perché “Nameless” è una storia complicata, densa e di difficile fruizione. Piena di riferimenti e citazioni colte, ricca di nozioni e richiami a temi di esoterismo, cabala ebraica, cartomanzia, storia delle religioni, filosofia e probabilmente altro ancora che non sono stato in grado di cogliere.

Mi è stato quindi richiesto un certo impegno nel corso della lettura, che ha reso necessarie ricerche nella Rete, anche solo per decifrare qualche passaggio e così evitare di perdermi del tutto nel gioco narrativo (nonché ermeneutico e di sfoggio di erudizione) messo in atto.


Parto da ciò che mi è più chiaro. Ovvero i bellissimi disegni e la splendida colorazione di evidente efficacia.

I disegni di Chris Burnham sostengono la lettura e suppliscono ai limiti di questa frammentata narrazione, con un segno realistico e dettagliato, arricchito dai colori di Nathan Fairbairn. L’elemento onirico viene ben reso, particolare estremamente importante, perché costituisce il caotico (unico?) collante di due linee di narrazione, nei fatti un delirio.


Il montaggio delle tavole è dinamico, con incastri inconsueti ed evocativi degli elementi magici e totemici presenti nella storia. Si fa ricorso a splash pages, che a volte diventano lo sfondo per vignette più piccole, così da mostrare lo svilupparsi dell’azione, secondo un montaggio consueto nel fumetto USA. In sostanza l'utilizzo degli spazi e della struttura della pagina sviluppa la compresenza, dai tratti psichedelici, di più piani narrativi e di conseguenza di più campi di realtà, rappresentando così l'inquietudine derivata dalla non linearità della narrazione, dato questo che (mi) mette in difficoltà.


La magia pop di Morrison viene qui esposta e rappresentata in grande stile, ma rimane la sensazione di smarrimento e un pizzico di insoddisfazione, che alla fine della lettura fa esprimere una certa perplessità. I quesiti metafisici e le riflessioni sull'essenza dell'essere sono ben posti, con un certo gusto della provocazione, si aggiunge il tema ecologico che si affianca a quello della violenza agita dall'Uomo come riflesso di una volontà divina o demoniaca che sia, ma dopo ciò sembra che tutto si limiti ad un erudito gioco nozionistico per eletti, per appassionati. Un elegante, raffinato, affascinante gioco dedicato al lettore che desideri e goda del perdersi (e forse ritrovarsi) in un gioco di simboli, criptici rimandi e riferimenti ad una cultura iniziatica. Ecco, per apprezzare pienamente “Nameless” probabilmente aiuta essere un appassionato, o anche solo pensare, ambire ad esserlo o, al limite, atteggiarsi come tale.


 








venerdì 19 febbraio 2021

Incipit 8/100

“Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973. Negli anni Settanta, le fotografie delle ragazzine scomparse pubblicate sui giornali mi somigliavano quasi tutte: razza bianca, capelli castano topo. Questo era prima che le foto di bambini e adolescenti di ogni razza, maschi e femmine, apparissero stampate sui cartoni del latte o infilate nelle cassette della posta. Era quando ancora la gente non pensava che cose simili potessero accadere.”

(Amabili Resti, di Alice Sebold – trad. Chiara Belliti)

 



 

 

mercoledì 17 febbraio 2021

Ciò che ami


"Alcuni di cavalieri un esercito, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla nera terra
sia la cosa più bella, mentre io ciò che
uno ama."


 

lunedì 15 febbraio 2021

Citazioni Cinematografiche n.394

Jennifer: David, se è ancora vivo, perché dicono che è morto nel necrologio?
David: No, non è morto, se n'è andato. Quando sanno troppo gli danno una nuova identità. Comunque l'ha detto il computer.
Jennifer: Ah, è il computer che l'ha detto? Sarebbe il computer che fa ancora le partite? È un computer militare, quindi anche quelli là dovrebbero saperlo.
David: Ma non sanno di Joshua! Falken ha programmato Joshua, lui è l'unico che sa cosa può fare! Quel computer cerca di vincere il gioco che abbiamo cominciato noi, capisci? Fa sul serio!

(Jennifer/Ally Sheedy e David/Matthew Broderick in "Wargames - Giochi di Guerra", di John Badham - 1983) 




venerdì 12 febbraio 2021

Incipit 7/100

“I Trotta erano un casato di recente nobiltà. Il loro progenitore aveva ricevuto il titolo dopo la battaglia di Solferino. Era sloveno. Sipolje – il nome del villaggio d'origine – divenne il suo predicato nobiliare. Il destino l'aveva prescelto ad autore di un gesto straordinario. Ma egli provvide a che i tempi futuri perdessero memoria di lui.”

(La Marcia di Radetzky, di Joseph Roth – trad. Laura Terreni e Luciano Foà)

 


mercoledì 10 febbraio 2021

Andarsene, morire



Un aviatore irlandese prevede la sua morte

So bene che incontrerò il mio destino

Da qualche parte, lassù fra le nuvole;

Io non odio coloro che combatto,

E non amo coloro che difendo; il mio paese

Si chiama Kiltartan Cross, e i miei compaesani

Sono i pezzenti di Kiltartan, e nulla può accadere

Che possa menomarli, o che li possa

Rendere più felici che in passato.

Né legge né dovere mi costrinsero alla guerra,

Non gli uomini politici, non le folle plaudenti,

Un impulso di gioia solitario

Mi guidò a questa furia fra le nuvole;

Ho valutato ogni cosa, mi sono chiesto tutto,

Gli anni a venire mi parvero spreco di fiato,

Uno spreco di fiato gli anni ormai passati,

In equilibrio con questa vita, con questa morte.

(William Butler Yeats, da “I Cigni Selvatici a Coole” - trad. Roberto Sanesi)

 


 

lunedì 8 febbraio 2021

Citazioni Cinematografiche n.393

Gimli: Chi pensava di morire combattendo fianco a fianco a un Elfo?
Legolas: E invece fianco a fianco ad un amico?
Gimli: Sì... Questo potrei farlo!

(Gimli/John Rhys-Davies e Legolas/Orlando Bloom in "Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re", di Peter Jackson - 2003) 



 



venerdì 5 febbraio 2021

Incipit 6/100

In Africa, alcune tribù della foresta equatoriale ritengono che quando un malato guarisce deve cambiare nome, e prenderne uno nuovo. La persona malata è morta, e quella che è riemersa è un'altra. Ciò perché al nome resta attaccata l'identità di prima, con tutto quel che ne consegue: sfortuna, destino e così via. La guida di Molanda le aveva assicurato che i bianchi non credono a certe superstizioni. E così, da quando era tornata in Europa, dopo tanti smarrimenti – risanata, o soltanto liberata – lei aveva ritrovato il nome che era sempre stato il suo: Annemarie.”

(Lei così amata, di Melania G. Mazzucco)



 

 

mercoledì 3 febbraio 2021

Inverno

 

Vennero i freddi,
con bianchi pennacchi e azzurre spade
spopolarono le contrade.
Il riverbero dei fuochi splendé calmo nei vetri.
La luna era sugli spogli orti invernali.


(Attilio Bertolucci, da Fuochi in novembre - 1934) 


 

lunedì 1 febbraio 2021

Citazioni Cimematografiche n.392

Frodo: Non posso farlo, Sam.
Sam: Lo so. È tutto sbagliato. Noi non dovremmo nemmeno essere qui. Ma ci siamo. È come nelle grandi storie, padron Frodo. Quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericoli, e a volte non volevi sapere il finale. Perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve passare. Arriverà un nuovo giorno. E quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che significavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire il perché. Ma credo, padron Frodo, di capire, ora. Adesso so. Le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l'hanno fatto. Andavano avanti, perché loro erano aggrappate a qualcosa.
Frodo: Noi a cosa siamo aggrappati, Sam?
Sam: C'è del buono in questo mondo, padron Frodo. È giusto combattere per questo.

(Frodo Baggins/Elijah Wood e Samwise Gamgee/Sean Astin in "Il Signore degli Anelli - Le due torri", di Peter Jackson - 2002)