giovedì 29 giugno 2017

Giallo, Noir & Thriller/42

Titolo: Battuta di Caccia
Autore: Jussi Adler Olsen
Traduttore: Maria Valeria D’Avino
Editore: Marsilio - 2013


Secondo appuntamento con le indagini di Carl Mørck della Sezione Q presso la Polizia di Copenaghen, “Battuta di Caccia” potrebbe essere definito un romanzo sulla vendetta.
La vendetta di chi, resasi colpevole di sopraffazione e violenze e poi in qualche modo pentitasi, organizza il modo migliore per farla pagare a chi con lei si è macchiato di orrendi delitti, ma non è mai tornato sui propri passi. Un gruppo di ricchi danesi di successo, che hanno continuato a coltivare il culto della violenza e dell'umiliazione del più debole, caricandosi attraverso l'uso e lo sfoggio di armi sempre più costose e sofisticate, mediante delitti e ingiustizie perpetrate ispirandosi ad “Arancia Meccanica”, proprio film feticcio.


A Mørck casualmente capita di trovarsi di fronte un dossier che non dovrebbe neanche leggere, infatti la sua sezione si occupa di vecchi casi, ma insoluti, mentre quello su cui inizia ad indagare è un caso già da anni risolto, con tanto di reo confesso che sta diligentemente scontando la pena inflittagli.
Ma qualcosa non torna, non lo convince del tutto e tanto meno convince il suo tanto improvvisato quanto prezioso collaboratore, il misterioso Hafez el-Hassad, che nota i collegamenti tra una serie di casi di violenza irrisolti.
Inizia così una serie di sopralluoghi e di interrogatori, un'indagine nella quale offre il proprio contributo Rose Knudsen , enigmatica e vivace neo inserita nella Sezione Q.
Parallelamente il lettore assiste e si appassiona alla vicenda di Kimmie, colei che sta preparando la sua vendetta. Colpevole come i suoi ex compagni, ma strumento ed artefice di una personale giustizia, che sembra assumere una valenza di distorta nemesi al fine di smascherare alcuni degli elementi della “Buona Società” ed infliggere loro una tragica pena dalle connotazioni dantesche.
Il lettore legge e assiste alla tragicità ed enormità del Male, causato ed incarnato dai migliori elementi della Nazione Danese, uomini di successo, capaci di eccellere nelle loro professioni, nel loro campo, invidiati ed indicati a modello.



Battuta di Caccia conferma la capacità di Jussi Adler-Olsen di tenere il lettore inchiodato alla pagina, nella maestria di capovolgere le regole del genere investigativo. Come ne La donna in gabbia, il lettore conosce fin dall’inizio chi sia o siano i colpevoli. Viene a mancare, dunque, la tensione del primo interrogativo di un ‘giallo’. Restano però gli altri due: Perché? Come?

A questo punto
Adler-Olsen si dedica alla costruzione della trama, dettaglio dopo dettaglio, nella rappresentazione della ricca società danese senza penuria di tinte fosche, nel raccontare non solo l'indagine ma le vite di chi la conduce e di chi viene coinvolto in essa, nel mostrare una giustizia che viene fatta in maniera poco convenzionale ma che il lettore, in fondo, riesce anche ad apprezzare. 

 

Sono passati vent'anni da quando i corpi martoriati di due ragazzi, fratello e sorella, sono stati ritrovati nella loro casa di vacanza, nel nord della Danimarca. Le indagini della polizia conducono a un gruppo di studenti ospiti di un collegio molto esclusivo nelle vicinanze. Ma le prove a loro carico non sono sufficienti, e il caso viene archiviato. L'incartamento finisce sulla scrivania di Carl Mørck, e il capo della Sezione Q per i "casi di speciale interesse" ben presto si rende conto che tra quelle pagine c'è qualcosa di molto, molto sbagliato. Con l'aiuto di Assad, suo misterioso assistente siriano, Mørck comincia un'indagine attraverso le gerarchie della società, dal più disperato dei barboni della stazione fino agli uomini ai vertici del potere. La caccia è cominciata. (da giallosvezia.it)

lunedì 26 giugno 2017

Citazioni Cinematografiche n.205

Raymond: Ho combattuto sotto il suo comando. Era un brav'uomo.  
Eleanor: Be', questo è quello che dicono sempre i vicini riguardo ai serial killers.

(Raymond Shaw/Liev Schreiber e Eleanor Shaw/Meryl Streep in "The Manchurian Candidate", di Jonathan Demme - 2004)


 

sabato 24 giugno 2017

Amore eterno




DAL TRENO

Guardavo passarmi davanti le donne,
le presenti e le future,
i paesaggi
e i pali del telegrafo,
ho visto il giorno e la notte
succedersi in silenzio.
Scenderò giù a qualche stazione
pazzo di questi mutamenti di colori e linee
per comunicarti
che al cinquecentesimo chilometro dell’amore
ti amavo esattamente come al primo.


(Izet Sarajlić - Trad. Silvio Ferrari)


giovedì 22 giugno 2017

Avvicinarsi a Nathan Never


In questi anni di blog ho “parlato” poco di Nathan Never.
Solo raramente ed in modo quasi episodico, forse addirittura accidentale, ho raccontato dell'Agente Speciale Alfa, sebbene ritengo che si sia notato l'affetto che provo per il personaggio e la serie, che seguo fin dall'inizio della sua uscita in edicola, nel giugno 1991.

A chi mi dice che ritiene impossibile avvicinarsi ora a Nathan Never, dopo 26 anni di albi di serie regolare, speciali e varie pubblicazioni direttamente o indirettamente legate al personaggio, rispondo che si può fare, scegliendo qualche albo particolarmente riuscito o emozionante.
Una buona occasione è in edicola in questi giorni, ovvero la serie “Rinascita” con l'albo numero 1 di 6, a firma Michele Medda e Germano Bonazzi, oppure la serie “Anno Zero”, sempre composta da sei albi, sceneggiata da Bepi Vigna e disegnata da Roberto De Angelis sul passato del “musone”, uscita lo scorso anno.

Senza andare troppo indietro nel tempo, consiglio la lettura o rilettura dell'albo numero 258 “Haiku”, di cui presento qualche tavola.



Lo consiglio per la profondità emotiva, la cura nella presentazione e definizione dei personaggi, la resa dei disegni di Valentina Romeo e la emozionante ed efficace sceneggiatura di Alberto Ostini (inoltre ideatore di tutto il filone eurasiatico che recentemente si è concluso sulla testata “Universo Alfa”), artista che non si può non definire un maestro nel conferire alle proprie storie poesia, delicatezza, stupendi momenti di riflessività che si incontrano con l'azione e i soggetti più propriamente gialli ed investigativi.

Haiku è un piccolo gioiello che merita di essere recuperato.


La violoncellista Kumiko Sato, anche se giovane, ha già dimostrato di essere ben più che una semplice promessa della musica, ma il successo, a volte, porta con sé spiacevoli conseguenze: la ragazza sembra infatti essere oggetto delle morbose attenzioni di un minaccioso ammiratore, che le manda missive intimidatorie, sotto forma di haiku, i brevi componimenti in versi tipici del Giappone. In trasferta a Nuova Tokyo, Nathan Never, lontano dalla routine quotidiana, mentre cerca di scoprire l'identità dello stalker, rischia di venire sommerso dal vortice dei propri ricordi...(da sergiobonelli.it)



martedì 20 giugno 2017

Da qualche parte, oltre l'arcobaleno



Un posto dove non cacciarmi nei guai. Totò, credi che esista un posto del genere? Ci deve pur essere.” chiunque si sia bevuto la storiella raccontataci dallo sceneggiatore sulla superiorità della “casa” rispetto al “lontano da casa”, e creda di conseguenza che la morale del Mago di Oz sia leziosa come un centrino con su ricamato “casa dolce casa”, farebbe bene ad ascoltare il tono struggente di desiderio nella voce di Judy Garland, mentre rivolge il suo faccino al cielo. Quello che ella esprime qui, ciò che rappresenta con la purezza dell'archetipo, è infatti il sogno umano del partire, un sogno che ha una forza perlomeno equivalente alla sua controparte, ossia il sogno delle radici. Al fondo del Mago di Oz c'è una grande tensione tra questi due sogni; ma nel momento in cui la musica ha inizio e quella voce limpida e potente si innalza nel desiderio angoscioso espresso dal canto, qualcuno potrebbe avere dubbi su quale dei due messaggi sia il più forte? Nel suo momento emotivo più potente, questo è senza ombra di dubbio un film sulla gioia di partire, di lasciare il grigiore e fare ingresso nel colore, di ricrearsi una nuova vita nel “luogo dove non ci sono guai”. Over the Rainbow è, o dovrebbe essere, l'inno di tutti gli emigranti del mondo, di tutti quelli che vanno alla ricerca del luogo in cui “i sogni che osi sognare realmente si avverano”. È una celebrazione della Fuga, un grande peana dell'Io Sradicato, un inno – anzi l'inno – all'Altrove.

(Salman Rushdie, da “Il Mago di Oz”, trad. Giuseppe Strazzeri)





lunedì 19 giugno 2017

Citazioni Cinematografiche n.204

Clarice Starling: Che è successo ai suoi disegni?  
Hannibal Lecter: Una punizione... per Miggs. Proprio come il programma sul Vangelo. Quando te ne andrai alzeranno il volume. E il dottor Chilton si gode i suoi meschini tormenti.  
Clarice Starling: Che intende con "trasformazione", dottore?  
Hannibal Lecter: Sono stato in questa stanza per otto anni, Clarice. So che non mi faranno mai uscire vivo da qui. Quello che voglio è una vista. Una finestra, da dove vedere un albero. O anche dell'acqua. Voglio essere in un'istituzione federale lontano dal dottor Chilton.  
Clarice Starling: Cosa intende con "assassino alle prime armi"? Sta dicendo che ha ucciso di nuovo?  
Hannibal Lecter: Ti sto offrendo un profilo psicologico di Buffalo Bill, basato sulle prove del caso. Ti aiuterò a catturarlo, Clarice.  
Clarice Starling: Lei sa chi è, non è vero? Mi dica chi ha decapitato il suo paziente, dottore.  
Hannibal Lecter: Ogni cosa a suo tempo. Io ho aspettato, Clarice. Ma per quanto tempo tu e il vecchio Jack saprete aspettare? Il nostro piccolo Bill deve essere già in cerca di un'altra signora speciale..

(Clarice Starling/Jodie Foster e Hannibal Lecter/Anthony Hopkins in "Il Silenzio degli Innocenti", di Jonathan Demme - 1991) 



sabato 17 giugno 2017

La Promessa dell'Assassino (2007)


Qualche giorno fa un neo collega desideroso di cinema mi ha chiesto un titolo quale consiglio per una sua prossima serata.
Probabilmente complice la giovane età del ragazzo ho suggerito senza pressoché alcuna esitazione “La Promessa dell'Assassino”, di David Cronenberg.

Limitandomi al regista canadese se avessi atteso qualche secondo in più forse avrei potuto indirizzare il mio interlocutore verso altri titoli, ma credo invece che la repentina risposta sia stata suggerita dalla immediatezza della trama e delle scene del film con protagonista Viggo Mortensen.


Sintetizzando, lo si potrebbe definire un gangster movie con più di un elemento noir, che dai due generi prende l'essenziale, come essenziale è la messa in scena, compatta ed efficace, dotata di scene coinvolgenti, immagini potenti e dirette, che tengono alta la tensione per tutta la durata del film.

I puristi ci troveranno qualche innegabile difetto, gli estimatori di Cronenberg con qualche capello bianco in più del sottoscritto considereranno “La Promessa dell'Assassino” maggiormente “convenzionale” rispetto a precedenti opere, ma credo che non potranno negare una certa continuità di stile e di visione del regista de “La Mosca” e “eXistenZ ”.

Con la sola parziale eccezione di Naomi Watts che in qualche passaggio non convince del tutto, gli interpreti sono molto bravi, su tutti il già citato Viggo Mortensen, calato in un personaggio straordinario, a cui dona intensità e accattivante ambiguità. Non ci sono lezioni morali o tesi da proporre, ma lucida analisi, violenza e dolore resi con grande maestria, dialoghi e sceneggiatura da mozzare il fiato, come se ad una vicenda dal sapore di grande narrativa russa si fosse tolta ogni azione pedagogica o suggerimento etico.



Londra. Nikolai Luzhin è uno degli uomini di fiducia del clan russo capeggiato da Semyon, proprietario di un elegante ristorante transiberiano che, dietro la sua impeccabile facciata, nasconde una natura fredda e brutale. Un giorno, Nikolai si imbatte in Anna Khitrova, una giovane ostetrica, anche lei di origine russa, sconvolta per la morte di una ragazza da lei assistita durante il parto. Nonostante venga fortemente scoraggiata dai suoi parenti, Anna vorrebbe rintracciare la famiglia di origine della defunta per affidare loro il neonato. Nikolai si offre di aiutarla, ma la sua iniziativa provocherà drammatici avvenimenti e creerà in lui sentimenti contrastanti.

Una scena quale esempio... 

giovedì 15 giugno 2017

Napoleone 20 anni fa

Al di sopra degli stagni, delle valli, delle montagne, dei boschi, delle nubi, dei mari, al di là del sole, dell'etere e dei confini delle sfere stellate...”

Vent'anni fa, più esattamente vent'anni fa a settembre, arrivò in edicola il primo numero di una serie targata Bonelli intitolata Napoleone, con protagonista Napoleone Di Carlo, un albergatore ginevrino entomologo per passione, creato da Carlo Ambrosini.

La serie a cadenza bimestrale uscì in edicola fino al 2006, concludendosi con l'albo n°54.
Mi appassionai subito alla serie, al personaggio, al ritmo narrativo che faceva incontrare introspezione ed indagini poliziesche ed ai temi presentati.



Era un noir introspettivo, originale ed intrigante, non comune per il fumetto italiano, che riusciva a coniugare profondità e fruibilità, grazie ad eccellente scrittura e una serie di ottimi disegnatori, tra cui oltre oltre allo stesso Ambrosini, Paolo Bacilieri, Marco Nizzoli, Giulio Camagni, Gabriele Ornigotti e Pasquale Del Vecchio.

Evidenti i riferimenti alla psicanalisi junghiana, nonché al noir francese, alle atmosfere di Simenon, ed il debito nei confronti del Philip Marlow di Raymond Chandler.

Oltre al protagonista, non erano da trascurare almeno altri 4 personaggi della serie, ovvero le tre proiezioni della mente dello stesso Napoleone, presenti in ogni albo, ovvero Lucrezia, Caliendo e Scintillone, e la giovane Allegra, una ragazzina orfana di cui l'albergatore ginevrino diviene tutore.



La Sergio Bonelli lo scorso anno ha mandato in libreria un volume contenente una selezione di storie pubblicate all'interno della serie, inoltre sembra che prossimamente i vecchi e nuovi appassionati potranno godere di tre storie inedite.

Motivo ulteriore per ricordare Napoleone e celebrarne il ventennale!


lunedì 12 giugno 2017

Citazioni Cinematografiche n.203

Oggi 20 settembre 1942 un giovane pastore degli Urali è arrivato nella città di Stalingrado sulle rive del Volga, il suo nome è Vassili Zaitsev e come migliaia prima di lui è venuto per rispondere all'appello del compagno Stalin. Armato soltanto di un fucile ha fatto capire subito all'invasore nazista che sarebbe stato punito per ogni passo in avanti fatto nella nostra patria. Che sarebbe potuto solo tornare indietro d'ora in poi. 
(Danilov/Joseph Fiennes in "Il Nemico alle Porte", di Jean-Jacques Annaud - 2001)





sabato 10 giugno 2017

Giallo, Noir & Thriller/41


Titolo: Le Ragazze Silenziose
Autore: Eric Rickstad

Traduttore: Massimiliano Borelli
Editore:Newton Compton


Probabilmente non è un “grande thriller” come viene indicato sulla copertina, ma “Le Ragazze Silenziose” di Eric Rickstad è comunque un buon romanzo, che dosa indagine, approfondimento, colpi di scena, attenzione al protagonista ed interessante analisi dell'ambientazione (il Nord Est degli USA).

Le caratteristiche del thriller ci sono e vengono ben messe in campo, ma si sente la mancanza di un certo pathos, che invece spesso il lettore cerca e che l'autore in questo caso tende a trascurare, concentrandosi sulla vita del protagonista, Frank Rath, che attraverso i capitoli si impara a conoscere, con varie dosi di approfondimenti e caratterizzazione di usi, abitudini e vicende private. Il tema del fondamentalismo cristiano e delle aberrazioni legate all'oltranzismo antiabortista si incontra con le riflessioni legate alle difficoltà di comunicazione in famiglia e fra adolescenti ed adulti, a cui si aggiunge una non banale analisi su ambiente e “progresso”.

L'indagine centrale della vicenda, che coinvolge appunto una serie di ragazze misteriosamente scomparse ed anche Rachel la figlia adottiva del protagonista, è appassionante ma purtroppo tende a risolversi quasi più per un colpo di fortuna che per acume e intuizione di chi indaga. Inoltre il finale aperto rischia di lasciare un po' perplessi, anche se, a vederla in senso più positivo, promette di reincontrare Frank Rath e Rachel in un prossimo romanzo.


Dal giorno in cui aveva riconsegnato il distintivo, Frank Rath pensava che non si sarebbe più occupato di un omicidio: l’idea era quella di diventare un detective privato e dedicarsi a sua nipote rimasta orfana. Ma il dipartimento della remota contea di Canaan ritrova una Chevrolet Monte Carlo dell’89 abbandonata al lato della strada, e la sua proprietaria, una bella ragazza poco più che adolescente, risulta sparita senza aver lasciato dietro di sé neanche una traccia… Rath tornerà così, suo malgrado, a occuparsi di un caso di cronaca nera, affrontando i peggiori abomini dell’animo umano. Non solo le conseguenze del suo violento e doloroso passato verranno a tormentarlo, ma Frank scoprirà che perfino nella più sperduta e quieta cittadina degli Stati Uniti può annidarsi il male. Il tempo stringe e Frank ne ha pochissimo per capire chi si nasconde dietro la scomparsa di altre povere ragazze… (da newtoncompton.com)

giovedì 8 giugno 2017

Porte e portoni

(Joseph Gordon-Levitt e Matthew Gray Gubler in "500 Giorni Insieme", di Marc Webb - 2009)

lunedì 5 giugno 2017

Citazioni Cinematografiche n.202

Il premio cui ambisco è un tesoro di grande valore che un mago cattivo tiene chiuso in cima a un'alta torre. Damigella, permetti a questo umile ladro di portarlo via. 
(Lupin III in "Lupin III: Il castello di Cagliostro" di Hayao Miyazaki - 1979)




domenica 4 giugno 2017

Il Cavallo



Un cavallo del genere, strigliato a puntino, sellato, può andare orgoglioso. Quale creatura possiede gambe più tese? Del nobile portamento del cavallo non c’è da dubitare. Talvolta i suoi occhi fedeli guardano quasi un po’ tristi. Perché? Forse deplora la sua forma che ci allieta, forse non capisce sé stesso o si capisce fin troppo? Sopporta il suo cavaliere con dignità, con impazienza e mansuetudine, con incantevole riottosità e in pari tempo con rassegnazione.

(La Rosa, di Robert Walser, trad. Anna Bianco - Adelphi)
 
 

venerdì 2 giugno 2017

Nathan Never #312 - Il Canto di Gaia


Si stanno per chiudere le celebrazioni per il 25° anniversario dell’uscita di Nathan Never in edicola.
La Sergio Bonelli in quest’ultimo anno ha proposto varie occasioni per ricordare e festeggiare l’importante compleanno, anche con buone storie contenute negli albi della serie regolare.


Proprio l’albo in edicola in questi giorni, il numero 312 “Il Canto di Gaia”, offre l’opportunità di godere di Nathan Never e del suo mondo con soddisfazione. È un albo interamente a colori (all'opera Romina Denti), dove il colore non è semplice aggiunta, ma elemento in più che entra a far parte della sceneggiatura e della vicenda, sottolineando, ora con tonalità scure, ora con tonalità chiare, non solo gli accadimenti ma anche le emozioni e gli stati d’animo stessi dei personaggi.

In più di una tavola inoltre si rompe la classica “gabbia bonelliana” che tanto negli ultimi anni è stata criticata e considerata uno dei principali limiti delle serie regolari della casa editrice milanese.
Sottolineo questo perché tale scelta esalta il lavoro di Mario Alberti ai disegni e di Alberto Ostini che presenta una intrigante e niente affatto banale sceneggiatura, che pone le basi sul classico e raggiunge originalità e caratterizzazione tale da far riconoscere le “mani” e la “visione” di chi pone la firma all’albo.

Come spesso in passato è accaduto, il messaggio di fondo della storia giunge al lettore in modo chiaro ed efficace, senza essere didascalico, grazie anche ad una linea editoriale che coniuga tradizione e innovazione.
 
La copertina è notevole, o sembra solo a me? 

La scomparsa di un tecnico di laboratorio che si perde tra i ghiacci del Nord, sembra solo un banale incidente. Ma Nathan Never si trova sotto copertura proprio in quel centro di ricerca, per indagare sulle molte zone d'ombra che il direttore e la sua assistente nascondono. I due, infatti, stanno cercando di recuperare una vecchia scoperta andata perduta, una scoperta che, se mal indirizzata, è in grado di produrre conseguenze apocalittiche! (da sergiobonelli.it)

giovedì 1 giugno 2017

Continua a camminare



Non toccherai le cose
che non ti guardano:
l’erba, il sasso, la foglia morta -
esse sono del cielo.

Ma potrai sul colle
narrare in solitudine,
con trepida voce,
il tuo passare.

(Giacomo Prampolini, da Molte stagioni, Mondadori, 1962)