lunedì 18 novembre 2024

Citazioni Cinematografiche n.590

 

I vecchi diventano strani animali, non lo sapeva? Scontrosi, intolleranti, a volte impauriti dalla solitudine che hanno voluto loro stessi, e che tornano a difendere quando è minacciata.

(Il professore/Burt Lancaster in “Gruppo di famiglia in un interno”, di Luchino Visconti - 1974)





venerdì 15 novembre 2024

Giallo, Noir & Thriller/95

 

Titolo: Il sogno di Unnur
Autore: Ragnar Jónasson
Traduttore: Valeria Raimondi
Editore: Marsilio – 2024



Arriva alla conclusione, dal punto di vista della pubblicazione italiana, questa “strana” trilogia di Hulda, di cui “Il sogno di Unnur” è l'ultimo episodio. Una trilogia a ritroso, dove nel primo libro abbiamo l'epilogo e nell'ultimo accade ciò che già sappiamo essere accaduto, origine di una serie di scelte, situazioni e stati d'animo.

Tanto vale che lo dica subito: Ragnar Jónasson mi ha conquistato e “Il sogno di Unnur” è tra i miglior thriller, non solo nordici, che ho letto.

Un thriller appassionante che mi ha catturato e accompagnato in un susseguirsi di emozioni, curiosità, ansie che a tratti mi hanno sconvolto, facendomi oscillare tra amore, odio, simpatia e repulsione verso i protagonisti della storia.

La scrittura è intensa, sapientemente drammatica e realistica, con i vari personaggi che ci offrono drammi personali, situazioni private e relazionali che si incontrano e generano tensione e suspense. Non importa quanto sia già intuibile a circa metà del libro, perché il gusto e il desiderio di sapere, non solo cosa, ma anche come accadrà, prende il sopravvento. Non si possono lasciare le pagine, la vita e le vite descritte.

La difficoltà di accettare la realtà, la propria e quella dei nostri cari, di vivere il dolore e la perdita ci vengono proposte attraverso, principalmente, due donne, simili nella disperazione quanto distanti nell'affrontarla.

Il dolore ci cambia, ci porta rabbia, furore, così come desiderio di oblio e senso di smarrimento. Come reagire a tutto ciò? L'ispettore Hulda Hermannsdóttir si pone questa ed altre domande, così come fa, o dovrebbe forse fare, l'altra donna, Erla, al centro della vicenda.

In realtà, ci sarebbe almeno un'altra donna, magari due, più giovani e diversamente disperate, di una disperazione lucida o rassegnata, che arricchiscono e aggiungono ansia e inquietudine al tutto.

Mi piace sottolineare la presenza questo “terzetto” di donne che, solo per una tragedia familiare annunciata e “già scritta”, non diviene quello che di fatto avrebbe potuto essere un quartetto.


Jónasson anche in questa scelta ci offre tutta la sua abilità di grande autore, con l'elemento claustrofobico che dona all'insieme un gusto eccellente. Ci riesce perchè “Il sogno di Unnur” esplica il confronto tra storie di donne molto diverse tra loro, con in comune un senso di vuoto, un desiderio di ricerca e di senso.

L'autore le affianca, le segue, scava con abilità e finezza nella loro psicologia e nelle loro vite, con lo sfondo della Natura islandese, magnifica e selvaggia, ostile e maestosa.



La violenta bufera di neve che si è abbattuta sull’Islanda orientale, isolando completamente le poche case dell’interno, avrebbe dovuto tenere chiusi in casa anche i più audaci. Eppure, qualcuno ha deciso di sfidare il vento e il gelo e di avventurarsi in una delle zone più remote del paese. Un posto non adatto agli esseri umani; non in quel periodo dell’anno. In una fattoria dove manca la corrente e la linea telefonica è interrotta, Einar ed Erla si preparano al loro Natale solitario, quando un rumore inaspettato li fa sussultare. Qualcuno sta bussando alla porta. Una visita inattesa. Einar apre, e l’ospite sconosciuto entra. Chi è l’uomo che dice di essersi perso in una giornata come quella? Cosa sta cercando realmente? Forse è un bugiardo. O addirittura un assassino? Una cosa è certa: in quella casa, esclusa dal resto del mondo, avvolta dal buio, dal freddo, dal sibilo del vento, non tutti sopravviveranno alla notte. In seguito al ritrovamento dei corpi, le indagini sono affidate a Hulda Hermannsdóttir, ispettore della polizia di Reykjavík, rientrata in servizio dopo che la sua vita è stata sconvolta da drammatiche vicende familiari. Ma liberarsi dei propri fantasmi è molto difficile: Hulda sarà perseguitata ancora a lungo dalla sensazione di non aver capito in tempo. Davvero esiste una via di fuga dal proprio senso di colpa? Il suo lavoro di poliziotta è una sorta di gioco che si svolge in un’area grigia al confine tra il giorno e la notte, dove le vittorie definitive non esistono. Così, «la migliore eroina tragica che il giallo ci ha dato negli ultimi tempi», come scrive il Sunday Times, dovrà imparare a nascondere i sentimenti e a difenderli, a comportarsi come se niente fosse successo, per non dover rinunciare alla vita.(da marsilioeditori.it)









lunedì 11 novembre 2024

Citazioni Cinematografiche n.589

 

Gladys: Yang dice che in Cina tutti si augurano a vicenda le cinque felicità: ricchezza, longevità, salute, virtù e...
Jeannie: E una pacifica morte in tarda età.
Gladys: Sì, ma non ne ha nominate altre. Qual è la sesta felicità?
Jeannie: Quella la scoprirai da sola. Ognuno decide nel segreto del suo cuore qual è la sesta felicità.

(Gladys Aylward/Ingrid Bergman e Jeannie Lawson/Athene Seyler in “La locanda della sesta felicità”, di Mark Robson - 1958)






venerdì 8 novembre 2024

Consoli

 


Sei un cielo
di vento, soffi
ovunque sulla mia pelle,

formi col tuo respiro
la brezza dolcissima che investe
il mio corpo nudo,

consoli e spazzi via il dolore,
come ricordo mia madre
soffiava sul mio ginocchio o il gomito, lì,
dove mi ero fatta male.

La tua corrente d'aria accarezza calda
la pelle, un tocco simile a una piuma
fa ponte tra noi.

Con calma soffi via la mia rabbia,
la mia paura e la tensione, niente
ti ferma, sei un centro di forza,
soffi sulla mia pelle,
tocchi la mia mente,

il tuo respiro culla e lenisce,
la luce mi bacia,
bacia i miei sogni.

(Pia Tafdrup - trad. Dario Borso)



lunedì 4 novembre 2024

Citazioni Cinematografiche n.588

 

Io e mia sorella non rivedemmo più i nostri genitori. Restammo soli al mondo. Ma da quella prigionia imparammo un paio di regole. Primo: mai entrare in una casa fatta di dolci. E secondo: se vuoi uccidere una strega, arrostiscila per bene. 

(Hansel/Jeremy Renner in “Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe”, di Tommy Wirkola - 2013)







lunedì 28 ottobre 2024

Citazioni Cinematografiche n.587

 

Prima regola: santificare la vittima. I mostri non appaiono così mostruosi se la gente incomincia a pensare: "Be' quella lì se l'è andata a cercare, non ti pare?" 

(Ispettore Vogel/Toni Servillo in “La ragazza nella nebbia”, di Donato Carrisi - 2017)





martedì 22 ottobre 2024

Me lo chiedevano

 

Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant in “Il sorpasso”, di Dino Risi - 1962



Me lo chiedevano spesso, durante i miei anni universitari.
Ne sarà valsa la pena?
Dannato capitalismo!




lunedì 21 ottobre 2024

Citazioni Cinematografiche n.586

 

La vita è un sogno, nient'altro che un sogno. Il sogno di un sogno.

(Miranda/Anne Lambert in “Picnic ad Hanging Rock”, di Peter Weir - 1975)






venerdì 18 ottobre 2024

lunedì 14 ottobre 2024

Citazioni Cinematografiche n.585

 

Enrico: Sono libero, e tu finalmente puoi venire a vivere a casa mia.
Claudia: E devo lasciare l'ufficio?
Enrico: No cara, perché? Puoi continuare a lavorare in ufficio per me. Vuol dire che la sera stacchi un'ora prima, vai a casa e prepari tutto: un bagno caldo, un aperitivo, una bella cenetta.
Claudia: E magari dopo cena lavo i piatti, la biancheria, stiro le camicie. E così tu con un solo stipendio hai un'amante, una segretaria e una cameriera.
Enrico: No, non preoccuparti cara, dato che al momento sei la mia donna e vieni a vivere con me, non mi sembra di buon gusto darti uno stipendio.
Claudia: Ma vaffanculo!
(Enrico Melotti/Alberto Sordi e Claudia/Catherine Spaak in “Io e Caterina”, di Alberto Sordi - 1980)







lunedì 7 ottobre 2024

Citazioni Cinematografiche n.584

 

Ken: Nello stesso tempo, pur cercando di condurre una vita retta, devo conciliare la cosa con il fatto che io ho ucciso delle persone. Non moltissime in effetti, e per lo più non erano brave persone. A parte una, in realtà...
Ray: Chi era?
Ken: Il fratello di Danny Aliban, cercava di proteggere suo fratello. L'avrei fatto anch'io. Era un volontario del traffico. Mi ha assalito con una bottiglia, che dovevo fare? Gli ho sparato in fronte.
Ray: Per quanto mi riguarda, mi dispiace, se mi assali con una bottiglia... è un'arma letale, devi accettarne le conseguenze.
Ken: Anch'io la penso così, anche se cercava solo di proteggere il fratello.
Ray: Lo so, ma una bottiglia può uccidere. Si trattava di te o di lui; se ti avesse assalito a mani nude era diverso, non sarebbe stato giusto.
Ken: In effetti anche le mani possono essere letali, si può uccidere anche a mani nude, poteva conoscere il Karate.
Ray: Ma se era un volontario del traffico!
Ken: Perché, non poteva conoscere il Karate?
Ray: Come fa un volontario del cazzo a conoscere il Karate?!
Ken: Era solo per dire!
Ray: Quanti anni aveva?
Ken: Sui cinquanta...
Ray: Come cazzo fa un volontario di cinquant'anni a conoscere il Karate?! Che cazzo era, un volontario cinese?!

(Ken/Brendan Gleeson e Ray/Colin Farrell in “In Bruges – La coscienza dell'assassino”, di Martin McDonagh - 2008)





sabato 5 ottobre 2024

Sulla strada

 


Quando si viaggia in macchina attraverso gli Stati Uniti, inizialmente le distanze possono sembrare una cosa marginale, uno scomodo dato di fatto con cui fare i conti, al massimo la ragione per cui bisogna guidare parecchie ore per spostarsi da una città all’altra: a un certo punto però, un centinaio di chilometri dopo l’altro, una stazione di servizio dopo l’altra, queste grandi distanze cominciano ad acquisire un significato nuovo, e ci si chiede se l’America non sia soprattutto quello che sta in mezzo, tra un posto e l’altro.”

(Francesco Costa, “Questa è l'America”)


"Western Motel", Edward Hopper