Titolo:
Il sogno di Unnur
Autore:
Ragnar Jónasson
Traduttore:
Valeria Raimondi
Editore:
Marsilio – 2024
Arriva
alla conclusione, dal punto di vista della pubblicazione italiana,
questa “strana” trilogia di Hulda, di cui “Il sogno di
Unnur” è l'ultimo episodio. Una trilogia a ritroso, dove nel
primo libro abbiamo l'epilogo e nell'ultimo accade ciò che già
sappiamo essere accaduto, origine di una serie di scelte, situazioni
e stati d'animo.
Tanto
vale che lo dica subito: Ragnar Jónasson mi ha conquistato e
“Il sogno di Unnur” è tra i miglior thriller, non solo nordici,
che ho letto.
Un
thriller appassionante che mi ha catturato e accompagnato in
un susseguirsi di emozioni, curiosità, ansie che a tratti mi hanno
sconvolto, facendomi oscillare tra amore, odio, simpatia e repulsione
verso i protagonisti della storia.
La
scrittura è intensa, sapientemente drammatica e realistica, con i
vari personaggi che ci offrono drammi personali, situazioni private e
relazionali che si incontrano e generano tensione e suspense. Non
importa quanto sia già intuibile a circa metà del libro, perché il
gusto e il desiderio di sapere, non solo cosa, ma anche come accadrà,
prende il sopravvento. Non si possono lasciare le pagine, la vita e
le vite descritte.
La
difficoltà di accettare la realtà, la propria e quella dei nostri
cari, di vivere il dolore e la perdita ci vengono proposte
attraverso, principalmente, due donne, simili nella disperazione
quanto distanti nell'affrontarla.
Il
dolore ci cambia, ci porta rabbia, furore, così come desiderio di
oblio e senso di smarrimento. Come reagire a tutto ciò? L'ispettore
Hulda Hermannsdóttir si pone questa ed altre domande, così
come fa, o dovrebbe forse fare, l'altra donna, Erla, al centro della
vicenda.
In
realtà, ci sarebbe almeno un'altra donna, magari due, più giovani e
diversamente disperate, di una disperazione lucida o rassegnata, che
arricchiscono e aggiungono ansia e inquietudine al tutto.
Mi
piace sottolineare la presenza questo “terzetto” di donne che,
solo per una tragedia familiare annunciata e “già scritta”, non
diviene quello che di fatto avrebbe potuto essere un quartetto.
Jónasson
anche in questa scelta ci offre tutta la sua abilità di grande
autore, con l'elemento claustrofobico che dona all'insieme un
gusto eccellente. Ci riesce perchè “Il sogno di Unnur”
esplica il confronto tra storie di donne molto diverse tra loro, con
in comune un senso di vuoto, un desiderio di ricerca e di senso.
L'autore
le affianca, le segue, scava con abilità e finezza nella loro
psicologia e nelle loro vite, con lo sfondo della Natura islandese,
magnifica e selvaggia, ostile e maestosa.
La
violenta bufera di neve che si è abbattuta sull’Islanda orientale,
isolando completamente le poche case dell’interno, avrebbe dovuto
tenere chiusi in casa anche i più audaci. Eppure, qualcuno ha deciso
di sfidare il vento e il gelo e di avventurarsi in una delle zone più
remote del paese. Un posto non adatto agli esseri umani; non in quel
periodo dell’anno. In una fattoria dove manca la corrente e la
linea telefonica è interrotta, Einar ed Erla si preparano al loro
Natale solitario, quando un rumore inaspettato li fa sussultare.
Qualcuno sta bussando alla porta. Una visita inattesa. Einar apre, e
l’ospite sconosciuto entra. Chi è l’uomo che dice di essersi
perso in una giornata come quella? Cosa sta cercando realmente? Forse
è un bugiardo. O addirittura un assassino? Una cosa è certa: in
quella casa, esclusa dal resto del mondo, avvolta dal buio, dal
freddo, dal sibilo del vento, non tutti sopravviveranno alla notte.
In seguito al ritrovamento dei corpi, le indagini sono affidate a
Hulda Hermannsdóttir, ispettore della polizia di Reykjavík,
rientrata in servizio dopo che la sua vita è stata sconvolta da
drammatiche vicende familiari. Ma liberarsi dei propri fantasmi è
molto difficile: Hulda sarà perseguitata ancora a lungo dalla
sensazione di non aver capito in tempo. Davvero esiste una via di
fuga dal proprio senso di colpa? Il suo lavoro di poliziotta è una
sorta di gioco che si svolge in un’area grigia al confine tra il
giorno e la notte, dove le vittorie definitive non esistono. Così,
«la migliore eroina tragica che il giallo ci ha dato negli ultimi
tempi», come scrive il Sunday Times, dovrà imparare a nascondere i
sentimenti e a difenderli, a comportarsi come se niente fosse
successo, per non dover rinunciare alla vita.(da
marsilioeditori.it)