“Se voi signorine finirete questo corso e se
sopravviverete all'addestramento... sarete un'arma! Sarete dispensatori di
morte, pregherete per combattere! Ma fino a quel giorno siete uno sputo, la più
bassa forma di vita che ci sia nel globo! Non siete neanche fottuti esseri
umani, sarete solo pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta
"merda"! Dato che sono un duro non mi aspetto di piacervi, ma più mi
odierete, più imparerete. Io sono un duro, però sono giusto: qui non si fanno
distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o
messicani! Qui vige l'eguaglianza: non conta un cazzo nessuno! I miei ordini
sono di scremare tutti quelli che non hanno le palle necessarie per servire nel
mio beneamato corpo! Capito bene, luridissimi vermi?!”
Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze. Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
lunedì 30 giugno 2014
domenica 29 giugno 2014
La Grande Guerra # 2
Come detto arriviamo alla guerra combattuta
dall’Italia, in particolare al fronte italo-austriaco, con “Un Anno
sull’Altipiano” di Emilio Lussu. L’altopiano è quello di Asiago
dove Lussu e l’intera Brigata Sassari di cui faceva parte viene dislocata, fra alterne
vicende.
È noto che l’Italia, indegnamente regnata da Casa
Savoia, entrò in guerra nel 1915, al fianco delle Nazioni Alleate,
contro gli Imperi Centrali. Il Regno d’Italia aveva stretto un
accordo (la prima stesura era del 1882) con l’Impero Austro-Ungarico
e l’Impero Tedesco, la Triplice Alleanza, il quale di fatto lo
costringeva a schierarsi con gli Imperi Centrali solo in caso di guerra di
difesa. Austria-Ungheria e Germania risultavano potenze
attaccanti perciò l’Italia rimase neutrale durante la prima fase del conflitto.
Questa breve precisazione non è superflua, poiché
come ormai la storiografia militare dichiara ed ha dimostrato, se
l’Italia fosse subito intervenuta al fianco dei vecchi alleati l’evoluzione del
conflitto sarebbe stata molto diversa. Innanzitutto la Francia si
sarebbe vista impegnata su un ulteriore fronte, molto ampio, che si sarebbe
sviluppato dalle Alpi al mare Mediterraneo (in effetti lo Stato Maggiore
italiano aveva iniziato la mobilitazione all’indomani della dichiarazione di
guerra di Francesco Giuseppe e del Kaiser Guglielmo II) e l’Inghilterra
avrebbe dovuto impegnare una parte delle sue forze armate contro le truppe e la
Regia Marina italiane giacché, seppur di “serie B”, anche l’Italia aveva un suo
status di potenza coloniale ed avrebbe potuto intervenire in Africa e
nel vicino Oriente dando così appoggio all’ormai decadente Impero
Ottomano.
Nel momento in cui invece l’Italia dichiarò guerra
all’Austria-Ungheria, ma non alla Germania (lo farà nel 1916),
i benefici andarono alle Nazioni Alleate, che così poterono approfittare del
fatto che gli Imperi Centrali si sarebbero dovuti occupare di contrastare
l’ex-alleato.
Comunque dal 1915 l’Italia si schiera sul fronte
lungo il confine con l’Austria ed il suo impero, impegnandosi principalmente in
una guerra di posizione nel fango delle trincee, lungo il Carso e
l’arco alpino orientale. In questo contesto si svolge quanto narrato da Lussu
nella sua opera.
“Un anno sull’altopiano” è, secondo le parole di Mario
Rigoni Stern, “il più bello tra i libri sulla Prima Guerra Mondiale”, ed in
effetti se continua ad essere ristampato e letto non è solo perché qualche
insegnante invita, giustamente, i propri studenti a prenderlo tra le mani, ma
perché è in effetti un capolavoro. La vitalità e la forza di quest’opera
resistono al passare delle generazioni e continuano ad essere testimonianza di
eventi e vicende umane. Raccontando di come la Brigata Sassari, dal
giugno 1916 al luglio 1917 (questo il periodo trattato), combatté
estenuanti battaglie per conquistare inespugnabili trincee, l’autore prosegue
una narrazione scevra da ogni retorica patriottica che si fa dura
requisitoria contro l’orrore della guerra. In tale scenario di sofferenza
spicca la dignità dei soldati semplici, su cui si abbattono le
conseguenze di irresponsabili scelte politiche e militari.
Un dato a mio parere fondamentale è che l’autore è
riuscito a raccontare fedelmente l’ottusa strategia che l’esercito
italiano perseguì fino alla disfatta di Caporetto, fatta di continui,
inutili e infruttuosi assalti, per conquistare poche decine di metri di terra
od una collina al prezzo di migliaia di vite umane.
sabato 28 giugno 2014
La Grande Guerra # 1
Quest’anno ricorre il centenario dello scoppio della
Grande Guerra (1914-1918).
Fu definita così prima che si rendesse necessario
numerare le guerre mondiali. È un evento che, nella sua drammaticità, ha di
fatto segnato il 20° secolo e posto le basi per tutto ciò che è accaduto
successivamente, o comunque gran parte.
Rientra inoltre in un periodo storico che mi ha
sempre molto affascinato e condotto anche a impegnare parte delle mie vacanze
estive per ripercorrere alcuni luoghi simbolo della Grande Guerra.
Trincee, vette alpine, resti di fortificazioni, sentieri e mulattiere su cui
hanno lasciato tracce del loro passaggio soldati italiani, austriaci, boemi,
magiari, slavi.
Per ricordare e in qualche modo mantenere viva, in
me e magari in qualcuno che avrà la voglia e il tempo di leggere queste righe,
la memoria di quegli eventi inizio oggi una breve serie di post a
tema “La Grande Guerra”, ovvero la Prima Guerra Mondiale
rappresentata attraverso il fumetto, il cinema, la letteratura e le canzoni.
Non intende essere una accurata e completa disamina di quanto tratta quel
fondamentale passaggio della Storia europea e mondiale, ci mancherebbe. Ritengo
che difficilmente si potrebbe giungere ad un risultato soddisfacente e
interamente esaustivo, perciò proporrò una selezione di cose che ho
letto, che conosco e che ritengo sufficientemente esplicative e valide.
Si comincia con un fumetto dell’area
francofona: Ambulanza 13 – La Guerra in Trincea, testi di Patrick
Cothias e Patrice Ordas, disegni di Alain Mounier, colori di Sébastien Bouet.
Recentemente ristampato da Mondatori Comics,
all’interno dell’ottima serie “Historica”, tratta di una storia di
guerra (war story), è inevitabile, ma ha al suo interno numerosi spunti
di riflessione e diversi temi che vengono presentati e trattati con
grande sensibilità e competenza. Dialoghi pressoché perfetti, veloci e secchi
quando è opportuno, meditativi, intensi e profondi per “raccontare” al lettore
non solo gli scontri e le battaglie, tra le quali quella di Verdun
occupa gran parte dell’opera, ma anche per illustrare e definire il contesto
storico-sociale europeo, francese e tedesco in particolare, in cui i
personaggi presentati si trovano a vivere.
Protagonista principale è Louis Charles Bouteloup, giovane medico di buona famiglia che,
inviato al fronte (franco-tedesco, come in “Niente di nuovo sul fronte
occidentale”, ma dall’altra parte), si trova ad esercitare la sua
professione nell’unità di campo Ambulanza 13, destinata a soccorrere i
feriti della prima linea francese, dalla fine del 1915 fino al già citato assedio
di Verdun. Proprio una delle pagine più atroci di quel conflitto, una
logorante e crudele guerra di posizione, viene utilizzata come “pretesto” per
illustrare e denunciare la brutalità, l’orrore e le aberrazioni tipiche di ogni
confronto militare.
La cecità politico-militare e l’arroganza
dei potenti e di una buona parte degli ufficiali dell’esercito francese sono
contrapposte alla sofferenza ed al sacrificio di migliaia di
soldati, di diverse estrazioni sociali, religione, lingua e colore della pelle (ricordiamo
che la Francia era una potenza coloniale). Non manca il sarcasmo nei
confronti dei politici e degli “alti gradi”, così come non viene risparmiato il
disprezzo verso gli ufficiali e la loro vuota retorica. I temi principali sono
la morte, che raggiunge ogni individuo, anche il “nemico”, che parla la
lingua della filosofia e dell’arte ma anche dell’invasione, la responsabilità
individuale e le scelte che ognuno compie, il tenente Boutelop ma anche i suoi
compagni, l’importanza del “fronte interno” (un tema non
esclusivamente italiano), illustrata attraverso le vicende di Suor Isabelle
e del tenente Favre), l’inadeguatezza degli ufficiali francesi ad
adattarsi alla “prima guerra moderna”, il senso di unione e fratellanza delle
truppe.
Ottima ricostruzione storica, precisione dei
dettagli, qualche passaggio ironico e più “leggero”, una, forse due, possibili
storie d’amore che vengono accennate e astutamente evocate più che mostrate,
rendono l’opera godibile ad un pubblico potenzialmente ampio. Più sottotrame
che nell’ultima parte di Ambulanza 13 vengono risolte, per donarci
emozioni e mostrarci i frutti di quanto seminato nelle pagine lette e
assaporate.
I disegni di Alain Mounier rappresentano al
meglio le vicende raccontate, sia le grandi battaglie che la vita di
trincea, i momenti di azione con belle e drammatiche scene dinamiche,
quelli di “pausa” con il contrasto fra il fango della prima linea ed il lusso
di chi è rimasto “a casa” o al caldo dei quartier generali. I colori, il
rosso è pervasivo, sono evocativi e raffinati, i chiaroscuri da applauso
e incontrano i testi che mostrano estrema cura e interesse.
Un bel modo di accostarsi alla Prima Guerra
Mondiale, partendo dal fronte occidentale franco-tedesco. Per farsi un’idea
di cosa fu la Grande Guerra suggerisco la visione di questo breve servizio che Alberto Angela propose qualche anno fa all'interno di "Ulisse".
Brevissimo video che riassume la prima guerra mondiale mostrandone le principali fasi, dall'attentato di Sarajevo all'armistizio passando per l'intervento americano e l'entrata in guerra delle colonie.
Brevissimo video che riassume la prima guerra mondiale mostrandone le principali fasi, dall'attentato di Sarajevo all'armistizio passando per l'intervento americano e l'entrata in guerra delle colonie.
Domani, per chi lo vorrà, si andrà sul fronte
italo-austriaco con “Un Anno sull’Altopiano”, di Emilio Lussu.
venerdì 27 giugno 2014
Sempre a proposito di rose
Rose ai pilastri, rose lungo
i muri
e dentro i vasi, da per tutto rose
che sbocciano fiammanti e sanguinose
come ferite sopra i seni impuri.
e dentro i vasi, da per tutto rose
che sbocciano fiammanti e sanguinose
come ferite sopra i seni impuri.
Rose thee dai bei labri
immaturi
dalle fini ceramiche untuose,
rose di siepe, rose rugiadose
avvinghiate ai cancelli e ai vecchi muri.
dalle fini ceramiche untuose,
rose di siepe, rose rugiadose
avvinghiate ai cancelli e ai vecchi muri.
Eruzione di rose nei
giardini,
di rive sanguinose ed odorose,
vive e rampanti per la mia ringhiera.
di rive sanguinose ed odorose,
vive e rampanti per la mia ringhiera.
Rose e rose ne i miei vasi murrini
rose odorose, rose sanguinose
rosee bocche della primavera!
rose odorose, rose sanguinose
rosee bocche della primavera!
(Andrea Zanzotto –
Rose ai pilastri)
Andrea Zanzotto |
giovedì 26 giugno 2014
Una passante
Va bene, basta con i passanti, la smetto con questa mania delle passanti, che un po' ha rotto, ne convengo.
Ma, sebbene lei, con tutte le sue mossette e quelle smorfie da ragazzina mi abbia stufato, qualora la incontrassi per la strada, come se, appunto, fossimo due anonimi passanti, ebbene credo che il mio cuore farebbe un bel salto!
mercoledì 25 giugno 2014
martedì 24 giugno 2014
Hai perso il treno?
"If you missed the train
I'm on
You will know that I am gone"
"You can hear
the whistle blow
a hundred miles"
lunedì 23 giugno 2014
Citazioni Cinematografiche n. 50
Jules: Di' un po', Marsellus Wallace che aspetto ha?
Brett: Cosa?
Jules: Da che paese vieni, eh?
Brett: Cosa?
Jules: "Cosa" è un paese che non ho mai sentito nominare. Lì parlano la mia lingua?
Brett: Cosa?
Jules: La mia lingua, figlio di puttana, tu la sai parlare?
Brett: Sì!
Jules: E allora capisci quello che dico!
Brett: Sì! Sì! Sì!
Jules: Descrivimi perciò Marsellus Wallace, che aspetto ha!
Brett: Cosa?
Jules: Di' "cosa" un'altra volta, di' "cosa" un'altra volta!! Ti sfido, due volte, ti sfido, figlio di puttana: di' "cosa" un'altra maledettissima volta!!
Brett: È nero...
Jules: Vai avanti!
Brett: ...è senza capelli...
Jules: Secondo te sembra una puttana?
Brett: Cosa?
[Jules spara alla spalla di Brett]
Jules: Secondo te... lui... ha l'aspetto di una puttana?
Brett: Nooo!
Jules: Perché allora hai cercato di fotterlo come una puttana?
Brett: Non l'ho fatto...
Jules: Sì tu l'hai fatto... sì, tu l'hai fatto, Brett, hai cercato di fotterlo!
Brett: No!
Jules: Ma a Marsellus Wallace non piace farsi fottere da anima viva tranne che dalla signora Wallace.
Brett: Cosa?
Jules: Da che paese vieni, eh?
Brett: Cosa?
Jules: "Cosa" è un paese che non ho mai sentito nominare. Lì parlano la mia lingua?
Brett: Cosa?
Jules: La mia lingua, figlio di puttana, tu la sai parlare?
Brett: Sì!
Jules: E allora capisci quello che dico!
Brett: Sì! Sì! Sì!
Jules: Descrivimi perciò Marsellus Wallace, che aspetto ha!
Brett: Cosa?
Jules: Di' "cosa" un'altra volta, di' "cosa" un'altra volta!! Ti sfido, due volte, ti sfido, figlio di puttana: di' "cosa" un'altra maledettissima volta!!
Brett: È nero...
Jules: Vai avanti!
Brett: ...è senza capelli...
Jules: Secondo te sembra una puttana?
Brett: Cosa?
[Jules spara alla spalla di Brett]
Jules: Secondo te... lui... ha l'aspetto di una puttana?
Brett: Nooo!
Jules: Perché allora hai cercato di fotterlo come una puttana?
Brett: Non l'ho fatto...
Jules: Sì tu l'hai fatto... sì, tu l'hai fatto, Brett, hai cercato di fotterlo!
Brett: No!
Jules: Ma a Marsellus Wallace non piace farsi fottere da anima viva tranne che dalla signora Wallace.
giovedì 19 giugno 2014
La Croce sulla Montagna
Conoscete Caspar David Friedrich?
No, no, non è un attaccante della nazionale della
Germania est anni 70, nemmeno il nome di un criminale nazista o di un membro
dei Kraftwerk.
Caspar David Friedrich era un artista, un pittore
nello specifico.
È l’autore de “Viandante sul mare di nebbia”,
dipinto ad olio su tela, probabilmente la più famosa delle sue opere.
Ovviamente ha fatto anche altro, per cui, seguendo
la profonda suggestione in stile pubblicità della Opel, “noi tedeschi lo
facciamo meglio/io mi fido delle tedesche”, propongo il dipinto “La Croce
sulla Montagna”.
Cosa presenta di tanto particolare questa pala
d’altare, realizzata per la cappella privata del Castello di Tetschen, in
Boemia?
Ebbene parto un po’ da “lontano”. La riforma
protestante, inaugurata dal buon Martin Lutero, aveva già da qualche
tempo rivoluzionato l’iconografia religiosa nei paesi di lingua ed influenza
tedesca. Per cui l’intero repertorio artistico, fatto di dipinti,
statue, edifici di culto ed altro ancora si distingue, sempre più nettamente,
da quello presente nei paesi rimasti “fedeli” alla Chiesa di Roma ed al suo
papa.
Insomma si abbandonano Gesù sanguinanti e mezzi
morti, santi martirizzati e sofferenti, sante che presentano su vassoi occhi,
seni ed altre parti anatomiche mozzategli, non trovano più spazio quell’intero
armamentario di fedeli piangenti ed invocanti ed i ritratti dei vari
committenti che, importuni e vanitosi, volevano essere inseriti nei dipinti e
nei quadri.
In particolare la rappresentazione della “Passione”
di Gesù, il cristo, nell’opera di Friedrich, è lontanissima dall’atmosfera
solenne, dorata, eccezionale (propria di un’eccezione) presente nelle
opere precedenti, “rispettose” dei dettami della chiesa cattolica.
Quell’ambientazione ed atmosfera volutamente (e colpevolmente) investita
del compito di astrarre dalla realtà l’evento, infondendogli ieracità, lascia
il posto ad una rappresentazione, semplice e molto vera, comune, della realtà.
La croce, simbolo del martirio del “figlio di Dio”, è poco più
di una linea scura, inserita in un paesaggio molto “vero”, quasi banale. Un paesaggio
di montagna, come ce ne possono essere tanti in Germania od Austria,
cosicché ognuno dei fedeli possa riconoscerlo e ritrovarlo nella sua quotidiana
esperienza. Ovvero semplicità, elementi quotidiani, un luogo molto familiare
che trasmette il senso di una fede alla portata di tutti. Non più
misteriosi e lontani dogmi, ma una spiritualità quotidiana, dove ogni
fedele riconosce e si riconosce nella Passione del cristo, tanto vicina a lui
e, per così dire, “alla sua portata”, da essere rappresentata lungo un comune
sentiero di montagna che è possibile percorrere e vivere nel proprio ambiente. Ogni
singolo protestante se ne sente coinvolto e accoglie il senso di un’esperienza
e della sua rappresentazione.
Ancora più impressionante è la potenza della scelta
di inserire una rappresentazione della natura, semplice, ma senza abbandonare
la suggestione della fede, in una pala d’altare di ispirazione gotica.
Siamo così di fronte all’incontro fra lo stile ed
il rigore luterano ed il Romanticismo in campo artistico e
letterario. L’unione di questi elementi è di grande impatto e potenza, arriva
al cuore di chi osserva l’opera.
Spiritualità religiosa e spiritualità romantica
si donano vicendevolmente forza. La Fede e la Natura esaltano un
duplice messaggio, con quella luce che, apparentemente senza ragione, proviene
dal basso anziché dall’alto. Nessun sole, luna, stella od altro astro dona
luminosità allo splendido paesaggio, ma è la Natura stessa, la terra che
sprigiona luce, innescata dal noto episodio evangelico.
La spiritualità romantica pone al centro la Natura,
che non funge più da sfondo ma è vera protagonista dell’arte, in tutto il suo
splendore ed il suo potere di conquistarci e metterci nella condizione di
contemplarla, per trovare un senso alla nostra vita, per allontanarci da
interpretazioni e dibattiti teologici e condurci a vivere sensazioni,
misticismo ed emozioni.
D’altra parte il filosofo Friedrich Schelling,
in quegli stessi anni, diceva che “la Natura deve essere lo Spirito
visibile, lo Spirito è Natura invisibile”.
mercoledì 18 giugno 2014
martedì 17 giugno 2014
Passanti # 5
Andavano e sempre camminando cantavano eterna
memoria, e a ogni pausa era come se lo scalpiccio, i cavalli, le folate di
vento seguitassero quel canto.
I passanti facevano largo al corteo, contavano le corone, si segnavano. I curiosi, mescolandosi alla fila, chiedevano: "Chi è il morto?" La risposta era: "Živago." "Ah! allora si capisce." "Ma non lui. La moglie." "È lo stesso. Dio l'abbia in gloria. Gran bel funerale."
I passanti facevano largo al corteo, contavano le corone, si segnavano. I curiosi, mescolandosi alla fila, chiedevano: "Chi è il morto?" La risposta era: "Živago." "Ah! allora si capisce." "Ma non lui. La moglie." "È lo stesso. Dio l'abbia in gloria. Gran bel funerale."
(Boris Pasternak – Il Dottor Živago, trad. Pietro Zveteremich)
lunedì 16 giugno 2014
Citazioni Cinematografiche n. 49
Jake: Ah! Ti prego, non ucciderci! Ti prego, ti prego,
non ucciderci! Lo sai che ti amo, baby! Non ti volevo lasciare! Non è stata
colpa mia!
Ex-fidanzata di Jake: Che bugiardo schifoso!
Credi di riuscire a cavartela così? Dopo avermi tradito?
Jake: Non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero... rimasto
senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi.
La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era
crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le
cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!
(Jake
Blues/John Belushi e Ex-Fidanzata/Carrie Fisher in “The Blues Brothers” di John
Landis - 1980)
sabato 14 giugno 2014
Su sentiero di montagna
Avevano camminato per due ore, almeno, quando P.,
vincendo la sua reticenza, facendo violenza alla sua abitudine, si rivolse a
lei, diretto, senza formule di cortesia, buone per prendere tempo e chiudere,
così, gli spazi ad impulsi da mortificare, fermare in tempo.
In bocca il sapore della liquirizia che aveva finito
di succhiare pochi minuti prima. Se l’era furtivamente ficcata in bocca per
farsi coraggio, per trovare dentro di sé un po’ di fiducia. Tutta la spinta che
gli veniva da quel dolore, intimo, alla sommità dello stomaco, sopra la cinghia
dello zaino, che aveva stretto forte, il più possibile, quasi a provocarsi una
fatica maggiore, con cui impegnare il corpo e la mente, in modo da pensare il
meno possibile al suo viso. Al suo viso ed alla sua presenza, la sua figura,
qualche passo dietro di lui, in leggera pendenza.
Il volto di G. era rosso di impegno e
concentrazione, ma sempre dannatamente impossibile da fissare senza sentirsi
turbato, compromesso, costretto a sentirsi trasportato in un altro luogo,
doloroso e appagante allo stesso tempo.
“Era, voglio dire, è da mesi che desideravo venire
qui con te”.
Le parole gli erano uscite goffe, leggermente inciampate, ma le
avevano comunque fatto crescere un sorriso. Uno di quei sorrisi che le
brillavano gli occhi, come da tempo ormai P. aveva imparato a riconoscere e che
temeva di non poter più rivedere.
“Mi piace camminare presto al mattino” gli disse,
prendendo appena un po’ di fiato. “mi piace l’odore del bosco umido, ed è bello
che tu sia con me”.
Le parole di lei gli avevano fatto saltare il cuore
in petto, mozzato le parole che stava per pronunciare approfittando dello
slancio. Non riuscì a dire più nulla fino al rifugio, con i pensieri che si
accavallavano, uno dietro l’altro. Parole e sensazioni che si rincorrevano e
gli facevano andare più veloci i piedi, gli rendevano insaziabili le gambe. Le
sue gambe che ora si muovevano febbrili, incapaci di quiete e bisognose di
raggiungere le pietre, i cespugli lì davanti, momentanee mete, parziali traguardi
di una personale impresa.
G. ora faticava a tenere il suo passo ma,
comprendeva, non c’era scortesia nella fretta, nella animosità di P. Era fatto
così, inquieto nel suo intimo, e la camminata svelta ne era il segno più
evidente. Ma andava bene, a lei non dava fastidio, le piaceva quella sua
modalità di vivere i sentimenti, da solo e rivolto, quasi avviluppato, su di
sé.
Nel suo cuore aveva scelto e i sorrisi che gli
donava lo testimoniavano.
mercoledì 11 giugno 2014
lunedì 9 giugno 2014
Citazioni Cinematografiche n. 48
“Sto
cercando un mezzo sigaro, con dietro la faccia di un gran figlio di cagna alto,
biondo e che parla poco”.
sabato 7 giugno 2014
L'amore non comprende indipendenza
“Dal momento in cui aveva conosciuto Julia, Félix
aveva iniziato a preoccuparsi per lei e per i suoi stati d’animo, e non appena
si era accorto che la sua allegria lo rallegrava, la sua tristezza lo
rattristava, il suo malumore lo irritava ed era capace di odiare persone che
non conosceva solo perché le odiava lei, aveva capito che non c’era modo di
tornare indietro: Julia si era impossessata emotivamente di lui e
quell’invasione non poteva che essere amore. E aveva capito anche che l’amore
cancellava qualsiasi traccia di oggettività e indipendenza.”
(Clara Sánchez, in “La Voce Invisibile
del Vento” – Garzanti 2012, trad. Enrica Buretta)
giovedì 5 giugno 2014
Luna d’Argento – Editoriale Cosmo
Un interessante ed intrigante incontro tra ambientazioni
western, temi esoterici e scene horror, così potremmo
sintetizzare e presentare “Luna d’argento”, recente uscita della serie “I
Capolavori del Fantastico” per l’Editoriale Cosmo.
Èric Hérenguel fa tutto da solo, poiché sceneggiatura,
disegni colori e copertina sono interamente opera sua, e ammetto che la prima
lettura è stata dedicata ad ammirare e assaporare le splendide tavole
proposte. Tanto belle da far passare in secondo piano una storia comunque
avvincente, dove la suspense non viene mai meno e lo svolgersi della
trama fila via con brio e buon ritmo, senza cedere su nessun aspetto.
I riferimenti e l’omaggio alle atmosfere horror
d’autore, a Lovecraft in particolare, sono evidenti già dal nome
della città dove la storia è ambientata. Providence, infatti, è la città
natale dello scrittore statunitense, uno tra i maggiori autori horror. Le
evidenti esagerazioni nella trama e nella caratterizzazione dei mostri/demoni
ci fanno capire che abbiamo a che fare con una storia “fantastica” e, per
l’appunto, “di fantasia”, ma dove echi e richiami alla realtà non stonano e
rendono bensì maggiormente apprezzabile la valida proposta.
I disegni, con qualche tratto espressionista
ed una attenta caratterizzazione dei tanti personaggi (sia maschili che
femminili), sono senza dubbio un elemento di qualità e si scoprono valore
aggiunto di questa pubblicazione, dove anche i colori svolgono molto
bene il loro ruolo. L’esoterismo, la magia, i misteri dei Templari e i richiami
alla Cabala ed al misticismo in genere mi lasciano un po’ freddo, ma almeno non
ci sono derive alla “Codice da Vinci”, che sicuramente mi avrebbero
infastidito. D’altra parte lo scontro fra ragione e fede, ordinario e
soprannaturale, scienza e leggenda è reso bene e qui si apprezzano testi e
dialoghi efficaci e ben costruiti. Inoltre non ci si dimentica di divertire ed
intrattenere, fino all’ultima tavola ed al colpo di scena finale!
Editoriale Cosmo vi presenta questa meravigliosa
storia di weird western, scritta e disegnata magistralmente da uno dei
principali autori francesi oggi in attività. Seguirete, in questo one-shot la
vicenda dello sceriffo di Providence, James Redwall, impegnato a risolvere una
catena di misteriosi ed efferati delitti. E tutto questo proprio quando è
arrivata da Washington Cathy Gatling, giunta per ispezionare la casa di un
morto e quando tutti capiscono che tutti gli omicidi sono avvenuti… di notte!
Tutti gli amanti di Joe R. Lansdale non possono farsi scappare questo libro
autoconclusivo! (da
editorialecosmo.it)
mercoledì 4 giugno 2014
martedì 3 giugno 2014
Passanti # 4
“Dall’altra parte della strada, attraverso i vetri appannati e la neve, potrebbero averci visto, io e Maggie, fianco a fianco, sotto a un portone, in piedi come passanti che all’improvviso si mettono a baciarsi per poi riprendere la posizione di passanti e assumere l’aspetto di chi sta aspettando un taxi.”
(Jack Kerouac – da “Maggie Cassidy”, trad. Monica Luciano)
Iscriviti a:
Post (Atom)