venerdì 30 gennaio 2015

Durango - di Yves Swolfs


Durango si presenta come uno spaghetti-western a fumetti, ma poi si rivela una serie che va oltre questa riduttiva definizione per acquisire maggiore spazio e caratterizzazione.
I protagonisti e le ambientazioni si rifanno in modo evidente al genere, tant’è vero che l’incipit è pressoché quello de “Il grande silenzio” di Sergio Corbucci, film del 1968, dove a parlare sono i volti, la neve e le pistole. Inoltre il debito nei confronti di Sergio Leone, dei suoi “eroi”, ma anche di Cinecittà anni 60 e 70 è visibile; intervengono poi le matite di Yves Swolfs (autore che adoro) a donare dignità e valore particolare ad ogni tavola, tanto suggestiva, dettagliata e coinvolgente da richiedere di essere vista e rivista per poterla apprezzare al meglio.



La serie negli ultimi anni è stata riproposta per intero, inizialmente dalla GP Publishing (7 albi) e conclusa dalla Editoriale Cosmo (ottavo ed ultimo albo).

Durango Lang è un killer solitario soprannominato “il pacificatore”. Nella prima avventura viene violentemente menomato alla mano destra e per questo motivo inizia a utilizzare, improvvisandosi mancino, un’automatica Mauser C96, imponendo maschia giustizia per tutti gli albi della serie.

Violenza, azione, facce di cuoio, polvere, passione, odio, amore, sangue, onore… cose da veri uomini! 
Le ultime due storie sono state scritte da Yves Swolfs ma disegnate da Thierry Girod. L’arte di Swolfs, con Girod non da meno, sta soprattutto nei disegni, poiché la sceneggiatura è tutto sommato abbastanza lineare e con pochi balzi, divenendo all’interno di una serie genuinamente popolare un punto di forza. Il tratto è mirabile, in intere tavole si rasenta la perfezione e l’occhio ne rimane estasiato. Il protagonista ed i vari comprimari sono resi e caratterizzati in modo mirabile, divengono tanto riconoscibili da accompagnare in modo “familiare” lo svolgersi della storia e delle storie raccontate.





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