Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze. Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
sabato 31 ottobre 2015
venerdì 30 ottobre 2015
mercoledì 28 ottobre 2015
La Grande Guerra # 12
I
PROTAGONISTI
ARMANDO
DIAZ
"Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12
La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una czeco slovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita.
La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo
d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del
Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da
quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte
avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII,
della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il
nemico fuggente.
Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute.
Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute.
L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito
perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e
nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e
pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle
nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno
di cinquemila cannoni.
I resti di quello che fu uno dei più potenti
eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano
discese con orgogliosa sicurezza.
Il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Diaz ".
Nasce a Napoli da una famiglia di militari e
magistrati. Compie gli studi all’Accademia Militare di Torino e fa
rapidamente carriera nell’esercito. Dopo l’esperienza della guerra in Libia,
dove è comandante di un reggimento, diviene segretario prima del generale
Pollio, capo si stato maggiore dell’esercito e successivamente di Cadorna,
subentrato a Pollio.
Nel 1915 è al comando del XXIII corpo
d’armata sul Carso, distinguendosi per perizia e intelligenza di
direzione. Dimostra notevoli capacità professionali e costante impegno ad
ottenere il massimo dei risultati con il minimo delle perdite. Pone particolare
attenzione per le esigenze dei soldati, convinto che si debba comandare più con
il cuore che con la forza.
In seguito a queste sue convinzioni ed attitudini, dopo la
sconfitta di Caporetto sostituisce Cadorna nel comando supremo e si
rivela l’uomo giusto al posto giusto nella fase finale della guerra. Prudente e
sereno, alla inflessibile volontà offensiva del predecessore sostituisce umana
comprensione per gli orrori della guerra, attenzione per i soldati e capacità
di collaborare con le forze politiche. Elementi, questi, che lo condurranno
alla vittoria e lo renderanno una figura molto popolare.
lunedì 26 ottobre 2015
Citazioni Cinematografiche n. 120
Marion Steiner: L'amore fa male,
forse?
Bernard Granger: Sì, l'amore fa
male. Come un grande avvoltoio plana sopra di noi, si immobilizza e ci
minaccia. Ma la minaccia può essere anche promessa di gioia. Sei bella, Hélèna,
così bella che guardarti è una sofferenza.
Marion Steiner: Ieri dicevate che
era una gioia.
Bernard Granger: È una gioia e una
sofferenza.
(Marion
Steiner/Catherine Deneuve e Bernard Granger/Gérard Depardieu in “L’Ultimo
Metrò” di François Truffaut – 1980)
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Seconda Guerra Mondiale
domenica 25 ottobre 2015
Foglie gialle
Ma
dove ve ne andate,
povere
foglie gialle
come
farfalle
spensierate?
Venite
da lontano o da vicino
da
un bosco o da un giardino?
E
non sentite la malinconia
del
vento stesso che vi porta via?
venerdì 23 ottobre 2015
Luna # 7
Inno alla luna
O luna, tu che illumini ogni sera il tempo del sonno,
dove il sogno prende il sopravvento sulla realtà,
dove le ombre cancellano la luce,
illumina anche il mio cuore, perennemente dolente.
O spicchio di luce, che illumini i baci e le carezze dei giovani innamorati,
rischiara il loro cammino,
perché, confusi dal loro sentimento, non vedono l’irto sentiero
dove si imprimono i loro inesperti passi.
O notte, portatrice di effimere illusioni,
il tuo manto stellato possa avvolgere le mie parole
e consegnarle al vento, affinché possa essere mio messaggero.
dove il sogno prende il sopravvento sulla realtà,
dove le ombre cancellano la luce,
illumina anche il mio cuore, perennemente dolente.
O spicchio di luce, che illumini i baci e le carezze dei giovani innamorati,
rischiara il loro cammino,
perché, confusi dal loro sentimento, non vedono l’irto sentiero
dove si imprimono i loro inesperti passi.
O notte, portatrice di effimere illusioni,
il tuo manto stellato possa avvolgere le mie parole
e consegnarle al vento, affinché possa essere mio messaggero.
mercoledì 21 ottobre 2015
lunedì 19 ottobre 2015
Citazioni Cinematografiche n. 119
“L'umanità io l'ho
divisa in due categorie di persone: uomini e caporali.
La categoria degli
uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza.
Gli uomini sono
quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai
un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell'ombra grigia di
un'esistenza grama.
I caporali sono
appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano.
Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a
galla, sempre al posto di comando, spesso senza avere l'autorità, l'abilità o
l'intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro
prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque.
Dunque, dottore, ha
capito? Caporali si nasce, non si diventa: a qualunque ceto essi appartengano,
di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso: hanno tutti la stessa faccia,
le stesse espressioni, gli stessi modi, pensano tutti alla stessa maniera.”
(Totò
Esposito/Totò in “Siamo Uomini o Caporali?”, di Camillo Mastrocinque - 1955 )
domenica 18 ottobre 2015
Mattino d'Autunno
Mattino d’Autunno
Un
pallido sole che scotta
come se avesse la febbre
e fa sternutire quando
la gioia d’esser giovani
e di passeggiare di mattina
per i viali quasi deserti
è al colmo, illumina l’erba
bagnata e la facciata rosa
di un palazzo. Tutto è gioviale
buongiorno e sereno, raffreddore
e mezza stagione. E Goethe
in mezzo alla piazza sorride.
come se avesse la febbre
e fa sternutire quando
la gioia d’esser giovani
e di passeggiare di mattina
per i viali quasi deserti
è al colmo, illumina l’erba
bagnata e la facciata rosa
di un palazzo. Tutto è gioviale
buongiorno e sereno, raffreddore
e mezza stagione. E Goethe
in mezzo alla piazza sorride.
venerdì 16 ottobre 2015
Giallo, Noir & Thriller/27
Titolo:
Süden – Il caso dell’oste scomparso
Autore:
Friedrich Ani
Traduttore:
Emilia Benghi
Editore:
Emons:
Il
protagonista di un romanzo di solito compone una buona parte del romanzo
stesso, decretandone la fortuna o, viceversa, affossandone le possibilità di
essere letto, apprezzato e diffuso, magari anche solo attraverso il
“passaparola”.
Questa
è la principale considerazione che ho fatto alla fine della lettura di “Süden –
Il caso dell’oste scomparso”, di Friedrich Ani.
Il
buon Tabor Süden è un ex poliziotto che si occupava di persone scomparse e di
uno scomparso viene chiamato ad occuparsi, una volta assunto da una piccola
agenzia di investigazione a Monaco di Baviera, città dove dopo tanti anni è
ritornato. Chi deve cercare? Un oste che da due anni non fornisce più notizie
su di sé, dopo aver abbandonato moglie e attività, ma allo stesso tempo è sulle
tracce di suo padre, che non vede da quando era ragazzino e di cui è convinto
di aver da poco ricevuto una strana telefonata.
Due
indagini, insomma, una privata ed una professionale, condotte non solo
parallelamente ma anche con le stesse modalità. Ovvero girovagando per la
città, spesso in preda ai fumi dell’alcol, parlando con pressoché chiunque
anche solo lontanamente possa fornirgli informazioni, perdendo tempo fra
osterie, bar, ristoranti e bicchieri di birra e grappa svuotati ad una discreta
velocità ad ogni ora del giorno e della notte e per di più andando a letto con
una delle testimoni più attendibili appena dopo aver iniziato quello che sembra
solo un simulacro di interrogatorio.
Un
protagonista che in più di una pagina può risultare sgradevole e quindi
stimolare antipatia, meditando anche di abbandonare la lettura di questo
comunque intrigante giallo-noir. Questo perché se invece si riesce a prendere
in simpatia questo ex poliziotto di mezza età, in sovrappeso e con evidenti
problemi con l’alcol, il testo rivela una personalità interessante, che indaga
con le parole ed i silenzi, attraverso una umanità che lo rende vicino al
lettore, con una insolita e nascosta delicatezza unita ad un certo intuito e
capacità di ascoltare e “conoscere” le persone.
Così
fra la Monaco già ricordata ed una remota isola delle Frisoni orientali, sul
mare del nord, fra dune, onde e le immancabili bevute, Tabor Süden viene a capo
dell’indagine, per un giallo che non ha morti, inseguimenti o sparatorie ma che
parla al lettore e lo fa entrare in relazione con un personaggio che, in fondo,
anche se non si riesce ad amare, quantomeno merita un po’ della nostra
simpatia.
Immedesimazione
totale, forte empatia, lunghi silenzi capaci di far emergere la verità. E
nessun cellulare. Questo è lo stile di Tabor Süden, questi i suoi strumenti.
Sulla cinquantina, tenace e introverso, Süden è stato un bravo poliziotto
diversi anni fa, specializzato nel ritrovamento di persone scomparse. Ora una
misteriosa telefonata del padre che non vede da 35 anni, lo riporta a Monaco,
sua città natale. Ma Süden torna anche per il lavoro che gli viene meglio: il
segugio. Ingaggiato da una piccola agenzia privata, si ritrova su un caso
particolarmente tosto, un uomo sparito da quattro anni e dato ormai per morto,
l’oste di un locale bavarese gestito assieme alla moglie. La pista seguita
porterà l’ex commissario a Sylt, l’isola più a nord della Germania, luogo di
gran fascino intriso di brezza e salsedine, profumo di aringhe e donne, dove a
Süden si rivelerà una profonda verità: nessuno è quello che appare, soprattutto
agli occhi di chi ti sta più vicino. (da ibs.it)
giovedì 15 ottobre 2015
Henning Mankell
La settimana scorsa è morto Henning Mankell,
scrittore svedese da molti conosciuto per i suoi romanzi giallo-polizieschi.
Effettivamente una porzione importante dell’opera di
Mankell è costituita da una serie di libri che costituiscono la “saga” di
Kurt Wallander, commissario della polizia di Ystad, nel sud della Svezia,
nella regione della Scania.
Il commissario Wallander continua a rimanere uno dei
personaggi meglio riusciti e riconoscibili nel panorama della letteratura di
genere, con la sua umanità, la tristezza e la sensibilità che lo
contraddistinguono e lo hanno reso vicino ai lettori e caro ai più.
La serie è composta da 12 romanzi, in Italia
pubblicati tutti dall’editore Marsilio (trad. Giorgio Puleo),
ad eccezione di uno proposto dalla Mondadori (trad. Carmen Giorgetti Cima).
Li propongo inizialmente in ordine cronologico di
pubblicazione e di auspicabile lettura, successivamente in base alla personale
preferenza.
-
Assassino senza volto;
-
I cani di Riga;
-
La leonessa bianca;
-
L’uomo che sorrideva;
-
La falsa pista;
-
La quinta donna;
-
Delitto di mezza estate;
-
Muro di fuoco;
-
Piramide;
-
Prima del gelo;
-
L’uomo inquieto;
-
La mano.
-
1. Assassino senza volto;
-
2. La leonessa bianca;
-
3. La quinta donna;
-
4. Delitto di mezza estate;
-
5. La falsa pista;
-
6. L’uomo che sorrideva;
-
7. L’uomo inquieto;
-
8. Muro di fuoco,
-
9. I cani di Riga;
-
10. La mano;
-
11. Piramide;
-
12. Prima del gelo.
Il commissario Kurt Wallander ed i libri sulle sue indagini e la
sua vita hanno dato ispirato film e serie TV, in una delle quali a prestargli
volto e tutto il resto è Kenneth Branagh, sicuramente in modo suggestivo
ed elegante, anche se l’attore svedese che lo ha impersonato in una pressoché
parallela serie televisiva è quello che maggiormente ha incontrato l’idea e
l’immagine che me ne sono fatto io durante la lettura degli episodi raccontati.
mercoledì 14 ottobre 2015
lunedì 12 ottobre 2015
Citazioni Cinematografiche n. 118
“Piuttosto che diventare un fascista,
meglio essere un maiale.”
(Marco
Pagot-Porco Rosso in “Porco Rosso” di Hayao Miyazaki - 1992)
sabato 10 ottobre 2015
Dylan Dog #349 - La morta non dimentica
Il
soggetto e sceneggiatura di Paola
Barbato ed i disegni di Bruno
Brindisi producono un albo che mi piace, anche perché secondo la mia
lettura riesce a rispettare sia le basi del personaggio Dylan Dog e del suo mondo narrativo che le caratteristiche tipiche
dell’evoluzione e adeguamento su cui tanto è stato scritto.
Nel
numero 349 “La morta non dimentica” la quotidianità di Dylan e di Groucho è la
base della narrazione, che presenta
elementi “classici” come il rapporto fra i due e l’indagine da svolgere, ma che
all'interno degli stessi introduce novità e variazioni e conferma quelle fin
qui introdotte, come il nuovo ruolo di Bloch e di Jenkins, le figure dell'ispettore
Carpenter e di Rania Rakim di Scotland Yard.
Elementi narrativi e metanarrativi (forse addirittura metaforici!) ci presentano l’indagatore dell’incubo
alle prese, nuovamente, con la morte e
la sua rappresentazione, anche fisica e descrittiva sotto la forma della tassidermia, ossia la tecnica per la
conservazione di corpi, più sbrigativamente conosciuta come imbalsamazione.
Proprio
una figura esperta di tale pratica viene introdotta in quest’albo. Personaggio che
risulta efficace e intrigante, pur non avendo ricevuto molto spazio, ma che
spero di poter incontrare nuovamente nei prossimi mesi, anche se per il momento
risulta “essere ospite di sua Maestà la Regina”, ovvero è in carcere.
L’accoppiata
Barbato/Brindisi si presenta ancora
in buona forma, per una storia discretamente sviluppata, con buoni elementi di
sceneggiatura che, oltre a caratterizzare e dare adeguato spazio ai personaggi,
reintroducono una vecchia conoscenza di Dylan costretta a non morire, la disturbata Nora Cuthbert (albo 338), prodotto di una famiglia
violenta e disfunzionale, che dona pepe e sostanza alla vicenda. Potrà divenire
una riconoscibile e intrigante antagonista per il nostro eroe, che qui rischia
grosso? L’idea non mi dispiacerebbe, anche perché una delle cose che sto maggiormente
apprezzando di questo “nuovo corso”, a cui comunque ho rimproverato qualcosa, è
lo spessore dei caratteri femminili,
sempre più dotati di loro ruolo, spazio e profondità.
Oltre
a questa attenzione ai personaggi “La morta non dimentica” ci offre disegni
efficaci, nuovamente in grado di soddisfare l’elemento visivo e di coniugare sostanza ed estetica.
Due clienti molto
speciali si presentano alla porta dell’Indagatore dell’Incubo: sono
l’ex-ispettore Bloch e il fido Jenkins, che intendono ricorrere a Dylan per far
luce sulla misteriosa ricomparsa di un uomo appena deceduto a Wickedford… A
Londra, intanto, Carpenter è alle prese con il caso dei manichini: morti,
privati delle interiora, che tornano a camminare tra i vivi… Dietro tutto ciò,
una vecchia conoscenza: Nora Cuthbert. (da sergiobonelli.it)
giovedì 8 ottobre 2015
Cinema anni 90
Negli anni 90 la mia personale biografia si è molto arricchita: sono passato dalle scuole medie alle superiori (peggiorando notevolmente il mio rapporto con lo studio), ho miseramente interrotto la mia comunque non promettente carriera di sportivo, sono andato in vacanza senza genitori o educatori vari, mi sono iscritto all'università in una cittadina marchigiana che si fa definire “ducale” e di conseguenza mi sono allontanato dalla famiglia. Durante quel decennio ho vissuto un sacco di esperienze, di cui ancora porto i segni sul fisico e nell'anima, ma ne sono uscito vivo, tutto sommato combinando meno disastri di quelli di cui mi sarei reso protagonista nei periodi successivi.
Piccole cose, forse, se paragonate a quanto accaduto in quegli anni nel mondo. In fondo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Guerra del Golfo, Nelson Mandela presidente, il repentino aumento del numero di stati europei, la nascita di Google, la nazionale italiana di calcio che abbandona ai rigori i propri sogni di gloria in tre mondiali consecutivi, sono senza dubbio eventi maggiormente degni di essere ricordati rispetto alle vicissitudini del sottoscritto.
Fra quanto ho potuto sperimentare un posto importante lo occupa la mia frequentazione di sale cinematografiche. Abbandonata in quegli anni, anche se con un pizzico di rammarico, la grande stanza che fungeva da cinema parrocchiale, quel ragazzo ancora imberbe che ero si è fatto ammaliare dal cinema ancora più di prima. Volete mettere quanta emozione nello scegliere il film da vedere e poter selezionare in quale cinema andare? All'inizio degli anni 90 c’erano ancora poche multisala e comunque non vicine a dove vivevo, perciò il gusto era controllare, su un quotidiano o affidandosi alle attualmente ormai vetuste locandine, quali film erano in programmazione, in quali sale e a che ora (rigorosamente proiezione unica dal martedì al venerdì, doppia il sabato sera e pomeridiana solo la domenica). A dire il vero non cambiò nulla per quasi tutto il decennio, almeno per quanto riguarda le mie personali abitudini, poiché, come accennato, spesi i miei anni universitari in una città che non poteva che accogliere piccoli cinema, limitando la mia frequentazione di sale più grandi e dotate di multiprogrammazione alle sporadiche visite ad amici che frequentavano atenei in più prestigiose e grandi città.
Insomma gli anni 90 sono stati per me molto intriganti ed “attivi”. Il cinema non lo è stato da meno, anzi ha aggiunto sapore a quanto vivevo. Penso di poter dire che in quegli anni abbia saputo rinnovarsi, sperimentare ed esprimere la sua potenzialità, riuscendo a rappresentare un periodo e le sue peculiarità storiche e sociali, regalando una serie di film che è corretto definire “cult”.
Film di cui i nati fra i 70 e gli 80 citano ancora le battute a memoria, di cui hanno preso a modello acconciature, abiti o gesti, con i più temerari che ci si basavano sopra tesi di laurea o possibili futuri lavorativi, e che ancora rimpiangono quando scorrono sullo smartphone i titoli ora in programmazione.
Non posso ricordarli tutti, tantomeno posso aver visto la totalità di quelli usciti nel periodo (vi erano comunque anche parecchie schifezze), quindi ne propongo due per anno, (vale quello di produzione) dal 1990 al 1999, con particolare riguardo al gusto personale e a questioni autobiografiche.
Si parte!
1990
Quei Bravi Ragazzi (Goodfellas) di Martin Scorsese
La Stazione di Sergio Rubini
1991
Il Silenzio degli Innocenti (The Silence of the Lambs) di Jonathan Demme
Lanterne Rosse di di Zhāng Yìmóu
1992
Malcolm X di Spike Lee
La Moglie del Soldato (The Crying Game) di Neil Jordan
1993
Tre Colori - Film Rosso/Blu/Bianco (trilogia) di Krzysztof Kieslowski
Lezioni di Piano (The Piano) di Jane Campion
1994
Pulp Fiction di Quentin Tarantino
Hong Kong Express di Wong Kar-wai
1995
I Soliti Sospetti (The Usual Suspects) di Bryan Singer
Seven di David Fincher
1996
Trainspotting di Danny Boyle
Il Paziente Inglese (The English Patient) di Anthony Minghella
1997
La Vita è Bella di Roberto Benigni
Febbre a 90° (Fever Pitch) di David Evans
1998
Il Grande Lebowski (The Big Lebowski) di Joel e Ethan Coen
Hana–Bi - Fiori di Fuoco di Takeshi Kitano
1999
Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick
Tutto su mia Madre (Todo sobre mi madre) di Pedro Almodóvar
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