Captain
America all'interno del progetto in fasi della Marvel e del Marvel
Cinematic Universe è giustamente uno dei personaggi principali.
Compare in diversi film della serie, dando il suo contributo in
termini di azione, pensiero e spettacolarità. Si intende con alcuni
Avengers, con altri è spesso in disaccordo se non addirittura ne
contrasta la funzione e le azioni.
Sono
alla data attuale tre i film Marvel Cinematic Universe che portano il
nome di Captain America nel titolo, pertanto sull'onda
dell'entusiasmo di alcune recenti chiacchierate vado a parlarne
sinteticamente senza far mancare il per me sempre divertente gioco
dei voti.
Captain
America – Il Primo Vendicatore (2011):
uscito nelle sale in occasione del 70° anniversario della prima
commercializzazione del fumetto a lui ispirato, nonché dell'entrata
in guerra degli USA nel secondo conflitto mondiale, quest'opera offre
i pregi ed allo stesso tempo i difetti di tale operazione. Con
l'idea (la
pretesa?) di
rimanere fedeli al personaggio cartaceo, sceneggiatori e regista
rimangono un po' intrappolati nell'allineamento ai testi originali.
Cosa non necessariamente negativa in linea di principio, ma poiché
il buon Captain fu creato anche con intenti
patriottici, se non
proprio per sposare la causa interventista negli USA e con più di
qualche risvolto necessariamente militarista se non peggio,
probabilmente una maggiore attenzione alla caratterizzazione e
conseguente attualizzazione del personaggio sarebbe stata opportuna.
Punti di vista, certo, ma scene d'azione a ripetizione, anche se non
proprio tutte coordinate ed anzi qualcuna troppo caotica e poco
coreografata, uno scudo che vola verso lo spettatore e una serie di
buoni sentimenti sparati quasi a caso senza efficace sceneggiatura,
non nascondono la natura primigenia della creazione di Captain
America, che odorava
e anche qui odora di retorica
militarista. Non
troppo smaccata, ma comunque evidente. Va bene, Captian America è
uno dei primissimi personaggi della Marvel, il soldato perfetto e
mutante, il difensore degli oppressi contro la barbarie nazista e
(anche)
le sue deviazioni eugenetiche, per cui se ci si vuole mantenere
sostanzialmente fedeli al fumetto, Joe
Johnston alla regia
ed i suoi collaboratori hanno avuto vita difficile nel riproporlo, di
fatto evitando fin troppo la necessità o comunque la possibilità di
aggiornarlo, ripulendolo magari della funzione di propaganda
pre-bellica americana, allora tutta incentrata sull’arruolamento di
giovani reclute deputate a sconfiggere Hitler.
Il
cinema ed ancora prima la letteratura statunitense hanno avuto
personaggi che minati nel fisico, se non proprio geneticamente
tarati, si sono poi rivelati efficaci portatori dei principi
fondativi degli USA, divenendo caratteri positivi in toto, al di là
di patriottismi funzionali a strategie politico-militari o
commerciali di sorta. John
Steinbeck con “Uomini
e Topi”, il Forrest
Gump di Robert
Zemeckis, oppure William
Faulkner nel suo
“L'Urlo e il Furore”, giusto per proporre degli esempi. Ma
qui il mingherlino e poco allenato ragazzo di Brooklyn diviene un
eroe grazie ad una mutazione genetica indotta, forse l'equivalente
“post” di una eugenetica nazista (ho
esagerato?),
per cui si smarrisce quell'allure democratica e di sani principi.
Detto questo ne esce un protagonista fin troppo piatto, ma alle prese
con un antagonista direttamente equiparabile e proporzionale. Sul
confronto fra i due la sceneggiatura avrebbe potuto insistere meglio
e con maggiore cura, facendolo divenire non solo uno scontro fisico,
ma anche di visioni, di principi, di valori, così da rendere il film
più degno di essere visto.
C'è da dire che la recitazione di Chris
Evans nei panni del
Captain non aiuta affatto, come se anche lui fosse rimasto
intrappolato nell'operazione, senza riuscire a mettere del suo in
un'opera che avrebbe potuto essere di più, non necessariamente
migliore, ma con maggiore coraggio una cosa diversa e sicuramente più
intrigante.
Voto:
5
Captain
America – The Winter Soldier (2014):
tre
anni dopo la Marvel (con
la Disney) ci
riprova e per l'occasione cambia regista, scelta alla luce del
risultato più che azzeccata, dal momento che i fratelli Russo
riescono dove chi li ha preceduti ha fallito. Il nostro Captain, dopo
l'avventura con gli Avengers,
si ritrova a vivere nel 21° secolo, per cui la già auspicata
attualizzazione del personaggio si rende quanto mai urgente e
necessaria. Anthony e Joe se ne rendono conto e lo fanno a modo loro,
ma anche bene, nonostante l'attore protagonista risenta ancora di una
certa fissità e rigidità che in alcune scene depotenzia l'effetto
complessivo.
Al fine di non commettere lo stesso errore di Johnston,
a dirla tutta un po' costretto dall'ambientazione anni 40 del primo
film e dalla costruzione “solitaria” dell'eroe, i registi mettono
ben a frutto la sceneggiatura, che prevede due
validi supporti al Captain,
molto più di comprimari, a cui donano spazio e complessità che loro
ben introiettano e sfruttano. Natasha
Romanoff
(Vedova
Nera)
e Falcon
donano possibilità e valide soluzioni all'azione come anche
all'approfondimento, permettendo persino al Captain di essere meno
monolitico (anche
nell'espressione) e
più complesso, con dubbi, riflessioni e domande che ne consentono
una certa evoluzione e maturazione, sia come individuo che come
membro degli Avengers. Il fatto poi che l'antagonista, il Soldato
d'Inverno appunto, sia il suo più grande amico di gioventù, quella
vera, e che ci sia del marcio nello SHIELD, dona ulteriore gusto a
quello che risulta un
buon thriller di spionaggio travestito da film di supereroi.
Gli
effetti speciali, gli inseguimenti e le esplosioni sono ben
coordinate e coreografate, si amalgamano bene non solo tra loro
(efficaci le coppie simmetriche, tra cui una che vede coinvolto
Fury/Samuel L. Jackson) ma
anche con le parti meno fisiche e più dialogate, sebbene queste in
alcuni punti rischino eccessiva verbosità. Il buon Captain si guarda
allo specchio e riflesso in ciò che dicono e fanno alleati e nemici,
dando così spazio ad una maggiore complessità, che permette di
patire un po' meno la recitazione di Chris Evans.
Quest'ultimo
funziona meglio se supportato dalle acrobazie di una apprezzabile Scarlett
Johansson
e dall'ironia di Anthony
Mackie,
valore aggiunto di un'opera che, abbandonate le atmosfere da Stati
Uniti baluardo della democrazia e della libertà (fin
troppo superate dagli eventi degli ultimi 60 anni),
fa tornare la voglia di vedere questi film, che troppo spesso si
allontanano dall'essere cinema di qualità per limitarsi ad essere
fra quelli che vengono, legittimamente, girati per divenire pop-corn
movies da grande incasso.
Voto:
7,5
Captain
America: Civil War (2016):
terzo
film con il nome del Capitano nel titolo, confermata la coppia alla
regia e quella alla sceneggiatura, ma qualcosa scricchiola. Nulla di
troppo grave, per carità, ci si diverte ed il mix
di azione e spruzzata di thriller
conferma la validità dell'opera, che però è fin troppo evidente
quanto sia legata alla missione di collegare tra loro i film Marvel
Cinematic,
tirando la volata per i successivi sviluppi del gruppo dei
Vendicatori ed i vari spin off che vengono periodicamente sfornati.
Ad
una prima parte che funziona più che bene, confermando quanto di
buono goduto nel precedente, in questo film la seconda frazione
diviene un'opera collettiva che a fatica i protagonisti ed i registi
riescono a tenere unita, peggiorandone la qualità generale.
Proviamo
a procedere con ordine: la base di partenza è il fumetto Civil
War di
Mark Millar, che prendeva la sua ragione di scontro e divisione fra i
membri degli Avengers dagli anni post 11 settembre 2001 (il
fumetto è del 2006),
con tutto il contesto delle guerre in Afghanista ed Iraq, le
conseguenze interne agli USA ed insomma una precisa fase
storico-sociale e visione della storia americana (ma
non solo, anche se il fumetto su quella si concentrava).
Inevitabilmente,
ed opportunamente a mio avviso, la versione cinematografica se ne
discosta per il respiro più ampio, concedendo
purtroppo qualcosa alla comunque possibile ambizione a livello
concettuale e culturale.
Declinando il tutto sul versante internazionale e non esclusivamente
interno, si rinuncia a stringenti riferimenti alla cronaca ed
all'attualità, perdendo di vista la Storia e riducendo quello che
poteva avere un sapore ed un respiro epico-romantico ad uno scontro
tra due primedonne. Due di cui una che lo desidera veramente e con
evidente atteggiamento vanesio, ovvero Tony Stark/Iron Man, l'altra
che si ritrova ad esserlo quasi suo malgrado, fedele agli ideali
fondativi di una nazione e della sua personale missione e ragione di
esistenza (o
creazione?),
quindi Steve Rogers/Captain America. Ma la pecca sta nel motivo e
motore dello scontro, che nel corso della vicenda sembra divenire
solo ed esclusivamente
una storia di lealtà e amicizia da riconquistare: quella dello
stesso Steve Rogers col Soldato
d’Inverno Bucky Barnes,
qui di nuovo col volto di Sebastian Stan, restringendo il dramma ad
una pur onorevole motivazione. Così però si abbandona il resto e la
visuale ne viene modificata, mettendo in secondo piano i livelli più
alti sotto il profilo di ideali e riflessione su Democrazia, Potere e
Responsabilità.
Lo
sviluppo subisce una cesura dopo una prima promettente frazione, in
cui il Soldato d'Inverno svolge al meglio il suo ruolo di motore
drammaturgico, a cui segue una fase più collettiva ma allo stesso
tempo più caotica e motivo di confusione.
Arrivano in modo non propriamente in linea con la drammaturgia Peter
Parker/Spider Man e Ant Man, che bruscamente trasformano il film, che
stava funzionando bene ma che in seguito mostra qualche limite. Si
perde il già accennato sapore epico, vengono mandate alle ortiche
varie suggestioni interessanti e si nota come i due registi siano
forse maggiormente a loro agio con la declinazione delle gesta
superumane su un piano terreno, ovvero interno agli ingranaggi di un
potere invisibile e pervasivo (come
ottimamente nel film precedente), mentre
abbiano
difficoltà a
dosare
gli elementi autoironici e quella audace leggerezza di tocco forse
necessari per gestire quella componente smitizzante, parte integrante
delle opere Marvel. Facendolo divenire un costoso
crossover
i fratelli Russo fanno perdere incisività al film, che senza
mordente non trova più utili meccanismi di creazione della tensione,
smarrisce le sue migliori qualità e si trova costretto a puntare
pressoché tutto sul processo di normalizzazione e dilatazione delle
scene d'azione, prima fra tutte lo scontro collettivo fra supereroi,
di cui disturba non solo la ingiustificata lunghezza ma anche
l'ironia poco apprezzabile e fuori contesto (i
già citati Spider Man e Ant Man ne sono le principali cause).
Allora
in seguito si privatizza lo scontro, lo si fa divenire un “confronto
a due”, per riuscire a far quadrare il cerchio, a recuperare la
narrazione che deve continuare per i prossimi sviluppi nei futuri
film ed allo stesso tempo chiudersi per quanto riguarda questo
episodio/non episodio.
L'elemento di disunità che si notava viene sfumato, con un certo
mestiere va riconosciuto, ma se il tuo film dura 2 ore e 20 minuti
non puoi aspettarti che il pubblico non dia segnale di averlo
avvertito.
Voto:
6,5