giovedì 31 maggio 2018

Le donne vengono da Venere, gli uomini da Marte?

Gli uomini vengono da Marte Le donne da Venere” è un libro di John Gray sui rapporti di coppia, è presente anche nella libreria di casa mia, anche se confesso di non averlo mai letto.

Venere e Marte, Sandro Botticelli
1483 circa - Londra, National Gallery

Qualche secolo prima, uno dei più grandi pittori della storia dell'arte, Sandro Botticelli, realizzò, probabilmente su commissione della famiglia Vespucci, il dipinto “Venere e Marte”. Botticelli in quest'opera dimostra di essere anche un fine intellettuale, dato il significato allegorico del dipinto.
Notiamo infatti Venere, dea dell'amore, sdraiata assieme al suo amante Marte, il dio della guerra, mentre un gruppo di piccoli fauni è impegnato a giocare con le sue armi. Ebbene Marte dorme, Venere lo guarda con aria fra la malinconica e la soddisfatta, i fauni sembrano prenderlo in giro. Il risultato sembra una celebrazione dell'amore che batte la guerra, la violenza e trionfa su di lei.

lunedì 28 maggio 2018

Citazioni Cinematografiche n.252

James Bond: Il mio nome è Bond, James Bond.  
Solitaire: So già chi è, che cosa fa e perché è qui. Ha fatto uno sbaglio.

(James Bond/Roger Moore e Solitaire/Jane Seymour in "Agente 007 – Vivi e lascia morire", di Guy Hamilton - 1973)




sabato 26 maggio 2018

Dampyr #218 - Danse Macabre

Danse Macabre”, tra le altre cose, è il titolo di un poema sinfonico di Camille Saint-Saëns, è una composizione per pianoforte e orchestra composta da Franz Liszt. il titolo di un romanzo di Veit Heinichen ed un tema iconografico tardomedievale nel quale è rappresentata una danza fra uomini e scheletri ripreso in diversi dipinti in giro per l'Europa.


Dal maggio di quest'anno è anche il titolo di un albo di Dampyr, esattamente il numero 218, che presenta in copertina Tesla Dubcek, con l'illustre assenza del buon Harlan.


Un albo a dir poco imprescindibile per un appassionato lettore della serie, sia per le firme di Mauro Boselli e Luca Rossi, rispettivamente soggettista/sceneggiatore e disegnatore di “Danse Macabre”, sia per la continuity interna, con la presenza di Nikolaus e di Samael, ma soprattutto di uno dei più terribili nemici del Dampyr, il Maestro cinefilo Henzig, il quale, per arrivare al nostro Harlan Draka, colpisce la bionda non morta. 

 
Tra citazioni ed omaggi alla letteratura ed al cinema horror e dell'orrore, l'avventura pressoché in solitaria di Tesla conduce il lettore ad una riflessione sul dolore e l'invulnerabilità della non morta alleata di Harlan, infatti Boselli riesce a imbastire una storia davvero fuori dal comune, anche per i suoi alti standard in termini qualitativi. Il ritmo, l'attitudine a coinvolgere il lettore, la cura per i dettagli, tutto nella sua sceneggiatura concorre a rendere l'albo imperdibile. Il finale, se così sarà, è a dir poco sconvolgente e foriero di modifiche e stravolgimenti interni alla serie, tanto inaspettato da coinvolgere anche un lettore occasionale.




Luca Rossi ai disegni si è impegnato in maniera particolare. La cura nel tratto, nelle luci e le ombre, rappresenta uno degli elementi che lo rendono uno degli artisti più rappresentativi e talentuosi dell'intera schiera di disegnatori dampyriani.

Un antico castello boemo. Un tenebroso e affascinante Principe dell'Inferno... Tesla, la non-morta, può sentire di nuovo il calore del sole sulla sua pelle senza il rischio di essere incenerita. Forse è solo un sogno, ma possono i vampiri sognare? Una difficile prova per Tesla, che dovrà vedersela con le proprie forze contro uno dei più terribili nemici del Dampyr! (da sergiobonelli.it)

giovedì 24 maggio 2018

Giallo, Noir & Thriller/54


Titolo: Tempo da Elfi
Autore: Francesco Guccini/Loriano Macchiavelli
Editore: Giunti - 2017



Circa un anno fa, sul finire dell’estate, sono stato a pranzo in un piccolo centro dell’Appennino tosco-romagnolo. Il padrone di casa, un anziano signore discretamente loquace nonostante la esigua quantità di vino rosso bevuto, tra i vari aneddoti, raccontò a me ed agli altri commensali radunati attorno alla tavola, che poco più su rispetto a casa sua, fra i boschi, viveva una famiglia da qualche mese trasferitasi in un vecchio casolare abbandonato. Una giovane donna, un uomo sui trent’anni con due piccoli bambini si erano stabiliti in un luogo che, a suo dire, era quanto di più inospitale fosse rimasto nel territorio comunale, sebbene un tempo ci vivessero diverse famiglie che si dedicavano all’agricoltura ed all’allevamento. L’anziano signore li considerava una presenza insolita, sapendo di loro ben poco, a parte che raramente si vedevano in paese e che i bambini non frequentavano la locale scuola, dato che la madre sembrava occuparsi di persona della loro istruzione.

Questo racconto rimase latente nella mia mente, finché non mi capitò di leggere la sinossi di “Tempo da Elfi”, romanzo di Loriano Machiavelli e Francesco Guccini.
“Le stagioni si avvicendano sempre uguali a Casedisopra, fra la tabaccheria della Nerina e le due caserme – dei Carabinieri e della Forestale – che invano vigilano sulla trattoria-bar di Benito, dove anche quando la stagione della caccia è chiusa il maiale servito in tavola ha un curioso retrogusto di cinghiale… Eppure ultimamente qualcosa sta cambiando. In paese compaiono ragazzi e ragazze dagli abiti colorati, calzano sandali di cuoio intrecciati a mano e vendono i prodotti del bosco e della pastorizia: sono gli Elfi, che vivono in piccole comunità isolate sulla montagna, senza elettricità, praticando il baratto e ospitando chiunque bussi alla loro porta senza porre domande.”Così si legge sul risvolto della copertina, pertanto credo non vi meraviglierete se affermo che la mia curiosità ne fu stimolata tanto che decisi l’acquisto del libro.
Non so se la famiglia di cui mi veniva raccontato fosse effettivamente composta da Elfi, ovvero da uomini e donne che avessero deciso di allontanarsi dalle città e dalle sue comodità per vivere una dimensione di contatto con la Natura, gli animali e sé stessi, con oggettive scomodità connesse, ma il collegamento e la suggestione era forte.
Pertanto durante la lettura, mai piatta nonostante l’asciuttezza, scorrevole e deliziosamente impreziosita da termini ed espressioni dialettali, si fa la conoscenza dei vari personaggi, descritti con poche ma precise e cesellate righe, che fanno sì che il lettore ne entri subito in confidenza, quasi come se li avesse già conosciuti in precedenza. A dirla tutta mi sono risultati più simpatici gli abitanti del paese appenninico tosco-emiliano, poiché gli Elfi, al di là del lavoro di conservazione e ripristino di vecchi borghi dimessi, mi sono apparsi sinceramente fuori tempo massimo, poco efficaci nel tentativo di salvare e preservare una porzione della nostra Italia.
Un romanzo sull’Appennino, su una civiltà, una condizione di vita e di vivere, che attraversa una sua triste, forse inevitabile, fase terminale, ma che sembra ancora in grado di donare qualcosa, fosse anche solo attraverso una storia che per quanto inventata, inserita in un contesto immaginario, si cala nella realtà. Una realtà che si tinge di giallo, perché come in ogni buon giallo si comincia con un morto ammazzato, un omicidio che ha tanto di mistero e di misterioso, dove il protagonista, insolito quanto efficace e vicino al lettore, non è un poliziotto, un carabiniere od un detective, tanto comuni nella letteratura di genere, ma una guardia forestale, l’ispettore Marco Gherardini, detto Poiana, ai suoi ultimi mesi di servizio nel Corpo che ha scelto, prima di diventare, suo malgrado, carabiniere come prevede una recente riforma.
I dettagli del racconto, che in più pagine ha il sapore di una fiaba nera, arricchiscono l’indagine, compiuta mescolando saperi antichi, rispetto, conoscenza della natura e metodi moderni, con un pizzico di rosa che fa ancor più immedesimare il lettore in un contesto insolito per un romanzo giallo, ma che ho scoperto essere protagonista di altri romanzi della coppia Macchiavelli/Guccini.


lunedì 21 maggio 2018

Citazioni Cinematografiche n.251

Per quello che vale, non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere. Non c'è limite di tempo, comincia quando vuoi, puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio, spero che tu viva tutto al meglio, spero che tu possa vedere cose sorprendenti, spero che tu possa avere emozioni sempre nuove, spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi, spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero
(Benjamin Button/Brad Pitt in "Il Curioso Caso di Benjamin Button", di David Fincher - 2008)





giovedì 17 maggio 2018

Come dirle addio?



Abbandonarla, dici, è facile dirlo,
abbandonarla come un pilota di guerra
che abbandona un aereo
senza controllo o in fiamme. Ma come si salta
da un aereo precipitato, fatto a pezzi e arrugginito
o affondato nelle profondità del mare?


(Amos Oz) 



lunedì 14 maggio 2018

Citazioni Cinematografiche n.250

Angela: Tu non sembri una persona cattiva….
Roy: Ecco perché li frego tutti.


(Angela/Alison Lohman e Roy Waller/Nicholas Cage in "Il Genio della Truffa", di Ridley Scott - 2003)




 

giovedì 10 maggio 2018

Un Uomo solo al Comando?

Un Uomo solo al Comando?

Recentemente parlavo con un giovane collega di Politica e di partiti politici.
La cosa purtroppo non è così frequente, tanto meno scontata e mi rendo conto che pago e magari un po' patisco la distanza anagrafica fra chi, come me, è nato negli anni 70 ed ha conosciuto i “partiti storici”, italiani e non solo, ed un giovane uomo per cui nomi come Occhetto, Craxi, Clinton, Blair o Schroeder (non il piccolo pianista amico di Charlie Brown) stanno accanto a quelli di Garibaldi ed Enrico VIII.

Per farla breve il mio curioso e simpatico interlocutore si stupiva del fatto che il PD avesse indetto un Congresso straordinario due mesi dopo la “scoppola” rimediata alle ultime Elezioni Politiche. O meglio, si chiedeva, in fondo, che diavolo fosse un Congresso, non a cosa potesse servire (in merito al PD me lo chiedo anch'io, ma per ragioni differenti), ma proprio cosa indicasse il termine.


Ed io giù a raccontargli di come un tempo PCI, PSI, DC periodicamente si radunassero in momenti collettivi, dove i vari esponenti si confrontavano su temi e prospettive, si presentavano e votavano mozioni, si eleggevano segretari e segreterie, si componevano direzioni, si litigava su tesi e interpretazioni, nascevano correnti e così via. Stupore e incredulità negli occhi del paziente collega, che faticava a capacitarsi di come ci fosse bisogno di nominare delegati, ascoltare discorsi fiume, votare su programmi e discutere su parole e messaggi come “fine della spinta propulsiva della Rivoluzione d'Ottobre”, “convergenze parallele”, “unità nazionale”, “eurocomunismo” e altro ancora.

La confusione e lo smarrimento aumentava nel momento in cui accennavo al concetto di “strutture intermedie”, ovvero quelle che un tempo caratterizzavano le democrazie dell’Europa occidentale: le sezioni, le associazioni, i circoli politici, le organizzazioni giovanili che preparavano i futuri leader, i sindacati e altro ancora che svolgevano l'importante ruolo di connessione e contatto tra la politica a livello locale/statale e gli individui, fossero iscritti/attivisti o semplici simpatizzanti.

Tutto questo fa ormai parte della Storia, solo parvenze di ciò che un tempo fu rimangono, sbiadite ed incolore, in una marginale parte delle forze politiche attualmente presenti sullo scenario europeo. Prevale la ricerca di un leader, che rende obsoleta e fastidiosa ciò che ormai viene considerata una sovrastruttura, antica e perniciosa. La rappresentanza non viene cercata attraverso passi intermedi, che ricevano e trasmettano, bensì mediante la individuazione di un leader, unico e totale, a cui rivolgere una forma inedita e riveduta di culto assoluto, persino al di là di temi e riflessioni, messaggi e visioni politico-sociali.


La figura del Segretario, per quei casi in cui sia ancora nominalmente presente, non riveste più il ruolo che aveva un tempo, ovvero capace leader cresciuto nella e attraverso la partecipazione, imparando ed allenandosi a divenire tribuno del popolo, nell'accezione più positiva dell'espressione, al vertice ed al servizio di movimenti sociali ben radicati, con ambizioni politiche collettive. Situazione ancora più sconsolante in quelle formazioni politiche che non prevedono alcun processo democratico di investitura e riconoscimento di leader, o che, coscientemente e con calcolato opportunismo e plateale ruffianeria, si negano la qualifica di Partito.

Si sono smarrite le connessioni tra sindacati, cooperative, sezioni di partito e lo Stato, che hanno fatto sì che ci fosse vera politica rappresentativa, ovvero che si creasse e curasse il collegamento fra la politica rappresentativa stessa ed una più ricca rete di coinvolgimento, che per decenni ha fatto sentire partecipi milioni di cittadini.


Le varie crisi che si sono succedute negli ultimi 20 anni hanno smantellato molto, se non proprio tutto, ed è mancata una adeguata risposta della Politica, della Sinistra in particolare. Ora agendo una brusca e non proprio culturalmente onesta, sotto il profilo storico-culturale, ellissi a livello temporale, giungo agli ultimi anni. I nuovi partiti/movimenti di fatto si presentano quali mere macchine propagandistiche in permanente campagna elettorale, megafoni di voci, trasmettitori di slogan mutevoli e cangianti secondo i calcoli del momento, veicoli elettorali piuttosto che raggruppamenti politici quali soggetti portatori di una visione, di una idea, di una modalità di interpretare, studiare il territorio e amministrare. Non ci sono o hanno perso importanza le sezioni, i circoli, le assemblee territoriali o qualcosa che anche solo vagamente possa assomigliare ad una struttura democratica interna.


Così M5S in Italia, Podemos in Spagna e altre sigle in Europa hanno fatto proprio il modello che 24 anni fa Forza Italia introdusse e che ha praticamente reso l'unico in cui per molti di noi sia possibile riconoscere la Politica del 21° secolo: leader carismatici che sanno utilizzare/manovrare i media, che non si definiscono politici di professione, che si circondano solo di fedelissimi che non possano fargli ombra o sostituirli, che affermano di lottare nel nome della gente contro caste, élite, poteri forti o chissà cos'altro che non rappresentino la suddetta gente, nonostante all'interno della loro entità politica non esistano strutture democratiche, o quelle esistenti siano svuotate di ruolo e significato. Non c'è più l'iscritto, il militante, il simpatizzante attivo, bensì si cerca, si crea e si stimola il “tifoso”. 

 

Così si spaccia per democrazia diretta il culto di un “deus ex machina”, agognato e riconosciuto, che si faccia carico di pulsioni e che “liberi” il popolo dalla fastidiosa partecipazione alla vita politica, roba sporca e che corrompe. In “aiuto” del leader si organizzano votazioni on-line, referendum su piattaforme telematiche od organizzate in un pomeriggio, tali da rendere inequivocabile una investitura “popolare” ed allo stesso tempo facili da manipolare, smentire o ribaltare.

Si assiste e siamo pertanto al medesimo tempo protagonisti di una declinazione post-post moderna del modello partitico, che ne viene svuotato di ogni connotazione di stimolo alla partecipazione (e quindi alla libertà ed alla interpretazione critica dei messaggi e della realtà), in favore di un culto messianico, giocato esclusivamente sul campo dei media, che si risolva nell'essere fan di uno o dell'altro. Condivisioni di post, “like” come se piovesse, slogan vuoti ma facili da imparare a memoria per essere ripetuti come mantra in ogni occasione e tutto l'armamentario a metà fra tifo da stadio e talent show.



Il declino della partecipazione democratica è così reso ancora più veloce, per la gioia dell'”eroe popolare”, che si serve della gente, del popolo, dei fan, per non essere disturbato nella sua autoreferenziale azione di protezione della propria carica, sia esso padrone del proprio ruolo o mero esecutore delle volontà di chi lo ha fatto arrivare dove si trova, sia un self made man od un soggetto eterodiretto.

La Sinistra? Rientra nello sconsolante scenario attuale. Al suo interno, storicamente, ci sono stati casi di culto del leader, al limite dell'idolatria. A lungo ciò è risultato funzionale, poiché consci del ruolo Segretari e Leader hanno utilizzato il proprio ascendente e le proprie abilità nello stimolo e nell'invito rivolto alle masse ad interessarsi alla vita politica, non limitandosi a esserne mero eroe, sapendo anche interpretare ciò che fosse utile e buono per le stesse masse, agendo con lungimiranza e visione prospettica. Ora, per le trasformazioni sociali ed economiche che subiamo e che facciamo radicalizzare per ignoranza, incapacità o anche solo pigrizia, l’azione collettiva non è più un'opzione praticabile, se non per questioni marginali e meno che locali, per cui è diventato difficile ristabilire una più profonda azione di coinvolgimento. Quindi rischiamo l'implosione culturale che ci porti ad essere spettatori in un mondo in cui la politica sia coincidente e declinata quale culto dell’uomo solo al comando. Pertanto si sostiene con parole e slogan e si vota uno schieramento politico in quanto emanazione di una figura forte, unica incarnazione di un solo carattere, non di un ideale o di una opzione, e quindi facile a cadere in disgrazia nel momento in cui ciò che era il “nostro” eroe ci diventa antipatico, non più utile oppure scomodo, coinvolgendo nella sua caduta l'intero partito o quello che ne era rimasto.







martedì 8 maggio 2018

Democrazia rappresentativa


«Se la democrazia rappresentativa fallisce [...] allora dovremo inventarci qualche altra cosa». 
(Luigi Di Maio). 

La democrazia rappresentativa sta funzionando, poiché evita che una minoranza possa arbitrariamente fare come le pare e piace, costringendola a valutare il dialogo ed un eventuale compromesso con gli altri partiti e schieramenti, che al momento sono i due terzi del parlamento.

lunedì 7 maggio 2018

Citazioni Cinematografiche n.249

Henri Kissinger: La storia di sicuro la tratterà meglio dei suoi contemporanei.
Richard Nixon: Già, questo dipende da chi la scriverà, Henry
.

 (Henry Kissinger/Paul Sorvino e Richard Nixon/Anthony Hopkins in "Gli Intrighi del Potere - Nixon", di Oliver Stone - 1995)



sabato 5 maggio 2018

Nathan Never # 322-323

Gli ultimi due albi di Nathan Never, numero 322 e 323, “Sugli Asteroidi” e “Missione per un Amico”, compongono una storia doppia che rende omaggio alla fantascienza “classica”.



Fin dalla copertina del primo albo si nota il tributo alle grandi epopee di fantascienza spaziale, in primis Star Trek, con il lavoro di Sergio Giardo che cita la locandina del primo lungometraggio cinematografico dedicato alla saga ideata da Gene Roddenberry (Star Trek del 1979, regia di Robert Wise). Gli elementi della narrativa fantascientifica più tradizionale non si fermano ovviamente alla cover, poiché Bepi Vigna, in veste di curatore del soggetto e della sceneggiatura, mette in scena una storia in bilico fra passato e presente di Nathan, dove l'attualità ed i ricordi in mezzo allo spazio ed ai vari corpi celesti sono l'occasione per parlare di viaggi stellari ma anche nell'animo umano, con sogni, sentimenti quali amore ed amicizia ed approfondimento dei rapporti umani.


Questo dato è ulteriormente evidenziato dai vari richiami ad uno degli albi più amati dai lettori di vecchia data di Nathan Never. L'albo numero 29 “L'Ultima Onda” uscito nell'ottobre del 1993 funge da base molto più di sottofondo per la storia in edicola negli ultimi due mesi. Allora il disegnatore era Stefano Casini e si parla di anni d'oro per questa serie, che però anche grazie alle ultime uscite, non solo della serie regolare, sembra mostrare ancora buone potenzialità ed intenzione di appassionare e soddisfare i lettori più affezionati e forse conquistarne di nuovi.