Un Uomo
solo al Comando?
Recentemente
parlavo con un giovane collega di Politica e di partiti
politici.
La cosa
purtroppo non è così frequente, tanto meno scontata e mi rendo
conto che pago e magari un po' patisco la distanza anagrafica fra
chi, come me, è nato negli anni 70 ed ha conosciuto i “partiti
storici”, italiani e non solo, ed un giovane uomo per cui nomi come
Occhetto, Craxi, Clinton, Blair o Schroeder (non il piccolo
pianista amico di Charlie Brown) stanno accanto a quelli di
Garibaldi ed Enrico VIII.
Per farla
breve il mio curioso e simpatico interlocutore si stupiva del fatto
che il PD avesse indetto un Congresso straordinario due mesi
dopo la “scoppola” rimediata alle ultime Elezioni Politiche. O
meglio, si chiedeva, in fondo, che diavolo fosse un Congresso, non a
cosa potesse servire (in merito al PD me lo chiedo anch'io, ma
per ragioni differenti), ma proprio cosa indicasse il termine.
Ed io giù a
raccontargli di come un tempo PCI, PSI, DC periodicamente si
radunassero in momenti collettivi, dove i vari esponenti si
confrontavano su temi e prospettive, si presentavano e votavano
mozioni, si eleggevano segretari e segreterie, si componevano
direzioni, si litigava su tesi e interpretazioni, nascevano correnti
e così via. Stupore e incredulità negli occhi del paziente collega,
che faticava a capacitarsi di come ci fosse bisogno di nominare
delegati, ascoltare discorsi fiume, votare su programmi e discutere
su parole e messaggi come “fine della spinta propulsiva della
Rivoluzione d'Ottobre”, “convergenze parallele”, “unità
nazionale”, “eurocomunismo” e altro ancora.
La
confusione e lo smarrimento aumentava nel momento in cui accennavo al
concetto di “strutture intermedie”, ovvero quelle che un
tempo caratterizzavano le democrazie dell’Europa occidentale: le
sezioni, le associazioni, i circoli politici, le organizzazioni
giovanili che preparavano i futuri leader, i sindacati e altro ancora
che svolgevano l'importante ruolo di connessione e contatto tra la
politica a livello locale/statale e gli individui, fossero
iscritti/attivisti o semplici simpatizzanti.
Tutto questo
fa ormai parte della Storia, solo parvenze di ciò che un tempo fu
rimangono, sbiadite ed incolore, in una marginale parte delle forze
politiche attualmente presenti sullo scenario europeo. Prevale la
ricerca di un leader, che rende obsoleta e fastidiosa ciò che
ormai viene considerata una sovrastruttura, antica e perniciosa. La
rappresentanza non viene cercata attraverso passi intermedi, che
ricevano e trasmettano, bensì mediante la individuazione di un
leader, unico e totale, a cui rivolgere una forma inedita e riveduta
di culto assoluto, persino al di là di temi e riflessioni, messaggi
e visioni politico-sociali.
La figura
del Segretario, per
quei casi in cui sia ancora nominalmente presente, non riveste più
il ruolo che aveva un tempo, ovvero capace leader cresciuto nella e
attraverso la partecipazione, imparando ed allenandosi a divenire
tribuno del popolo, nell'accezione più positiva dell'espressione, al
vertice ed al servizio di movimenti sociali ben radicati, con
ambizioni politiche collettive. Situazione ancora più sconsolante in
quelle formazioni politiche che non prevedono alcun processo
democratico di investitura e riconoscimento di leader, o che,
coscientemente e con calcolato opportunismo e plateale ruffianeria,
si negano la qualifica di Partito.
Si sono
smarrite le connessioni tra sindacati, cooperative, sezioni di
partito e lo Stato, che hanno fatto sì che ci fosse vera politica
rappresentativa, ovvero che si creasse e curasse il collegamento fra
la politica rappresentativa stessa ed una più ricca rete di
coinvolgimento, che per decenni ha fatto sentire partecipi milioni di
cittadini.
Le varie
crisi che si sono succedute negli ultimi 20 anni hanno smantellato
molto, se non proprio tutto, ed è mancata una adeguata risposta
della Politica, della Sinistra in particolare. Ora agendo una brusca
e non proprio culturalmente onesta, sotto il profilo
storico-culturale, ellissi a livello temporale, giungo agli ultimi
anni. I nuovi partiti/movimenti di fatto si presentano quali mere
macchine propagandistiche in permanente
campagna elettorale, megafoni di voci, trasmettitori di slogan
mutevoli e cangianti secondo i calcoli del momento, veicoli
elettorali piuttosto che raggruppamenti politici quali soggetti
portatori di una visione, di una idea, di una modalità di
interpretare, studiare il territorio e amministrare. Non ci sono o
hanno perso importanza le sezioni, i circoli, le assemblee
territoriali o qualcosa che anche solo vagamente possa assomigliare
ad una struttura democratica interna.
Così M5S
in Italia, Podemos in
Spagna e altre sigle in Europa hanno fatto proprio il modello che 24
anni fa Forza Italia
introdusse e che ha praticamente reso l'unico in cui per molti di noi
sia possibile riconoscere la Politica del 21° secolo: leader
carismatici che sanno utilizzare/manovrare i media, che non si
definiscono politici di professione, che si circondano solo di
fedelissimi che non possano fargli ombra o sostituirli, che affermano
di lottare nel nome della gente contro caste,
élite, poteri forti o
chissà cos'altro che non
rappresentino la suddetta gente, nonostante all'interno della loro
entità politica non esistano strutture democratiche, o quelle
esistenti siano svuotate di ruolo e significato. Non
c'è più l'iscritto, il militante, il simpatizzante attivo, bensì
si cerca, si crea e si stimola il “tifoso”.
Così si
spaccia per democrazia diretta il culto di un
“deus ex machina”, agognato e
riconosciuto, che si faccia carico di pulsioni e che “liberi” il
popolo dalla fastidiosa partecipazione alla vita politica, roba
sporca e che corrompe. In “aiuto” del leader si organizzano
votazioni on-line, referendum su piattaforme telematiche od
organizzate in un pomeriggio, tali da rendere inequivocabile una
investitura “popolare” ed allo stesso tempo facili da manipolare,
smentire o ribaltare.
Si assiste e
siamo pertanto al medesimo tempo protagonisti di una declinazione
post-post moderna del modello partitico, che ne viene svuotato di
ogni connotazione di stimolo alla partecipazione (e
quindi alla libertà ed alla interpretazione critica dei messaggi e
della realtà), in favore di un culto
messianico, giocato esclusivamente sul campo dei media, che si
risolva nell'essere fan di uno o dell'altro. Condivisioni di post,
“like” come se piovesse, slogan vuoti ma facili da imparare a
memoria per essere ripetuti come mantra in ogni occasione e tutto
l'armamentario a metà fra tifo da stadio e talent show.
Il
declino della partecipazione democratica è così reso ancora più
veloce, per la gioia dell'”eroe popolare”,
che si serve della gente, del popolo, dei
fan, per non essere disturbato nella sua autoreferenziale azione di
protezione della propria carica, sia esso padrone del proprio ruolo o
mero esecutore delle volontà di chi lo ha fatto arrivare dove si
trova, sia un self made man od un soggetto eterodiretto.
La Sinistra?
Rientra nello sconsolante scenario attuale. Al suo interno,
storicamente, ci sono stati casi di culto del leader, al limite
dell'idolatria. A lungo ciò è risultato funzionale, poiché consci
del ruolo Segretari e Leader hanno utilizzato il proprio ascendente e
le proprie abilità nello stimolo e nell'invito rivolto alle masse ad
interessarsi alla vita politica, non limitandosi a esserne mero eroe,
sapendo anche interpretare ciò che fosse utile e buono per le stesse
masse, agendo con lungimiranza e visione prospettica. Ora, per le
trasformazioni sociali ed economiche che subiamo e che facciamo
radicalizzare per ignoranza, incapacità o anche solo pigrizia,
l’azione collettiva non è più un'opzione
praticabile, se non per questioni marginali e
meno che locali, per cui è diventato difficile ristabilire una più
profonda azione di coinvolgimento. Quindi
rischiamo l'implosione culturale che ci porti ad essere spettatori in
un mondo in cui la politica sia coincidente e declinata quale culto
dell’uomo solo al comando. Pertanto si
sostiene con parole e slogan e si vota uno schieramento politico in
quanto emanazione di una figura forte, unica incarnazione di un solo
carattere, non di un ideale o di una opzione, e quindi facile a
cadere in disgrazia nel momento in cui ciò che era il “nostro”
eroe ci diventa antipatico, non più utile oppure scomodo,
coinvolgendo nella sua caduta l'intero partito o quello che ne era
rimasto.