giovedì 29 novembre 2018

La Ragazza con la Leica

La Ragazza con la Leica (2017) di Helena Janeczek
 
La curiosità era stimolata dalla foto sulla copertina, incentivata dall'ambientazione storica del romanzo, ovvero gli anni 30 del '900 e la Guerra Civile Spagnola, definitivamente passata a scelta di leggere “La Ragazza con la Leica” quando ho capito che avrei potuto leggere di una donna, di uomini ed altre donne che mi avrebbero catturato con le loro vite ed i loro destini.
Romanzo non-romanzo, la scrittura di Helena Janeczek non è facile e richiede concentrazione ed un pizzico di determinazione nel continuare a leggere, sia per lo stile elegante ma non sciolto o agevole, sia per la scelta di sovrapporre piani temporali, narrazioni e personaggi dai cui ricordi ed emozioni prende il via e continua un lavoro di ricerca e scoperta di fatti, vicende storiche, accadimenti privati e di conoscenza di caratteri.

La narrazione spesso procede per immagini, non sempre del tutto “a fuoco”, poiché quando le vicende sono raccontate da più persone e da diversi punti di vista, accade di vederne più aspetti, mai assoluti o completi, ma quasi per forza di cose “parziali”. L'uso dell'espressione “a fuoco” non è casuale poiché sia la protagonista, di cui il lettore ammira le immagini, sia una parte dei suoi amici e compagni sono fotografi e della fotografia vivono le peculiarità, dalle fotografie scattate personalmente e a loro scattate parte tutto il libro.



Gerda Taro, nata Gerta Pohorylle a Stoccarda nel 1910, tedesca di origine polacca (come l'autrice), ebrea e comunista, morta nel 1937 a Brunete, dove si era recata per uno dei suoi reportage fotografici, durante la guerra civile spagnola, è il centro della narrazione, da lei si parte ed a lei si giunge. Per anni dimenticata, ora con questo libro se ne ricorda la figura. Ma il libro non è solo un omaggio ad una giovane donna, intraprendente, carismatica, molto bella ed affascinante, volitiva e determinata, ma soprattutto il risultato di un grande lavoro di ricerca e studio. Studio di un periodo storico, reso in modo emozionante e coinvolgente, ricerca sui personaggi, sui loro vissuti e le emozioni che hanno provato e trasmesso, analisi dei contesti e delle dinamiche che li hanno generati e da cui sono stati influenzati.

La scrittura, si è detto, è elegante e ricercata, la lettura non sempre semplice, ma in fondo lo sforzo è ripagato dal gusto di avere tra le mani un'opera di valore e che probabilmente elargisce ulteriori stimoli e sensazioni anche a distanza di tempo.



Consigliarne la lettura o, addirittura, farne dono a qualcuno con l'idea di proporre un romanzo femminile o al femminile, sarebbe un errore a mio avviso. Non è del tutto un romanzo, forse un insieme di oggetti e procedimenti letterari, dove un minimo di involuzione nello stile aiuta a comprendere come le tre voci che compongono le tre parti principali del libro siano forse da accomunare a tre satelliti che hanno orbitato attorno ad un eccezionale corpo celeste. Quel corpo celeste era Gerda Taro, grazie a lei ed a Helena Janeczek leggiamo di vite, di uomini, di donne, di una Europa lontana ma che sentiamo vicina pagina dopo pagina.





lunedì 26 novembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.278

Guarda, io vorrei tanto farti salire e dartela subito, ma siccome il mio analista sostiene che voi siete quasi tutti stronzi, allora preferirei aspettare e magari dartela la prossima volta se per te non è un problema. 
(Sara/Anna Foglietta in "Tutta colpa di Freud", di Paolo Genovese - 2014)



 

giovedì 22 novembre 2018

Voi che li avete votati...














Voi che li avete votati:

Avete votato per la salvaguardia dell'ambiente, vi trovate con un decreto che consente di innalzare i limiti degli idrocarburi contenuti nell'opera di smaltimento dei fanghi in agricoltura;

Avete votato per l'onestà, vi trovate con un decreto che consente agli evasori fiscali di farla franca (anche se non lo si può chiamare condono);

Avete votato per la legalità; vi trovate con un decreto che sana gli abusi edilizi, anche quelli che contribuiscono al dissesto idrogeologico (anche questo non possiamo chiamarlo condono, sebbene gli effetti siano gli stessi);

Avete votato per una politica contro le mafie; vi trovate con una riscrittura delle leggi che di fatto facilita ai mafiosi, attraverso dei prestanome, di tornare in possesso dei beni loro sequestrati;

Avete votato per i diritti civili ed i diritti umani; vi trovate come Presidente della Commissione Diritti Umani una come Stefania Pucciarelli, che nel 2012, commentando la notizia di un cittadino che aveva sparato a un gruppo di Rom, scrisse che, considerata l’entità del risarcimento, avrebbe dovuto prendere meglio la mira, nel settembre dello stesso anno criticò l’adozione da parte delle coppie gay, sostenendo che fosse una pratica contro natura, nel 2017 mise like a un post che parlava di forni crematori per gli stranieri;

Avete votato per diminuire le differenze fra Nord e Sud; vi trovate con la proposta di abolire il valore legale del titolo di studio, ovvero che le lauree non avranno più lo stesso valore, ma in tutti i concorsi (anche pubblici) diventerà legale discriminare gli Atenei (provate ad immaginare quali saranno considerati, anche arbitrariamente, di eccellenza e quali no);

Avete votato perché il merito fosse più forte delle raccomandazioni e delle amicizie; vi trovate con ministri, sottosegretari, collaboratori e portavoce incompetenti, ignoranti ed arroganti, investiti di un ruolo solo in virtù di essere fedeli e sodali di Di Maio, Casaleggio e gli altri della cricca;

Avete votato per la certezza delle condanne e la Giustizia certa, vi trovate con il Ministro della Giustizia e l'intero Governo che sono convinti che i processi, in Italia, durino troppo solo a causa della prescrizione;

Avete votato per la certezza delle condanne e la Giustizia certa (bis), vi trovate con il Ministro della Giustizia che sostiene che “la riforma della prescrizione è necessaria perché le vittime delle stragi attendono giustizia!”, quando l'art. 157 del codice penale, già oggi, stabilisce che NON ESISTE PRESCRIZIONE per i reati la cui pena è pari all'ERGASTOLO e l'art. 422 del codice penale prevede l'ERGASTOLO per il reato di STRAGE;

Avete votato perché tutti avessero un lavoro, vi trovate con una elemosina di tre mesi a fronte di tassi di disoccupazione sempre più preoccupanti e con l'invito al lavoro nero;

Avete votato per la Cultura ed il Sapere diffuso, vi trovate con una legge di bilancio che prevede 26 milioni di euro in meno per la cultura, ovvero il Governo ha deciso di ridurre drasticamente le agevolazioni fiscali, e più in generale le misure economiche, a favore di cinema, musei, case editrici e librerie, oltre a prevedere una considerevole riduzione del bonus cultura per i diciottenni (d'altra parte se arrivi al Potere grazie all'ignoranza e parlando alla pancia dei cittadini non puoi volerne nutrire le menti, fosse mai che capiscano quanto siete cialtroni);

Avete votato per la Democrazia, il Progresso, l'Uguaglianza, una Società più giusta, e vi trovate con ministri razzisti, omofobi, antiabortisti, sessisti;

E chissà cos'altro ci riserveranno prossimamente Di Maio, Toninelli, Tria, Salvini, Fontana e gli altri...

Siete ancora sicuri di aver fatto bene a votare MoVimento 5 Stelle?








martedì 20 novembre 2018

La Grande Guerra # 17

LA PROPAGANDA


Durante durante la “Grande Guerra” importante ruolo rivestì la propaganda.
Per quanto riguarda il Regno d'Italia essa si rivolse, specialmente durante le ultime fasi del conflitto, alla gran massa di combattenti. L'opera di propaganda, di natura essenzialmente ideologica, venne affidata ad un apposito servizio dell'esercito. Numerosi furono gli uomini di penna e di teatro, i letterati e gli artisti chiamati a collaborare all'opera di sensibilizzazione e proselitismo fra le truppe. Si fece ricorso ad ogni mezzo: dai giornali di trincea ai manifesti, dalle conferenze agli spettacoli, nei rari momenti di ritrovo collettivo, nei brevi intervalli fra una battaglia e l'altra.




















Ma, al di là di qualsiasi espediente ed appello propagandistico, ruolo particolare rivestì una canzone. “La Leggenda del Piave” si impose fra i combattenti e la gente comune (il fronte interno) con un'eccezionale forza di suggestione. Composta da E. Alberto Mario e lanciata a pochi mesi dalla fine della guerra, ma quando ancora la sua sorte rimaneva incerta, essa seppe far vibrare le corde dell'emozione collettiva e del sentimento nazionale. Al punto che finì per imprimere nella memoria degli italiani il Mito della Grande Guerra come emblema dell'unione fra popolo e nazione, fra esercito ed istituzioni.
Prova della sua forza e della sua longevità se ne ha anche in una scena di un popolare film ispirato alle opere di Giovannino Guareschi, dove negli immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale il sindaco comunista di Brescello, Peppone, non riesce a rimanere insensibile alle note della “Leggenda del Piave” che il parroco del paese, il rivale fraterno Don Camillo, fa risuonare durante un suo comizio.



Proposta sotto altre forme, l'azione di propaganda si rivelò essenziale per rafforzare lo spirito pubblico a favore della guerra per tenere unito il fronte interno. Si trattava di allineare la stampa alle direttive del governo, di mettere a tacere ogni voce di dissenso, in modo tale che la censura divenne uno strumento di intervento permanente, al fine di rendere sempre più intensa la mobilitazione civile per assicurare nuovi mezzi alle crescenti necessità materiali del conflitto. A cominciare dalle risorse finanziarie occorrenti per alimentare la macchina bellica, che vennero raccolte mediante una serie di prestiti nazionali emessi a ripetizione.




lunedì 19 novembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.277

Dr. Holloran: Come mai non siete vestito elegante?
Nobbs: Sono un cameriere.
Dr. Holloran: E io un medico, siamo entrambi travestiti da ciò che in realtà siamo... una bella maschera.

(Dr. Holloran/Brendan Gleeson e Albert Nobbs/Glenn Close in "Albert Nobbs", di Rodrigo Garcìa - 2011) 





venerdì 16 novembre 2018

Giallo, Noir & Thriller/60


Titolo: La Principessa di Ghiaccio
Autore: Camilla Läckberg
Traduttore: Laura Cangemi
Editore: Marsilio - 2010




La Principessa di Ghiaccio” è il primo libro della serie di Patrik Hedström ed Erica Falck, per la penna di Camilla Läckberg.
Il primo dei soli due che ho letto della serie, ma che mi sono bastati per farmi un'idea, del tutto personale, stimolarmi un'impressione che mi ha fatto decidere di non leggerne i successivi capitoli.

L'intera vicenda è ambientata in un piccolo paese, poco più di un villaggio di pescatori, sulla costa orientale della Svezia, Fjällbacka, che è anche il luogo di nascita dell'autrice. Tale scelta si rivela per buona parte del romanzo vincente ed intelligente, date le accurate descrizioni, non solo dei luoghi ma anche degli abitanti, del clima e dell'aria che si respira. Uomini, donne, case, strade, sentieri, così come i dialoghi, i profumi e gli odori catturano il lettore, che si trova a godere di una scrittura che sembra partire dal dato visivo per poi sviluppare gli eventi e i protagonisti degli stessi. Quest'ultimo elemento, probabilmente, ha giocato un suo ruolo nel favorire la realizzazione di una serie televisiva dedicata alla serie.



Mi è particolarmente piaciuto l'incipit del romanzo, molto incisivo e coinvolgente, dove l'elemento visivo, come detto, sembra rivestire un ruolo decisamente importante. La lettura, purtroppo, nel prosieguo, pur non risultando mai difficile, grazie a d uno stile tutto sommato fluido, viene appesantita da una certa prolissità dell'autrice. Probabilmente qualche pagina in meno per capitolo, l'assenza di qualche descrizione e approfondimento non strettamente necessario avrebbero giovato.

Quello che in particolare non mi ha convinto del tutto è che si capisce fin da subito che i due protagonisti finiranno per innamorarsi. Il passaggio da un'indagine ad un racconto di romantico sviluppo mi è sembrato brusco, con le descrizioni della loro storia d'amore e della vita insieme che tendono ad occupare fin troppo spazio.

Come dire gli ingredienti, anche se non proprio originalissimi, c'erano tutti, ma il risultato non è esaltante. Una lettura consigliabile a chi non è propriamente un patito di gialli-thriller, ma che magari vuole accostarsi al genere con cautela e partendo da lontano.


Erica Falck è tornata nella casa dei genitori a Fjällbacka, incantevole località turistica sulla costa occidentale della Svezia che, come sempre d'inverno, sembra immersa nella quiete più assoluta. Ma il ritrovamento del corpo di Alexandra, l'amica d'infanzia, in una vasca di ghiaccio riapre una misteriosa vicenda che aveva profondamente turbato il piccolo paese dell'arcipelago molti anni prima. Erica è convinta che non si tratti di suicidio, e in coppia con il poliziotto Patrik Hedström cerca di scoprire cosa si nasconde dietro la morte di una persona che credeva di conoscere. A trentacinque anni, con la sensazione di non sapere bene cosa volere nella vita ma stimolata da un nuovo amore, approfitta del suo status di scrittrice per smascherare menzogne e segreti di una comunità dove l'apparenza conta più di ogni cosa. (da ibs.it)





mercoledì 14 novembre 2018

Animali Notturni (2016)


È sempre molto bello e stimolante quando un regista ed uno sceneggiatore hanno tante idee e svariate intuizioni, lo si può considerare come il prodromo ad una prolifica produzione ed a varie opere interessanti. Quando però accade che regista e sceneggiatore siano la stessa persona e questa persona scelga di scrivere e girare un film inserendo tutta una serie delle sue idee, intuizioni e temi a cui si è interessato, il risultato potrebbe non essere dei migliori.

Tom Ford con “Animali Notturni” ha scelto questa strada. Forse ha fatto una scommessa, magari un tentativo, che, a mio parere, non gli è riuscito del tutto.


La sua regia è molto attenta, le inquadrature in alcune sequenze risultano perfette, con un notevole gusto della geometria ed una non indifferente cura ed attenzione ai volti. In più la luce e la fotografia esaltano la recitazione dei personaggi, tra cui i bravi Amy Adams e Jake Gyllenhaal. Rimane però la sensazione di essere incerti di fronte a cosa sia questo film. Ford sembra non scegliere un genere od una particolare idea, alternando melodramma e noir, critica sociale e western, ed in questo non aiuta neanche il suo girovagare fra linee narrative. Il presente, il passato e la narrazione che deflagra dalla lettura di un romanzo si rubano forza e presenza l'una con l'altra, depotenziando l'effetto complessivo. Per quanto la linea narrativa originata dal romanzo letto dal personaggio interpretato dalla Adams occupi lo spazio maggiore e goda di un buon apporto recitativo, questa impedisce lo sviluppo di ulteriori filoni che avrebbero potuto essere interessanti. La critica al vuoto mondo delle gallerie d'arte, così come il tema sul classismo insito nell’alta società wasp americana, vengono ridotti sullo sfondo, quasi come elementi decorativi, evidenza di una formalità stilistica del regista, elegante ma poco funzionale, così evidente in alcune scene dove personaggi vengono presentati per mai più ritornare.



Ford ambisce a fare un film complesso, di una certa raffinatezza visiva, ma a cui non corrisponde profondità narrativa. La realtà della protagonista femminile ed il romanzo scritto/vissuto da quello maschile si intrecciano, non si sa bene quanto per i sensi di colpa della prima e quanto per volontà del secondo. Il tema della vendetta (la parola Revenge campeggia a caratteri giganti nella galleria d'arte) prende il sopravvento, quantomeno in termini di minutaggio, ma altri temi ed argomenti vengono accennati, ingolosendo lo spettatore che fatica ad accontentarsi della evidente bellezza estetica e formale di un film più ambizioso che riuscito.

Susan Morrow riceve il manoscritto intitolato "Nocturnal Animals" dal suo ex marito Edward Sheffield, con cui si era separata vent'anni prima, in cui sono raccontate le tragiche disavventure di Tony Hastings, un uomo in vacanza con la famiglia. Sentendosi chiamata in causa dal manoscritto, Susan sarà costretta a riflettere sul proprio passato e su alcuni lati oscuri della sua personalità. (da cinematografo.it)

lunedì 12 novembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.276

Parlerò in diretta su tutte le reti, metterò il completo blu di Cerruti... E mi ci vorrà un bel discorso, Jerry! Un frullato di dichiarazioni memorabili con un tono di fondo più alla mano, amichevole. Un misto tra Abramo Lincoln e la famiglia Robinson tanto per avere un'idea. 
(Presidente Dale/Jack Nicholson in "Mars Attacks!", di Tim Burton - 1996)



venerdì 9 novembre 2018

I Guardiani della Galassia (2014)



A proposito di quanto scritto sul film “Doctor Strange”, uno dei commenti che mi sono stati rivolti è che sembra che io non abbia accettato le regole del gioco dei film Marvel. Ovvero che li guardi come con un occhio fin troppo critico, senza lasciarmi coinvolgere dalle caratteristiche e peculiarità dell'universo Marvel.

Questa critica credo sia solo parzialmente fondata. Ritengo non solo di accettare le regole (esattamente poi quali sono?) e gli stilemi dei film ispirati, forse dedicati, agli eroi Marvel, ma in qualche modo di divertirmi da pazzi nel vederli e farmi catturare dalle immagini e dai suoni. Accetto e condivido personaggi, emozioni e vicende al punto tale da appassionarmi agli stessi e di rivolgere loro affetto e attenzione. Motivo per il quale mi importa di loro e, se è il caso, dopo una visione provo entusiasmo oppure delusione, soddisfazione o avverto qualche punto critico sotto l'aspetto narrativo, visivo o di resa delle vicende e dei caratteri.

Rimane però una parte di verità nell'appunto fattomi, ovvero non posso fare a meno di inserire i film Marvel degli ultimi anni fra le operazioni più commerciali che artistiche. Accettare che l'universo Marvel giochi con sue regole e su un terreno proprio, ad un gioco di cui è padrone di campo, pallone, attrezzature e forse anche arbitro, non comporta però che si debba abbandonare totalmente l'approccio critico alle sue produzioni. Sono pur sempre film, con grandissimi budget ed effetti speciali e di computer grafica di alto livello, che vantano cast unici nel genere, ma che non possono (non devono?) sottrarsi all'analisi cinematografica, sotto i suoi vari aspetti.



Comunque, giusto per mostrare come non sia solo un criticone incontentabile e brontolone, offro qualche riga a favore di quello che al momento mi sembra il migliore fra i film proposti dal team Marvel-Disney.
Sto parlando de “I Guardiani della Galassia”.
Ma come? Personaggi totalmente minori, quasi dei riempitivi, un regista che non ha mai avuto a disposizione tali budget e cast di livello, una serie di situazioni al limite del comico-grottesco, effetti speciali di livello minore rispetto ad altre produzioni mi fanno scrivere che questo è il film migliore della lunga, probabilmente infinita serie?



Prima che i pochi pazienti lettori rimastimi mi abbandonino scuotendo la testa, arrivo al punto centrale e poi proverò ad argomentare: “I Guardiani della Galassia” offre avventura pura, azione coinvolgente, ironia, una serie di personaggi azzeccati, ovvero una banda di eroi perdenti, mortificati, disadattati, delinquenti, che al ritmo di una divertente colonna sonora sapientemente utilizzata svolgono il loro compito al meglio, ovvero divertono lo spettatore mescolando il meglio della fantascienza mainstream con l'azione e la capacità di essere intelligentemente sopra le righe.


Non c'è nulla di superomistico, niente spacconate alla Thor o complessità interiore mal esplicitata di Captain America, si evita l'aria da miliardario annoiato di Tony Stark o quella straziata di Bruce Banner. Si punta a divertire e divertirsi, con abilità ed una libertà artistica e narrativa non solo invidiabile ma messa ottimamente a frutto.
Le citazioni e gli omaggi a precedenti capisaldi dei generi (I Predatori dell'Arca Perduta e la prima trilogia di Guerre Stellari) sono evidenti e godibili, ma vengono arricchiti e personalizzati con lungimiranza in modo tale da non risultare meri calchi, anzi aggiungono linfa all'incontro fra stili e caratteristiche. Linfa che si spera giunga a rinvigorire e migliorare anche il filone principale della narrazione Marvel, che ultimamente rischia di raschiare il fondo del barile, sotto vari aspetti.




mercoledì 7 novembre 2018

Un Brano ed un Artista Jazz #5 - Sarah Vaughan



A fare di Sarah Vaughan una vera divina del jazz è stata un'estensione vocale fuori dal comune ed un controllo del fraseggio che le permetteva di ridisegnare una canzone secondo l'ispirazione e l'umore del momento. Nata nel New Jersey nel 1924, trovò nel mitico Apollo Theatre di New York il luogo ideale dove esprimere il suo talento. Così Sassy, come venne soprannominata, attraversò gli anni quaranta accompagnata dalla big band di Earl Hines e poi da quella di Billy Eckstine, a cui rimase legata tutta la vita considerandolo ancora più di un mentore.
Grazie a Eckstine, la Vaughan entrò in contatto con fuoriclasse come Dizzy Gillespie e Charlie Parker, divenendo così esponente di spicco del bepop. Infatti stando vicino ai suoi massimi esponenti, la Divina riuscì ad affinare un canto libero da schemi prestabiliti, potendo così permettersi di confrontarsi sia con brani dalla evidente complessità armonica, sia con l'eleganza delle canzoni di Gershwin. Con il padre della canzone moderna americana la Vaughan si confronterà per la prima volta nella metà degli anni cinquanta. E But Not For Me verrà ricordata nella sua interpretazione unica, caratterizzata da una intensa ed emozionante varietà espressiva.



Old Man Sunshine, listen, you
Never tell me dreams come true
Just try it, and I'll start a riot
Beatrice Fairfax, don't you dare
Ever tell me he will care
I'm certain, It's the final curtain
I never want to hear from any cheerful Pollyannas
Who tell you fate supplies a mate, it's all bananas
They're writing songs of love, but not for me
A lucky star's above, but not for me
With love to lead the way
I found more skies of gray
Than any Russian play could guarantee
I was a fool to fall, and get that way
Hi-ho, alas, and also lack-a-day
Although I can't dismiss
The memory of his kiss
I guess he's not for me
Although I can't dismiss
The memory of his kiss
I guess he's not for me

Compositori: George Gershwin / Ira Gershwin

lunedì 5 novembre 2018

Citazioni Cinematografiche n.275

Sono cose che dispiacciono, nella vita si può anche morire... 
(El Chuncho/Gian Maria Volontè in "Quién sabe?", di Damiano Damiani - 1966)



venerdì 2 novembre 2018

Ti piacciono queste, Andy?



David Bowie nel film “Basquiat” di Julian Schnabel vestì i panni di Andy Warhol.
Nel 1971 incise la canzone “Andy Warhol” e quando la eseguì di fronte allo stesso Warhol come omaggio, dopo un imbarazzante silenzio pare si udirono solo le parole dell'artista statunitense: “Mi piacciono le tue scarpe”. Evidentemente la canzone non gli era piaciuta!



Lou Reed e John Cale avevano qualche motivo in più per omaggiare Warhol, quindi pensarono bene di dedicargli non solo una canzone ma un intero concept album “in memoria”. Emozionante ed a tratti struggente, forse perché sapevano bene di non indossare scarpe che avrebbero incontrato i favori del loro mentore.




Altri hanno provato a ricordare, celebrare o semplicemente dedicare un brano al fondatore della Factory. Chissà cosa ne penserebbe Andy!

Bodega - Warhol

Despair - Andy Warhol


Little Joy - How to Hang a Warhol


The Times - My Andy Warhol Poster

Dean & Britta - Silver Factory Theme