(Juliette Lewis in “Cape
Fear”, di Martin Scorsese - 1991)
Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze. Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
venerdì 31 luglio 2020
martedì 28 luglio 2020
La vita gioca con me, di David Grossman
Titolo:
La vita gioca con me
Autore:
David Grossman
Traduttore:
Alessandra Shomroni
Editore:
Mondadori - 2019
Non è una
lettura facile quella di “La vita gioca con me”, ultimo
libro di David Grossman pubblicato in Italia da Mondadori.
Affatto
facile per lo stile dell'autore che, per quanto curato e tutto
sommato “offerto al lettore”, risulta pagina dopo pagina
sicuramente impegnativo ed a tratti difficile dato il continuo
alternarsi fra presente e passato, fra attuale e ricordi e vissuti.
Difficile
inoltre per la profondità e l'insistere, quasi doloroso per chi si
facesse catturare dalle pagine, su due temi enormi e fondamentali:
l'amore e l'identità.
Ne nascono
interrogativi e problemi che il lettore non può fare a meno di
spostare dai protagonisti del romanzo a sé. Scrivo protagonisti, ma
forse sarebbe meglio riferirsi a protagoniste, tre per la precisione,
con l'aggiunta di due elementi maschili, uno vivo e in azione
diretta, l'altro defunto e operante attraverso i ricordi ed i
racconti di chi lo ha amato.
Iniziando da
un plot, un tema tutto sommato ad una prima analisi ampiamente
utilizzato e sviscerato, ovvero come da più generazioni si generino
tanti ricordi e molteplici versioni di una stessa storia, così come
una buona dose di segreti nascosti per anni e sentimenti
contrastanti, David Grossman ne “La vita
gioca con me” riesce con efficacia e tanto calore a raccontare “la
resa dei conti” (una possibile
versione di essa) in una famiglia in
cui i ricordi stessi e le varie omissioni hanno creato ferite che
sembrano impossibili da curare, tanto meno da rimarginare.
È un
romanzo che vive di contrasti, di coppie
oppositive, quali, tra le tante, madre-figlia, passato-presente
(quale futuro?),
colpa-perdono, accudimento-abbandono e ancora altre, intensamente
rappresentate attraverso i dialoghi ed i discorsi meravigliosi fra
madri e figlie e le metafore ed analogie che Grossman ci presenta con
una crudeltà ammantata di garbo e quel tanto di intelligente astuzia
che stimola la lettura.
Non
inserisco rimandi alla trama e informazioni ulteriori riguardo i
fatti narrati, sia perché non mi piace farlo (spesso
neanche leggerli), sia perché ritengo sia
più gustoso per chi lo desiderasse scoprirli per conto proprio,
nella lettura di un romanzo che sa essere “violento” nei
confronti di sensibilità del lettore, così come intenso verso il
lettore medesimo nel porgli interrogativi quali “quanto lotteresti
per preservare te stesso e la tua identità” e “quanto sei
disposto a sopportare per amore?”, oltre a quanto e cosa sono in
grado di sopravvivere l'identità e l'amore stesso.
"Tuvia era mio
nonno. Vera è mia nonna. Rafael, Rafi, mio padre, e Nina… Nina non
c'è. Nina non è qui. È sempre stato questo il suo contributo
particolare alla famiglia", annota Ghili nel suo quaderno. Ma
per la festa dei novant'anni di Vera, Nina è tornata; ha preso tre
aerei che dall'Artico l'hanno portata al kibbutz, tra l'euforia di
sua madre, la rabbia di sua figlia Ghili, e la venerazione immutata
di Rafi, l'uomo che ancora, nonostante tutto, quando la vede perde
ogni difesa. E questa volta sembra che Nina non abbia intenzione di
fuggire via; ha una cosa urgente da comunicare. E una da sapere.
Vuole che sua madre le racconti finalmente cosa è successo in
Iugoslavia, nella "prima parte" della sua vita, quando,
giovane ebrea croata, si è caparbiamente innamorata di MiloŠ,
figlio di contadini serbi senza terra. E di quando MiloŠ è stato
sbattuto in prigione con l'accusa di essere una spia stalinista.
Vuole sapere perché Vera è stata deportata nel campo di
rieducazione sull'isola di Goli Otok, abbandonandola all'età di sei
anni e mezzo. Di più, Nina suggerisce di partire alla volta del
luogo dell'orrore che ha risucchiato Vera per tre anni e che ha
segnato il suo destino e poi quello della giovane Ghili. Il viaggio
di Vera, Nina, Ghili e Rafi a Goli Otok finisce per trasformarsi in
una drammatica resa dei conti e rompe il silenzio, risvegliando
sentimenti ed emozioni con la violenza della tempesta che si abbatte
sulle scogliere dell'isola. Un viaggio catartico affidato alle
riprese di una videocamera, dove memoria e oblio si confondono in
un'unica testimonianza imperfetta. (da
ibs.it)
lunedì 27 luglio 2020
Citazioni Cinematografiche n.365
Certi uomini sono quello che i tempi richiedono e la vita senza di loro
sembra impossibile, ma lui è morto e la vita è possibile; l'ha resa
possibile lui.
(Joe O'Reilly/Ian Hart in "Michael Collins", di Neil Jordan - 1996)
sabato 25 luglio 2020
venerdì 24 luglio 2020
martedì 21 luglio 2020
Il romanzo d'appendice funzionava, ma ora?
“Che altro
vuole che le dica? Nel romanzo d'appendice canonico, la chiave del
successo è semplice: l'eroe, l'eroina, hanno virtù o tratti che
inducono il lettore a identificarsi con loro. Se accade oggi con i
teleromanzi, immagini l'effetto in quell'epoca senza radio né
televisione, su una borghesia avida di sorprese e di distrazioni,
poco esigente quanto a qualità formale e a buon gusto... Quel genio
di Dumas lo capì, e con sapiente alchimia fabbricò un prodotto di
laboratorio: qualche goccia di questo, un po' di quello, e il suo
talento. Risultato: una droga che creava tossicomani.” Mi indicai
il petto, non senza orgoglio. “Che ne crea tutt'ora.”
(da “Il
Club Dumas”, di Arturo Pérez-Reverte – trad. Ilide
Carmignani)
lunedì 20 luglio 2020
Citazioni Cinematografiche n.364
Uomo: Non ci posso credere. Tu non sei cieco.
Zatōichi: Mai stato.
Uomo: Perché allora fai finta di esserlo?
Zatōichi: Perché chi non vede, sente meglio degli altri.
Zatōichi: Mai stato.
Uomo: Perché allora fai finta di esserlo?
Zatōichi: Perché chi non vede, sente meglio degli altri.
(Zatōichi/Takeshi Kitano in "Zatōichi", di Takeshi Kitano - 2003)
sabato 18 luglio 2020
Saggezza #7
La
saggezza non si riceve, bisogna scoprirla da sé dopo un percorso che
nessuno può fare per noi, né può risparmiarci, perché è un modo
di vedere le cose.
(Marcel Proust)
giovedì 16 luglio 2020
Summertime
Summertime
And the livin' is easy
Fish are jumpin'
And the cotton is high
Oh, your daddy's rich
And your mamma's good lookin'
So hush, little baby,
Don't you cry
One of these mornings
You're going to rise up singing
Then you'll spread your wings
And you'll take the sky
But until that morning
There's a'nothing can harm you
With your daddy and mammy
standing by.
Parole di Edwin DuBose Heyward (1885-1940), scrittore, e Ira Gershwin (1896-1983), liricista.
Musica di George Gershwin (1898-1937), compositore e pianista ebreo americano di origine russa.
Canzone dall’ “American folk opera” “Porgy and Bess” (1935), tratta dal racconto “Porgy” di Edwin DuBose Heyward.
Musica di George Gershwin (1898-1937), compositore e pianista ebreo americano di origine russa.
Canzone dall’ “American folk opera” “Porgy and Bess” (1935), tratta dal racconto “Porgy” di Edwin DuBose Heyward.
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martedì 14 luglio 2020
Samuel Stern #8 - Il Secondo Girone
Mi sto
sempre più appassionando alla serie di Samuel Stern.
Per i
disegni, anche nell'albo numero 8, ad opera di Stefano
Manieri, molto efficaci nel mettere in risalto le sfumature della
sceneggiatura, tramite inquadrature ben calibrate, un emozionante
risultato in termini di uso del contrasto tra bianchi e neri e tra
luci e ombre ed uno stile al servizio di dialoghi e personaggi.
Mi
appassiono per la cura nello sviluppo dei caratteri, così come della
trama centrale (ancora in presentazione e definizione) e di
quella dei singoli albi.
Ne “Il
Secondo Girone” questi elementi si gustano, ci si commuove e ci
si diverte, grazie ad una scrittura lineare ma non banale e a tavole
che sanno arrivare al lettore.
Un elemento
che ho sinceramente apprezzato è il fatto che la trama sembri
svilupparsi in modo tutto sommato “classico”, o quantomeno
abituale per la serie, per poi, ad un certo punto, in avanti con le
pagine, offrire una tempesta emotiva, che sconquassa tutto ciò
che il lettore ha acquisito ed anche ipotizzato, sovverte l'indagine
che sembra essere al centro della sceneggiatura e scuce e ricuce il
tutto per ricostruire la trama stessa, dare spazio ad una ulteriore
trama rimasta sottotraccia e poi creare un finale che, per quanto
sorprendente ed emozionante, in fondo mantiene una effettiva coerenza
fra quanto fin lì proposto, il nuovo sviluppo della storia e quanto
di sé aveva proposto all'inizio. Non un mero effetto sorpresa ed
un finale a sorpresa, slegato e in fondo vuoto ed autoriferito, ma
che pone domande e quesiti che sono l'anima del singolo albo così
come della serie.
La
Bugs
Comics
merita un ringraziamento, perché Samuel Stern ci voleva, un
personaggio ed una serie con queste caratteristiche che, per quanto
debitrice di altri spunti in campo fumettistico, cinematografico e di
scrittura, sta acquisendo il suo spazio ed un suo ruolo.
“Il
Secondo Girone” è un'ulteriore dimostrazione di buona scrittura, che sa
come giocare ed utilizzare le metafore, le allusioni ed i vari
riferimenti che si incontrano.
Un
esempio fra tutti il dato che “bene” e “male” siano, alla
fine, due concetti inseparabili, come due gemelle siamesi. Oppure
come i freaks, gli
emarginati dalla società, i ripudiati, i cosiddetti invisibili
ovvero persone reali, come quelle che quotidianamente ci circondano
ma che spesso non vogliamo vedere, siano i più esposti al “male”,
così che i demoni sembrano andare in secondo piano per mettere in
luce proprio i contesti e le situazioni di maggior fragilità,
occasione di riflessione su quanto potremmo fare per essere di aiuto
a chi ci vive accanto.
lunedì 13 luglio 2020
Citazioni Cinematografiche n.363
Prof. Lumacorno: Ah! Ah! Ma guarda il principe delle pozioni in persona! A cosa devo questo piacere?
Harry: Signore, mi chiedevo se potevo farle una domanda.
Prof. Lumacorno: Chiedi pure caro ragazzo, chiedi pure!
Harry: Vede, l'altro giorno ero in biblioteca nel reparto proibito e mi sono imbattuto in una cosa alquanto strana su un raro pezzo di magia.
Prof. Lumacorno: Sì? E qual era questo raro pezzo di magia?
Harry: Be', non lo so non riesco a ricordare il nome con esattezza, ma mi ha fatto pensare. Esistono alcuni tipi di magia che non vi è concesso insegnarci?
Prof. Lumacorno: Io insegno Pozioni, Harry, credo che sia meglio che tu ponga le tue domande al Professor Piton.
Harry: Ah! Sì... io e lui non la vediamo allo stesso modo, signore..quello che intendo dire è... be' non è come lei, potrebbe fraintendere.
Prof. Lumacorno: Sì... non c'è luce senza oscurità e così è con la magia, personalmente io lotto sempre per vivere nella luce. Ti consiglio di fare altrettanto.
Harry: È questo che ha detto a Tom Riddle, signore, quando è venuto a chiederglielo?
Harry: Signore, mi chiedevo se potevo farle una domanda.
Prof. Lumacorno: Chiedi pure caro ragazzo, chiedi pure!
Harry: Vede, l'altro giorno ero in biblioteca nel reparto proibito e mi sono imbattuto in una cosa alquanto strana su un raro pezzo di magia.
Prof. Lumacorno: Sì? E qual era questo raro pezzo di magia?
Harry: Be', non lo so non riesco a ricordare il nome con esattezza, ma mi ha fatto pensare. Esistono alcuni tipi di magia che non vi è concesso insegnarci?
Prof. Lumacorno: Io insegno Pozioni, Harry, credo che sia meglio che tu ponga le tue domande al Professor Piton.
Harry: Ah! Sì... io e lui non la vediamo allo stesso modo, signore..quello che intendo dire è... be' non è come lei, potrebbe fraintendere.
Prof. Lumacorno: Sì... non c'è luce senza oscurità e così è con la magia, personalmente io lotto sempre per vivere nella luce. Ti consiglio di fare altrettanto.
Harry: È questo che ha detto a Tom Riddle, signore, quando è venuto a chiederglielo?
(Prof. Lumacorno/Jim Broadbent e Harry Potter in "Harry Potter e il Principe Mezzosangue", di David Yates - 2009)
sabato 11 luglio 2020
Saggezza #6
La
saggezza non è frutto dell'istruzione ma del tentativo di acquisirla
che può durare tutta la vita.
(Albert Einstein)
giovedì 9 luglio 2020
5 film "contro il caldo"
È infine
giunta l'estate, con le sue alte temperature, il sudore, la voglia di
bibite fresche e di gelato. Se il ventilatore non basta, se il
condizionatore costa troppo e pensi già a quando tornerà il freddo
potresti provare ad ingannare un po' il cervello. Prima che faccia
definitivamente tilt e l'intero sistema si resetti, mettiti sul
divano in mutande, opportunamente fornito di telecomando, bevande
rinfrescanti e snack vari.
Cinque
titoli di film “sotto zero” ad effetto rinfrescante per provare
a superare il trauma dei trenta gradi in casa anche di notte.
Fargo,
di Joel Coen ed Ethan Coen (1996)
Frozen –
Il Regno di Ghiaccio, di Chris Buck e
Jennifer Lee (2013)
La Cosa,
di John Carpenter (1982)
30 Giorni
di Buio, di David Slade (2007)
The
Hateful Eight, di Quentin Tarantino (2016)
Bonus:
La
Marcia dei Pinguini, di
Luc Jacquet (2005)
Neve
Nera, di Martin Hodara (2017)
mercoledì 8 luglio 2020
lunedì 6 luglio 2020
Citazioni Cinematografiche n.362
Il mondo non è diviso tra persone buone e Mangiamorte! Tutti abbiamo sia
luce che oscurità dentro di noi. Ma sta sempre a noi scegliere da che
parte schierarci.
(Sirius Black/Gary Oldman in "Harry Potter e l'Ordine della Fenice", di David Yates - 2007)
sabato 4 luglio 2020
Saggezza #5
La
saggezza non consiste nel cercare di strappare il bene dal male, ma
nell'imparare a "cavalcare" entrambi, proprio come un tappo
di sughero si adatta alla cresta e al solco dell'onda.
(Bruce Lee)
giovedì 2 luglio 2020
Fuga per la vittoria (1981)
Risulta
molto difficile rendere il gioco del calcio al cinema, sport che può risultare suggestivo e di grande seguito ma molto tecnico e, soprattutto, di
squadra. Pressoché impossibile quindi da replicare con un gruppo di
attori, che magari sanno recitare (si spera) ma non è detto
siano tutti capaci di giocare a calcio a livelli più che buoni,
tanto da riuscire a rendere al meglio e superare quella sottile (?)
barriera fra finzione e realtà.
Discorso
differente per il cinema che si interessi all'atletica, il ciclismo o
altri sport dove magari, oltre a potersi concentrare sulle gesta di
un singolo, ci si può affidare con maggior agio ad alcuni
stratagemmi di ripresa e di montaggio. Così “Momenti di Gloria”,
“Rocky” ed una manciata di ulteriori esempi risultano ottimi film
sullo sport e con lo sport.
Le
difficoltà legate alle specifiche del gioco del calcio hanno fatto
sì che ci si potesse esprimere al meglio ed allo stesso tempo
rendere giustizia alla bellezza di questo sport nella trasposizione
animata degli anime (“Arrivano i Superboys”,
“Holly e Benji” su tutti) dove
molti limiti potevano essere naturalmente ovviati.
Rimane
però una meravigliosa eccezione, un film dove la messa in scena del
calcio raggiunge ottimi livelli e rende memorabile il prodotto
finale.
“Fuga
per la vittoria”,
che facendo a meno della computer grafica perché datato 1981, ha in
fondo più di una caratteristica in comune con i cartoni animati
citati. Ovvero, attraverso l'uso del ralenti (in
mancanza di replay o VAR)
ed un minimo di sospensione dell'incredulità,
al momento giusto si dichiara il tradimento del realismo e si
estremizzano i gesti tecnico-atletici. Quasi come se, in fin dei
conti, la cavalcata di Pelè
che scarta tutti con la mano sul petto vada a collocarsi nella
memoria accanto alle corse “irresistibili” di Julian Ross (il
cardiopatico di Holly e Benji), oppure il
tacco di Ardiles
faccia il paio con le evoluzioni dei gemelli Derrick.
A ciò si
aggiunge la scelta di affidarsi ad un insieme di “veri
campioni”, per ovviare al problema dei
giocatori/attori e delle difficoltà tecniche, proprie del gioco così
come del recitare giocando veramente a calcio. Perciò accanto a
Michael Caine e Sylvester Stallone (che
calciatori non lo sono neanche lontanamente e si vede!) ed
al mai abbastanza lodato Max von Sydow
si
presentano allo spettatore, oltre ai già citati campioni
sudamericani, Bobby Moore, Paul Van Himst, Russell Osman, Kazimierz
Deyna e altri ancora.
Trattando di
messa in scena urge rilevare come il regista John
Huston riesca ad evitare la mera retorica e
tutta una serie di cliché figurativi e narrativi, giungendo, quando
occorre, nei momenti culminanti del film a mettere la cinepresa, e
così il Cinema, al servizio del gioco e dei gesti atletici. Si
allarga l’inquadratura, il tempo si dilata e così il ralenti
omaggia e trasfigura l'agonismo e la tecnica, con i giocatori che
sembrano danzare, a ripetere una splendida ed emozionante coreografia
che fa sì che ogni gesto nella sua componente tecnico-atletica si
compia, accompagnato da una musica che rimane e permane, ad eternare
le immagini.
mercoledì 1 luglio 2020
Primo giorno di un nuovo mese!
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