La prima ragione per cui faccio manga è perché è divertente. Leggere un manga e divertirsi, per me è questo l’importante. Questo è il punto di partenza. Non è semplice gioia di vivere, è il sapore dell’infanzia. Ho sempre pensato che c’è del divertimento nella lettura, ed è questo che il manga rappresenta per me. Sono convinta che a tutti piacciano i personaggi felici, ma se le cose si fanno serie, come per esempio quando un personaggio muore, voglio offrire al lettore una scappatoia.
Tra i mangaka più celebri del XX secolo e oltre un posto d’onore spetta a Rumiko Takahashi. La ricordiamo come la creatrice di Lamù e Ranma, ma ha scritto e disegnato numerose serie di successo, tanto da essere comunemente nota come la “regina dei manga”.
Nel 1978 Rumiko Takahashi pubblica la prima storia di Urusei Yatsura (letteralmente ‘Gente fastidiosa’), meglio nota in Italia come Lamù.
Con Urusei Yatsura era mia intenzione creare una serie fantascientifica a sfondo comico, quasi una farsa. All’epoca non erano molti i manga di questo genere, quindi pensai di iniziare io questo nuovo filone. Però, mentre il fumetto veniva pubblicato, dalle lettere dei lettori scoprii che il loro interesse era concentrato soprattutto sull’andamento dei rapporti tra Lamù e Ataru. Questo all’inizio mi stupì, ma poi mi convinsi che si trattava di una cosa naturale.
Nel 1980, mentre Urusei Yatsura è in corso, Takahashi comincia a lavorare a Maison Ikkoku, in italiano Cara dolce Kyoko. La serie racconta la storia d’amore tra uno studente che non riesce a superare l’esame d’ammissione all’università e l’amministratrice del suo condominio, abitato da gente bizzarra.
Quando ero studentessa, dietro l'edificio in cui abitavo c'era una casa diroccata abitata da gente molto strana. Era un posto piuttosto sospetto, e questo mi incuriosiva molto: c'era un ragazzo con i capelli tinti di biondo, e alla finestra erano appesi un paio di guantoni e una maschera da kendo. Questo appartamento era un po' lontano dalla strada, e ogni tanto vedevo qualcuno che comunicava dall'interno alla strada per mezzo di una ricetrasmittente. Questo non aveva alcun senso, dato che sarebbe bastato gridare dalla finestra. Nonostante fossi ancora una studentessa, avevo già debuttato come autrice, e mi venne naturale realizzare qualcosa su quello strano appartamento. Doveva essere un dramma con risvolti umanitari, e decisi senza una particolare ragione che la protagonista sarebbe dovuta essere una vedova custode della palazzina. Poi feci apparire uno studente appena uscito da una bocciatura che si preparava per un nuovo esame di ammissione... L'elemento comico-romantico tra i due l'avevo inserito solo per dare il via alla storia, ma poi, senza accorgermene, divenne presto l'argomento principale.
Nel 1987 Takahashi si impegna in un nuovo grande progetto. Pensa a una storia a base di kung fu, sia perché ama particolarmente i film con Jackie Chan, sia perché ha voglia di divertirsi disegnando scene di combattimento. Questa è la storia di Ranma Saotome ed Akane Tendo, ovvero Ranma ½.
Da tempo pensavo a una serie con un personaggio che fosse sia uomo che donna, e dato che la maggior parte dei miei precedenti lavori aveva come protagonista una donna, questa volta ho optato per un uomo. Avevo però un certo timore nel presentare un protagonista maschile di fronte a centinaia di lettori maschi, e così ho deciso di crearne uno che fosse metà uomo e metà donna.
Inizia nel 1996 la serie Inuyasha. La giovane Kagome (la "divina" Kagome) cade nel pozzo di un vecchio tempio scintoista e finisce nel Giappone del passato. Lì scopre di essere la reincarnazione di una sacerdotessa ed eredita la sua missione: proteggere un potente talismano dai demoni che vogliono impossessarsene. Suo compagno di avventure, nemico e alleato al tempo stesso, è Inuyasha, un mezzodemone (figlio di un demone cane e di un’umana).
Rumiko Takahashi ha avuto il talento di creare storie che vanno oltre la distinzione, spesso molto rigida ed evidente, tra i generi, in ambito artistico, umano-sociale e culturale.
Ha “giocato” con la diversità, il “sentirsi incompleti”, l'essere nel mezzo, ha lavorato sul tema della tolleranza, proponendo, fra gag e situazioni fra l'ordinario ed il surreale, se non una lezione almeno una riflessione sull'accettare e sull'accettarsi.
Inoltre con i suoi personaggi e la sua ironia, ci ha mostrato che sentirsi irrisolti è normale, e può diventare l’inizio di una meravigliosa avventura da condividere con gli altri. Una lezione degna di una grande maestra del racconto popolare.
I corsivi con le dichiarazioni dell'autrice sono tratti da un'intervista del 3 agosto 1992 in Ranma ½, vol. 1, Neverland n. 39, Star comics, giugno 1996.
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