È in programmazione nei cinema italiani “Il Segreto dei
suoi Occhi”, dichiaratamente ispirato al film argentino, premio Oscar nel
2010 che portava lo stesso titolo, e di cui ho parlato in un post datato 12 gennaio 2013.
Considerando tuttora il film diretto da Juan José
Campanella uno dei migliori visti negli ultimi anni, ero effettivamente
curioso di scoprire cosa “gli americani” ne avessero fatto.
Il Segreto dei suoi Occhi, per la regia di Billy
Ray, è qualcosa di più di un remake, poiché la sceneggiatura, per quanto
speculare a quella del film originale, si risolve in una operazione di
riscrittura e riadattamento, con la visuale e per il gusto di uno spettatore
nordamericano, pur con qualche elemento tipico del cinema europeo, che spesso
risulta vicino a quello dei paesi latino americani “imparentati” con l’Europa.
Ebbene, tanto per arrivare al punto, nonostante non
sia operazione consigliabile valutare un film sulla base di un altro, ritengo
la versione 2015 meno convincente di quella del 2009.
Mentre l’originale viveva di ottime scelte registiche
e di resa drammaturgica e si faceva apprezzare totalmente sotto ogni aspetto,
anche per la cura dei dettagli e la caratterizzazione di tutti i personaggi,
dai protagonisti ai comprimari, quest’ultima versione funziona solo a momenti,
con qualche passaggio debole e poco convincente. Rimane un buon prodotto, ma
appunto si limita a questo. Accattivante e ammiccante quanto serve, il
passaggio dall'Argentina dei drammatici anni 70 agli USA post 11 settembre è
azzeccato ma offre magri risultati in barba all'idea.
Coinvolgente, ma non a
sufficienza, solo nella figura della madre Julia Roberts, in un ruolo
tanto lontano dai suoi soliti quanto reso in maniera professionale e misurata,
e meno in quella dell’ex agente Chiwetel
Ejiofor, non totalmente libero di esprimersi e un po’ frenato (autodisciplina?).
Anche abbandonando il parallelo tra i film, mi trovo a
denotare qualche limite di troppo in alcune scelte registiche, che avrebbero
potuto donare maggiore tensione emotiva e narrativa, rendendo un buon thriller
quello che non è un semplice film d’azione, ma che non utilizza al meglio
spunti narrativi e idee di sceneggiatura che avrebbero meritato maggior
fortuna.
Accennato a due dei tre protagonisti, passo a Nicole
Kidman, veramente convincente solo in due scene, comunque troppo brevi per
poter valorizzare l’intero film, sebbene siano passaggi chiave della vicenda
raccontata.
All'epoca avevo assegnato 8+ al fim di Campanella,
produttore esecutivo della versione di questi giorni, ora mi limito ad un 6,5,
considerando che il materiale umano, drammaturgico e tecnico sono di
prim'ordine, ma il risultato è inferiore alle attese.