Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze. Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
mercoledì 29 giugno 2016
lunedì 27 giugno 2016
Citazioni Cinematografiche n. 154
Per non morire di angoscia o di vergogna, gli uomini sono
eternamente condannati a dimenticare le cose sgradevoli della loro vita. E più
sono sgradevoli, prima si apprestano a dimenticarle.
(Il Commissario/Roman Polanski leggendo un testo di
Onoff/Gérard Depardieu in “Una Pura Formalità”, di Giuseppe Tornatore - 1994)
venerdì 24 giugno 2016
Morgan Lost - Le copertine
Morgan Lost è una recente
serie della Sergio Bonelli Editore.
Prende il nome, anche se è superfluo dirlo, dal
protagonista, un
cacciatore di serial killer, che vive a New Heliopolis, ovvero una
alternativa New York anni '50, dove convivono contaminazioni architettoniche
antico egizie, esempi di tecnologia più o meno alternativa, una burocrazia
pervasiva che controlla e determina la vita delle persone, mass media
decisamente singolari ed una sconvolgente percentuale di assassini seriali,
tanto che la televisione trasmette quotidianamente un bollettino di
aggiornamento sulle loro “imprese”.
Un
ucronia, di base, ma anche qualcosa di più.
Se
ne è parlato soprattutto, inizialmente, per la scelta in tema di colorazione
delle pagine, ovvero in grigio e rosso,
come appare la realtà al protagonista, affetto da daltonismo. Scelta che
indubbiamente crea un’atmosfera, dona volume alle pagine, al limite di una
trasfigurazione e di una reinterpretazione che però non tutte le tavole
riescono a sostenere al meglio, in termini di risultato visivo e accessibilità
interpretativa del lettore.
In
questo momento io vorrei soffermarmi invece sulle copertine degli albi, che presentano una loro originalità, con un
interessante risultato visivo e di proposta delle storie contenute.
Ogni copertina è
composta come se fosse una locandina cinematografica.
Come
nelle locandine, come anche in alcuni manifesti cinematografici, sulle
copertine, al potenziale acquirente, al lettore, vengono proposti i vari
personaggi presenti nelle storie, non in una singola azione o momento della
trama, spesso rappresentativo della vicenda.
Al
contrario di quanto accade in gran parte delle serie Bonelli, in Morgan Lost le
copertine sono scomposte in riquadri,
immagini che mostrano e propongono un’idea, un concetto, non semplicemente una
storia, senza spingersi troppo in là, ma per presentare in modo affine alla
locandina cinematografica quello che lo spettatore/lettore troverà sulle pagine
che presumibilmente terrà in mano.
I
diversi riquadri giustapposti finiscono così quasi per dialogare tra loro,
comunicando o magari suggerendo a chi li osserva una vicenda, il potenziale
dipanarsi di una storia, quasi come se stesse osservando la locandina di un
film che lo interessa o ha stimolato la sua curiosità.
L’effetto
mi sembra originale, aiuta a distinguere Morgan Lost fra le varie proposte in
edicola e a mio parere può essere ritenuto un buon esempio di incontro fra
strategie di marketing e scelta stilistica.
mercoledì 22 giugno 2016
lunedì 20 giugno 2016
Citazioni Cinematografiche n. 153
Terry: Tu sei coraggioso soltanto quando hai la pistola in
mano!
Johnny Friendly: Tu vuoi finire in acqua!
Terry: Senza quei disgraziati morti di fame e gli angeli
custodi che hai sempre intorno non vali niente! Tu vali solo per il tuo
portafoglio e per la tua pistola!
Johnny Friendly: Tu hai fatto la spia, Terry!
Terry: Perché tu ci derubi mentre noi sputiamo sangue! E io
sono stufo di sopportare le tue prepotenze!
Johnny
Friendly: Avanti...
Terry: Hai ammazzato Joey, Dugan e Charley, che era uno dei
tuoi! Credi di essere il Padre Eterno, ma sai chi sei?
Johnny
Friendly: Avanti.
Terry: Sei un porco! Un assassino! Un ladro schifoso! Non mi
pento di quello che ho fatto! Avete sentito? Sono contento di cos'ho fatto!
(Terry/Marlon Brando e Johnny Friendly/Lee J. Cobb in “Fronte del
Porto”, di Elia Kazan - 1954)
domenica 19 giugno 2016
Il proprio Desiderio
Il problema non è la durezza della sorte, poiché tutto
quello che si desidera con bastante forza si ottiene. Il problema è piuttosto
che ciò che si ottiene disgusta. E allora non deve mai accadere di prendersela
con la sorte, ma con il proprio desiderio.
Cesare Pavese - Il mestiere di vivere
venerdì 17 giugno 2016
Giallo, Noir & Thriller/31
Titolo: A casa del diavolo
Autore: Romano de Marco
Editore: Time Crime (Fanucci) 2013
Autore: Romano de Marco
Editore: Time Crime (Fanucci) 2013
“A
Casa del Diavolo” ha il merito di una scrittura agile, a
tratti scattante che facilita la lettura e stimola l’immaginazione del lettore,
senza esagerare ma concedendogli di figurarsi le vicende come se stesse
guardando una serie TV. Non un film noir od un thriller, ma una serie TV, perché
di questa prende sia gli elementi positivi che i limiti.
Ovvero la trama è sufficientemente stimolante,
non particolarmente originale, ma la narrazione in prima persona risulta efficace
ed una scelta indovinata, in particolare perché a condurla non è il solito
detective o rappresentante delle forze dell’ordine, bensì un trentenne borioso
e vanesio. La soggettiva del protagonista, adeguatamente antipatico ma comunque
tollerabile, conduce la lettura e narra la storia con un certo ritmo, non
sincopato ma neanche troppo lento, per un noir
italiano che si fa godere e leggere con piacere. D’altra parte nonostante
qualche colpo di scena non si trova un adeguato approfondimento dei caratteri e
delle loro azioni. Probabilmente l’autore ha così preferito, ma rimane una
certa perplessità di fondo, anche perché forse qualche capitolo in più per
inquadrare meglio il contesto e chi lo anima non avrebbe guastato. Quella che
dovrebbe essere la “conclusione” con relativo disvelamento, se non vera e
propria spiegazione, giunge un po’ frettolosa e a mio avviso artefatta,
nonostante gli elementi per prepararla e farla assaporare ci fossero tutti.
Una fosca vicenda ancora meno che “di provincia”, personaggi ambigui e a
tinte scure, un contesto isolato dove i punti di riferimento sono tanto labili
quanto difficilmente riconoscibili. L’ambientazione è suggestiva ed utilizzata
bene, così da richiamare, come dallo stesso autore esplicitato, esempi mirabili
del cinema italiano, come anche della letteratura di genere, da cui attinge con
competenza. Ma nel momento in cui prova a metterci del proprio si avverte una
vaga debolezza, che comunque non compromette un positivo esito.
Consapevole di non essere
di fronte ad un capolavoro, il lettore può godersi la disavventura di un
direttore di banca, pieno di sé e volgarmente materiale, che viene punito per
la propria arroganza ed egoismo. D’altra parte da un laureato in economia che
aspira a diventare reggente di una prestigiosa filiale di un istituto di
credito non ci si può aspettare che risulti amabile e simpatico o che sia
appassionato di poesia, attratto dalla Storia medievale o anche solo che
apprezzi i valori umani oltre mutui agevolati, tassi d’interesse o transazioni
economiche.
mercoledì 15 giugno 2016
lunedì 13 giugno 2016
Citazioni Cinematografiche n. 152
Nick: Cristo Mike, Steven si sposa fra un paio d'ore, fra
qualche giorno partiamo per il fronte e noi pensiamo ad andare a caccia. Mi
sembra... pazzesco.
Michael: No, uccidere o morire in montagna o nel Vietnam è
esattamente la stessa cosa, ma deve succedere lealmente.
Nick: Come? Un colpo solo?
Michael: Un colpo solo.
Nick: Io non ci credo più tanto a questa storia del colpo
solo, Mike.
Michael: Tu devi contare su un colpo solo, hai soltanto un
colpo, il cervo non ha il fucile, deve essere preso con un colpo solo.
Altrimenti non è leale.
(Nick Chevotarevich/Christopher Walken e Michael
Vronsky/Robert de Niro in “Il Cacciatore”, di Michael Cimino - 1978)
sabato 11 giugno 2016
Donne con la macchina da presa
“L'uomo con la macchina da presa” è un film del 1929, diretto dal regista sovietico Dziga Vertov.
Ci sono comunque diverse donne regista.
Kathryn Bigelow |
Di seguito propongo una breve
selezione di opere a firma femminile. I generi sono diversi tra loro,
così come gli stili di regia e le scelte in tema di soggetto, fotografia e
montaggio.
Sally Potter |
Se a qualcuno facesse piacere potremmo considerarlo un consiglio
di visione, per scoprire e riscoprire film e le loro registe.
“Lezioni di piano” di Jane Campion (1993)
“Il
giardino delle vergini suicide” di Sofia Coppola (1999)
“Un angelo alla mia tavola” di Jane Campion (1990)
“The Hurt Locker” di Kathryn Bigelow (2009)
“17
ragazze” di
Delphine Coulin e Muriel Coulin (2011)
“Caramel” di Nadine Labaki (2007)
“Donne
senza uomini”
di Shirin Neshat (2009)
“Un
gelido inverno” di Debra Granik (2010)
“Mignon
è partita”
di Francesca Archibugi (1988)
“Lezioni di Tango”
di Sally
Potter (1997)
“Julie & Julia” di Nora Ephron (2009)
“Persepolis”
di Marjane
Satrapi (2007)
“Autunno” di Nina Di Majo (1999)
Nadine Labaki |
venerdì 10 giugno 2016
Cos'è la Felicità?
La
felicità, cos’è la felicità? (La parola
non mi rende felice, tra l’altro). Direi
che è semplicemente andare con te per mano,
sostare un momento perché un profumo ci chiama,
una luce ci rincorre, qualcosa che ci riscalda
dentro, che ci fa pensare che non è la vita
a portarci, ma che siamo noi la vita,
che vivere è questo, semplicemente questo.
non mi rende felice, tra l’altro). Direi
che è semplicemente andare con te per mano,
sostare un momento perché un profumo ci chiama,
una luce ci rincorre, qualcosa che ci riscalda
dentro, che ci fa pensare che non è la vita
a portarci, ma che siamo noi la vita,
che vivere è questo, semplicemente questo.
Charles Edward Perugini - Innamorati in giardino |
mercoledì 8 giugno 2016
lunedì 6 giugno 2016
Citazioni Cinematografiche n. 151
Tommaso: Ah avete deciso insieme di comprare casa...Come
mai? Che avete problemi?
Cecilia: Problemi? No perché?
Cecilia: Problemi? No perché?
Tommaso: Se uno sta bene insieme non capisco perché deve
andare a prendere... Uno dice viviamo insieme quando vuol dire che le cose non
vanno... infatti poi quando peggiorano dice perché non ci sposiamo? Se proprio
incominciate che non ce la fate più a... dice facciamo un figlio. Quando è alla
fine vi odiate, ma siete vecchi, dice che ci lasciamo adesso che siamo vecchi?
È quello il percorso.
sabato 4 giugno 2016
Elezioni Comunali
Domani, domenica 5 giugno, nella città dove
vivo si terranno le elezioni comunali. Niente di particolarmente originale,
accade ogni 5 anni e l’interesse è esclusivamente locale, poiché l’attenzione è
diretta verso le grandi città. Cesenatico
non sembra esserlo, almeno sulla base del numero degli abitanti e
dell’estensione geografica, ma mi sembra di aver notato alcune dinamiche degne
di nota e paragonabili, quando non speculari, a quelle in corso a livello
nazionale.
Vado subito al
dunque, aggiungendo solo che recentemente, anche pochi giorni fa, Matteo Salvini della Lega Nord
(con relativa felpa per l’occasione) è
stato più volte in visita in riva all’Adriatico, oltre che per inaugurare la sede locale del partito
di cui è segretario, per esprimere il proprio appoggio a due distinti candidati alla carica di "primo cittadino". Anche nella città dei bagnini e degli albergatori, dei
ristoratori e dei commercianti, dato che di fatto qualsiasi programma si basa
sulle loro esigenze (leggasi anche
desideri, capricci, pretese), si parla di immigrazione.
foto di Alessandro Mazza, da Living Cesenatico.it |
Il concetto di
base è che gli immigrati, accolti in strutture o regolarmente residenti,
sarebbero troppi, mal gestiti e provocherebbero un danno alla città ed alla
cittadinanza. Si fa riferimento a negozi che venderebbero merce avariata (aggettivo utilizzato da uno dei candidati
sindaci durante una recente trasmissione televisiva), ad individui che
sporcherebbero le strade, alla sicurezza degli abitanti, a presunta concorrenza
sleale di esercenti di origine straniera, a minacce di tipo culturale ed
ideologico ed altre colorite e variegate argomentazioni, al fine di prendere di
mira immigrati, stranieri (ma non i tedeschi
o in russi che mangiano nei ristoranti), residenti che parlano lingue
diverse dal romagnolo o abbronzati “fuori stagione”.
Come è possibile
notare lo stile è facilmente riconoscibile: far convergere l’attenzione su un tema “caldo”, provvedere a scaldarlo
quanto e quando occorre, pronunciare frasi e slogan demagogici e populisti al
limite del buon gusto e dell’intelligenza e distogliere l’elettorato da altre
questioni ed argomenti.
Mi limito alla
tematica dell’immigrazione e della presenza di cittadini e residenti di origine
straniera. Il fatto che anche in un piccolo Comune, colpevolmente ritenuto
esclusivamente a vocazione turistica, si alzi la voce per limitare
l’immigrazione e far convergere sullo “straniero”
le cause di vari malesseri e difficoltà, mi sembra cosa seria e degna di essere
analizzata. Il mio pensiero andrebbe verso coloro che, anche se persone tutto
sommato ragionevoli e dotate di accettabile istruzione e sufficiente senso
critico, si sentono attratte, quando non rappresentate e “tutelate”, da politici
che per convinzione o cinico opportunismo pronunciano discorsi cripto-razzisti,
a volte esplicitamente razzisti, segno di intolleranza e di scarsa propensione
all’analisi ed al ragionamento.
Tali individui
fanno leva sui nostri timori, su paure concrete o aleatorie che siano, sugli
istinti e la bestialità che alberga in ognuno di noi, per cavalcare un’onda
emotiva e offrire “soluzioni” semplici, semplicistiche a problemi e temi ancora
più che complessi. Per loro l’immigrato è funzionale, è materiale di base ed
esiziale per la loro tenuta in campo politico, per la loro presenza sul
palcoscenico locale e nazionale.
Dire “Immigrazione
Zero” è una stupidità a tutto tondo, insostenibile da ogni punto di vista,
oltre che programma che nemmeno loro stessi intendono attuare, poiché senza
immigrazione è probabile che rimarrebbero senza argomentazioni, incapaci come
sono di riflettere su una realtà sociale, economica e culturale che sfugge alla
ristretta visione e carente prospettiva che li definisce. Chi applaude ad un
candidato sindaco che fa proprie determinate argomentazioni dovrebbe essere
informato delle competenze e assegnazioni di “potere” attualmente in essere nel
nostro Paese. Dovrebbe conoscere l’esistenza di Forze dell’Ordine, Questura,
Prefettura, Presidenza di Regione, Ministero dell’Interno, Consiglio dei
Ministri, ovvero di chi, secondo approssimativa scala gerarchica, dovrebbe
essere coinvolto nella questione immigrazione, secondo vari livelli, dalla
gestione dell’accoglienza alla regolarizzazione.
Persino chi in
campagna elettorale ha astutamente utilizzato le variabili della semantica e la
ricchezza della lingua italiana, al fine di non pronunciare particolari termini
ed aggettivi, di evitare scivolose dichiarazioni e compromettenti slogan,
dovrebbe essere posto di fronte ad un evidente dato. Cercare l’appoggio ed
il sostegno di determinate forze politiche e di esponenti che sono soliti
trascorrere le giornate diffondendo odio razzista, accostandosi a movimenti
politici che fanno della xenofobia la propria bandiera, non è cosa apprezzabile
e se nell’immediato porta applausi, consensi e voti, rischia di metterli in una
pessima situazione, di difficile gestione. Amministrare alimentando rabbia,
risentimento e intolleranza è un gioco pericoloso, che spesso porta alla
strategia del “rialzo” e a rischiare sempre di più, compiendo azzardi e
innescando reazioni disastrose e ingestibili con le normali tecniche e
competenze di un politico. Specie se di non eccelso livello.
Varrebbe su ogni
tema, probabilmente, quindi non riesco a farmi convincere da chi sostiene che
bisognerebbe votare un individuo che desidera essere o continuare ad essere
sindaco della città che mi accoglie solo sulla base del fatto che è una brava
persona, un buon insegnante, o un professionista competente oppure un ottimo
conoscitore della comunità locale.
Per cui un
candidato sindaco, anche se non si espone direttamente, attraverso proprie
parole, all’accusa di essere un populista xenofobo, è comunque potenziale
soggetto da biasimare, nel momento in cui cerca il sostegno, la forza e
l’apporto di voti di chi lo è e milita in una forza politica che pone alla base
di ogni azione e dichiarazione la paura del diverso, il fastidio per
l’alterità, l’odio per chi non è come ritenga si debba essere. Anche e
soprattutto se lo fa per poter poi avere spazio e margini di maneggio su altri
temi, economici soprattutto.
Se in politica
forse non vale il detto “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, magari si può
affermare “dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch’io”, o quantomeno “se ti
voto”.
venerdì 3 giugno 2016
L'Arte secondo Simone Weil
“L'arte è un tentativo di trasportare in una quantità
finita di materia modellata dall'uomo un'immagine della bellezza infinita
dell'universo intero. Se il tentativo è riuscito, questa porzione di materia
non deve nascondere l'universo, ma al contrario rivelarne la realtà tutto
intorno.”
(Simone Weil)
mercoledì 1 giugno 2016
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