sabato 25 novembre 2017

Giallo, Noir & Thriller/47

Titolo: Un Grande Gelo
Autore: Arnaldur Indriđason
Traduttore: Cosimini Silvia
Editore: Guanda – 2010

Cronologicamente precedente a “Un Caso Archiviato” di cui ho parlato qualche settimana fa, “Un Grande Gelo” è un ulteriore esempio della capacità di Arnaldur Indriđason di elaborare una trama profonda, partendo da idee, spunti non necessariamente del tutto originali, riuscendo ad ampliare la tematica, i vari temi proposti e di riproporli sotto la forma di vicende diverse, di trovare in piccole storie, anche solo all'apparenza distanti, o al limite parallele, agganci con la storia principale.

In “Un Grande Gelo”, l’idea centrale è una forte denuncia della discriminazione, il tema principale è l'intolleranza nei confronti del diverso, che può divenire violento razzismo, anacronistico e distorto attaccamento al sé, o a quello che ne rimane, che porta alla chiusura verso l'altro.
Quello che colpisce il lettore più duramente è come l'unica vittima sia un bambino, un delitto fra i più riprovevoli è il punto di partenza per un viaggio dentro ed attraverso quella che con una espressione spesso abusata, se non addirittura fraintesa, viene definita la “banalità del male”. Si fanno ipotesi e congetture, si battono diverse piste, che l'ormai conosciuto commissario Erlendur Sveinsson, protagonista della serie dei romanzi di indagine poliziesca di Arnaldur Indriðason, non trascura insieme a Sigurður Óli e a Elínborg. 

 

Quello che viene evidenziato è come in una nuova realtà sociale di forte immigrazione, in Islanda come negli altri paesi europei, affiori un forte razzismo nei confronti degli stranieri. Pertanto l'indagine non è esclusivamente su un delitto, di cui solo alla fine si scopre la sconcertante e per certi tratti insospettabile drammaticità, ma anche su una realtà sociale ed economica, con il pregio di non scadere nel banale o, peggio, nel didascalico.

Il gelo del titolo non è meramente quello climatico della lontana isola, ma anche quello che alberga nel cuore di chi legge, testimone di un clima sociale, di un dramma familiare e culturale, di un crimine che potrebbe avere molte motivazioni e che si scopre averne, materialmente, solo una, la più, apparentemente, banale. Questo può fare male e fa divenire questo romanzo un thriller non per i colpi di scena, la tensione dettata da un killer o da una serie di delitti, ma per lo scenario che presenta e che assomiglia così pericolosamente a quello delle nostre città, delle nostre scuole e luoghi di lavoro, per l'emarginazione e la povertà che viviamo, facendo nascere inquietudine per ciò che potremmo vivere nei prossimi anni.

 
In una Reykjavík avvolta nella coltre di un inverno che sembra il più freddo di sempre, l'agente Erlendur Sveinsson affronta un caso che lo costringe a confrontarsi con i fantasmi del passato. La morte di Elías, dieci anni, madre thailandese e padre islandese, accoltellato in mezzo alla neve in un giardino, lo tocca nel profondo. Non è solo l'ennesimo omicidio su cui investigare, è una vicenda che alimenta in lui l'angoscia per quel fratello perso da piccolo nel pieno di una bufera? Non c'è tempo, però, di abbandonarsi ai ricordi dolorosi: il burbero poliziotto e la sua squadra iniziano un delicato lavoro di indagine. Il fratellastro di Elías è scomparso: sarà implicato nella morte del piccolo o teme per la propria vita? (da guanda.it)

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