giovedì 12 aprile 2018

U2, una questione di copertine



Le copertine dei 33 giri, i dischi in vinile, hanno una lunga storia di arte ed espressività, in particolare quelle risalenti agli anni 60 e 70. Vere opere d'arte spesso firmate da illustratori e disegnatori di fama mondiale o che di lì a poco lo sarebbero divenuti. Negli anni 80, modificandosi la cultura e l'immaginario, cambiando gli stili musicali ed i look di gruppi e cantanti, si virò verso le foto, spesso patinate, che sovente campeggiavano sulle copertine dei dischi maggiormente venduti.

Agli inizi della mia non particolarmente originale adolescenza avevo preso l'abitudine di frequentare un paio di negozi di musica ed altri articoli vari, dove erano presenti sia dischi in vinile che cd, ancora spesso troppo costosi per le mie tasche, perciò mi accontentavo di “sfogliare” file e colonne di dischi e cd.
Non era raro che rimanessi colpito, incuriosito, a volte persino affascinato dalle foto e dalle immagini presenti su questi, dispiacendomi molto di non poter leggere e ammirare liberamente il contenuto dei booklet interni. 



Una volta mi capitò sotto mano “Boy” degli U2, album del 1980. La copertina ospitava un bambino, il volto spaurito ed il petto nudo, che incrociava le mani sulla nuca. Al di là dell'impatto delle canzoni, che un generoso addetto alla vendita mi fece ascoltare in tre distinte occasioni all'interno del negozio, quella copertina mi colpì molto. Il viso del bambino, che ancora non sapevo chi fosse, sembrava così immediato e chiaro come buona parte delle tracce del cd, tanto da rimanere nella mia mente strettamente legato a brani come “I Will Follow” o “A Day Without Me”, “The Electric Co.” o “An Cath Dubh/Into the Heart”.

Qualche settimana dopo, in un altro negozio, sotto la lettera “U”, dopo Ultravox e Ute Lemper (chiaramente ancora troppo per me allora), ritrovo ancora gli U2. L'album questa volta è “WAR” del 1983, quello di “Sunday Bloody Sunday” per intenderci.
Il bambino sulla copertina mi sembra proprio lui! Cavolo sì, è proprio lui! Ma l'effetto è diverso, fa quasi impressione. A valutare dalla data indicata sono passati appena tre anni fra i due scatti, eppure il suo volto è molto diverso. Dalla tenerezza si passa ad una cupezza definita, non più dolcezza e tenerezza infantile, ma uno sguardo triste ed allo stesso tempo risoluto. Le mani dietro la nuca se nel primo caso sembravano richiamare una spensieratezza da gioco fra amici, ora appaiono come quelle di un ragazzo pronto a confrontarsi con gli adulti, senza concedere sconti di alcun genere o condiscendenze di sorta.

Con il tempo avrei capito che, in fondo, poteva risultare una metafora della musica del gruppo irlandese. Ancora energia da vendere, corse verso il mondo affamate di vita e di stimoli, ma anche un sottile tormento e la fatica di vivere una realtà, privata e pubblica, a tratti insostenibile e che inquieta e fa arrabbiare allo stesso tempo.

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