mercoledì 13 febbraio 2019

Polar (2019)

Ero molto incuriosito e forse anche impaziente di vedere “Polar” prodotto da Netflix, per cui appena avuta una serata disponibile mi sono organizzato per farlo. Il film con Mads Mikkelsen è tratto dall'omonimo graphic novel e la cosa si nota per uno spettatore affezionato a quella parte del genere noir dove l'azione è continua ed il ritmo serrato. In questo adattamento cinematografico ci sono passaggi un po' tirati e qualche momento di “stanca”, probabilmente a causa di una scrittura che cerca di far convivere più temi e suggestioni tipici del genere, senza riuscire del tutto a trovare un accettabile equilibrio fra di essi.

Intendiamoci, le ambientazioni e la cura dei dettagli sono mirabili ed efficaci, anche le musiche svolgono bene il loro ruolo, ma il film a mio parere si basa fin troppo sulle spalle del protagonista, il già citato Mikkelsen che qui è anche produttore esecutivo. Il suo killer prossimo alla pensione, obiettivo delle gesta di altri killer ingaggiati per ucciderlo, è un bel personaggio, che incarna caratteri e tipi propri del noir-thriller, ma l'attore danese non è riuscito a gestire da solo due ore di film, poco supportato, come è, dagli altri personaggi, non tutti sufficientemente caratterizzati e sviluppati, quando non si cade nella caricatura.



Violenza a profusione, sangue che gronda praticamente in ogni fotogramma, sesso francamente eccessivo ed in almeno un caso utilizzato arbitrariamente (quasi come a voler intercettare alcuni gusti non propriamente afferenti all'arte cinematografica), ma al tutto sembra mancare quella auspicabile forma d'ironia che invece avrebbe smorzato ed allo stesso tempo reso accettabile la generosa dose di pallottole, pozze e schizzi di materiale ematico. A parte qualche momento in cui sembrano provarci, la sceneggiatura ed il regista Jonas Åkerlund mostrano di prendersi fin troppo sul serio, non intuendo che quando si sceglie di andare “sopra le righe” sarebbe utile introdurre elementi e dettagli che mostrino come se ne abbia la consapevolezza e quindi, senza scadere nella macchietta, si possa anche far sorridere o anche ridere lo spettatore.

Dal momento che la trama, o quantomeno il punto di partenza, non è originalissimo, bensì fin troppo spesso utilizzato e visto, basare tutto “Polar” sul Black Kaiser di Mikkelsen si rivela una scelta non azzeccatissima e le numerose scene da estetica di videoclip, con toni esagerati e un tantino nevrotici, peggiorano la situazione, in particolare quando si tenta la via di un velleitario minimalismo nelle immagini che vi si dovrebbero contrapporre.


Forse il film potrebbe soddisfare i fan dell'ultraviolenza un po' fine a se stessa, quelli che apprezzano qualche tetta e culo sparati per riempire del vuoto, chi si esalta per l'ultrapop coloratissimo e vicino alla nausea visiva, ma gli estimatori del noir e dei thriller probabilmente avrebbero desiderato qualcosa di diverso, magari di migliore.

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