sabato 29 febbraio 2020

Dampyr #237 – Krampus!

In più di una occasione è stato possibile rendersi conto del potenziale e delle caratteristiche fondamentali di una pubblicazione seriale come Dampyr. Krampus! è uno degli albi che utilizza quel potenziale e propone l’essenza stessa delle storie con protagonisti Harlan, i suoi amici e la loro lotta contro Maestri della Notte e affini. Il personaggio ideato da Mauro Boselli e Maurizio Colombo scava spesso all’interno delle tradizioni e mitologie mondiali, ed i vari autori trovano sempre ottimi spunti per realizzare storie che mischiano il genere con la Storia. Krampus! scava nella tradizione dei miti natalizi.

L'ambientazione in Alto Adige, in un borgo dove ogni notte di Natale i demoniaci servitori di San Nicola invadono le caratteristiche zone innevate del nord Italia, sostiene l'indagine del nostro eroe, di Sophie Mutter dell’Università di Friburgo e del suo fidanzato sardo Angelo Sanna sul folklore altoatesino. Ciò che cercano di comprendere è se le storie sui Krampus possano riguardare uomini mascherati o mostri. Così, come spesso accade tra leggenda e realtà l’ombra di un vecchio nemico di Harlan Draka si allunga ancora una volta.





Probabilmente possiamo dire che il ritmo stenta a decollare, la narrazione risulta un po' lenta e procede a singhiozzo, ma la sceneggiatura risulta valida e suggestiva, con più di un momento degno di nota. La parte più legata al mitologico ed al leggendario risulta meglio godibile, rispetto all'azione vera e propria che sembra non reggere il ruolo che dovrebbe rivestire. Fortunatamente viene in soccorso la parte grafica, con la creazione di scenari suggestivi, rappresentando al meglio i borghi dell’Alto Adige, grazie al lavoro di Fabrizio Longo, che usa dei chiaroscuri, marcando molto il nero.

Comunque l‘idea di inserire i Krampus, i maestri della Notte, San Nicola e Dampyr, tradizioni e mitologie, invenzioni narrative e fantasie, superstizioni ed espressioni religioso-culturali nella stessa storia è sicuramente qualcosa di intrigante.

Ogni notte di Natale, i demoniaci servitori di San Nicola invadono i caratteristici e innevati borghi del nord Italia. Sophie Mutter dell’Università di Friburgo e il suo fidanzato sardo Angelo Sanna indagano sul folklore altoatesino. Uomini mascherati o mostri? Leggenda o realtà? L’ombra di un vecchio nemico si allunga ancora sul bel Paese e solo l’intervento del Dampyr può risolvere il mistero dei Krampus maledetti! (da sergiobonelli.it)

martedì 25 febbraio 2020

Da John a John a Pesaro nel 1998

Più di venti anni fa una ragazza mi invitò ad accompagnarla ad un concerto di John Scofield, il chitarrista jazz statunitense. Ci siamo goduti la musica e l'esibizione comodamente seduti sulle poltroncine del Teatro Rossini di Pesaro. All'uscita l'ora non era delle più tarde ed il caso ha voluto che, proprio in quei giorni, si svolgesse un festival cinematografico poco distante. Ero molto entusiasta all'idea di continuare la serata e così riuscii a convincere la ragazza in questione ad accettare di vedere un film nell'ambito della rassegna dedicata a John Cassavetes.
All'interno della produzione dell'attore e regista newyorkese di origine greca quella sera proiettavano “Shadows-Ombre”.
Fu una folgorazione! Avevo già visto film del neorealismo italiano, mi ero timidamente approcciato a Cesare Zavattini, ma non mi aspettavo di vedere quello che sarebbe apparso sullo schermo.
Non mi concentro ora sulle tematiche del film, sulle problematiche e questioni etico e sociali affrontate, ma brevemente espongo e trasmetto le emozioni che ancora oggi sento ripensando alle immagini ed alla musica, strettamente collegate e molto più che accompagnamento l'una delle altre.
Mi sembrava tutto un inno alla vita ed alla vitalità, pur nella gravità e serietà delle situazioni rappresentate. Immaginate che effetto poteva fare ad un ragazzo di 22 anni, fondamentalmente imbranato e poco audace, quel susseguirsi di volti, voci, corpi, musiche di Mingus, dialoghi “veri” e suoni reali.


Cassavetes segue gli attori, in gran parte non professionisti, che il più delle volte improvvisano senza neanche seguire molto le scarne indicazioni. In alcuni momenti sembra pedinarli nel loro vagare per New York e nei salotti e cafè che frequentano, inviandoli allo spettatore per quanto sono, con una fotografia che alterna luci e buio, solarità e ombre, nel loro vivere e poco altro.



Ombre” è un film di libertà, dove si incontrano arti ed espressioni, musiche e filosofie, letteratura e vita. Una forma di rappresentazione spontanea, in divenire, dove mi sembrava che il processo fosse più importante del prodotto, con una fondamentale instabilità che rendeva quest'ultimo non definitivo, ma in divenire appunto.
Non un semplice lavoro sull'improvvisazione, concetto su cui il film è costruito, bensì una fatica fisica, recitativa e di vita che esalta i processi di interazione, di analisi dei conflitti. L’improvvisazione perciò, ribaltando una visione brechtiana, porta al cinema un ragionamento sul regista come capocomico, come ai tempi di Shakespeare o di Pirandello, come nel caso di Cassavetes, che ci inserisce molto anche della sua vita e della sua esperienza personale, mettendo e mettendosi in scena per una storia in un ambiente di artisti, amici, parenti in cui realmente si trovava.

lunedì 24 febbraio 2020

Citazioni Cinematografiche n.343

Esisteva una maniera di fregare il potente e si chiama Rock 'N Roll. Ma indovinate? Oh no! Il potente ha corrotto anche quello con una cosina di nome MTV! 
(Dewey Finn/Jack Black in "School of Rock, di Richard Linklater - 2003")





domenica 23 febbraio 2020

Vivere è molto più di questo

Ma vivere, amore, è molto più di questo; 
è crescere e dormire e invecchiare con te,
litigare e scherzare, e a volte non vederci,
o certe mattine vederci come due estranei. 
Josefa Parra

 

mercoledì 19 febbraio 2020

Scrivi




Scrivi, scrivi;
se soffri, adopera il tuo dolore:
prendilo in mano, toccalo,
maneggialo come un mattone,
un martello, un chiodo,
una corda, una lama;
un utensile, insomma.
Se sei pazzo, come certamente sei,
usa la tua pazzia: i fantasmi
che affollano la tua strada
usali come piume per farne materassi;
o come lenzuoli pregiati
per notti d’amore;
o come bandiere di sterminati
reggimenti di bersaglieri.

(Giorgio Manganelli, da Poesie - Crocetti 2006)

lunedì 17 febbraio 2020

Citazioni Cinematografiche n.342

Vede, signor Bond, come ogni grande artista, voglio creare un capolavoro indiscutibile, almeno una volta nella vita. La morte di 007, mano a mano, faccia a faccia, sarà il mio capolavoro.
(Francisco Scaramanga/Christopher Lee in "Agente 007 - L'uomo dalla pistola d'oro", di Guy Hamilton - 1974)


domenica 16 febbraio 2020

Samuel Stern


Da qualche mese è possibile trovare nelle edicole gli albi di una nuova serie a fumetti, in formato “bonellide”. Si tratta di Samuel Stern, edito da Bugs Comics.
Ne consiglio l'acquisto e la lettura. In breve cerco di darne le ragioni.

Samuel Stern è essenzialmente una serie horror, con buona parte degli ingredienti del genere e qualche interessante spunto narrativo e di ispirazione. Mostri, spettri, demoni, possessioni e tutto quello che gli va dietro ci sono, si fanno apprezzare anche sotto l'aspetto grafico, ma più che alla componente puramente orrorifica, creatori e sceneggiatori sembrano dedicarsi a rappresentare, tramite situazioni e vicende, sentimenti pienamente umani, come il dolore, le delusioni, il rancore mai sopito, le angosce quotidiane dettate da una società cinica e spietata, le vendette da consumare violentemente, l'odio e i tradimenti. 

Tutti questi aspetti rendono i primi tre albi della serie un appassionante studio della natura umana, una rappresentazione dell'orrore a cui assistiamo ed in cui viviamo tutti noi, con la componente emotiva e psicologica ben in evidenza. Disegnatori e sceneggiatori stanno dimostrando sensibilità non comuni e la capacità, probabilmente il desiderio di andare oltre i confini del genere, servendosene quanto basta e offrendo pagine splatter con intelligenza e sapendo bene cosa e come rappresentare.

Un ultimo dato, la serie è ambientata ad Edimburgo, una occasione per interessarsi a questa città.

 

venerdì 14 febbraio 2020

L'Amore




Hai la democrazia dentro al cuore 
Ma l’amore è una dittatura 
Fatta di imperativi categorici 
Ma nessuna esecuzione 
Mentre invece l’anarchia la trovi dentro ogni emozione 

Tu stammi vicino, anzi lontano abbastanza 
Per guardarti il viso dalla stanza dei miei occhi 
Aperti o chiusi, non importa 
Sono occhi quindi comunque una porta aperta 
Il tempo passa lo senti da questo orologio 
Mentre lavori dentro un bar, ad una pressa o in un ufficio e… 

E speri ancora che qualcuno sia lì fuori ad aspettarti, 
Non per chiederti dei soldi, neanche per derubarti, 
Non per venderti la droga e soffiarti il posto di lavoro 
Ma per urlarti in faccia, che sei l’unica, sei il solo 

Sei l’unica, sei il solo

(L'Amore è una dittatura - The Zen Circus)

lunedì 10 febbraio 2020

Citazioni Cinematografiche n.341

Quello che amo di Nicole. Sa far sentire le persone a proprio agio anche in situazioni imbarazzanti. Ascolta davvero quando qualcuno le parla. A volte ascolta fin troppo e troppo a lungo. È una cittadina modello. Sa sempre cosa fare quando si tratta di rotture di coglioni familiari. Io faccio molto a modo mio e lei sa quando insistere e quando lasciarmi stare. Taglia i capelli a tutti noi. Prepara sempre inspiegabilmente una tazza di té che non beve mai. E per lei non è facile mettere a posto un calzino o chiudere un pensile o lavare un piatto, ma ci prova per me. Nicole è cresciuta a Los Angeles circondata da attori, registi, film e televisione, ed è molto legata a sua madre, Sandra, e a Cassie, sua sorella. Nicole fa dei regali fantastici. È una madre che gioca, gioca davvero. Non si tira mai indietro se c'è da giocare, né dice mai che è troppo. Ma dev'essere troppo, a volte... È competitiva. È bravissima ad aprire i barattoli grazie alle sue braccia muscolose che ho sempre trovato sexy. Lei tiene il frigo troppo pieno: nessuno soffre la fame a casa nostra. Sa usare il cambio manuale. Dopo quel film 'All over the girl', sarebbe potuta restare a Los Angeles e diventare una star del cinema ma ha rinunciato per fare teatro con me a New York. È coraggiosa. È un'ottima ballerina, contagiosa, vorrei saper ballare così. Lo ammette sempre se non sa qualcosa, se non ha letto un libro o non ha visto un film o uno spettacolo, mentre io fingo e dico "L'ho visto tanto tempo fa". Quando ho delle idee folli non vede l'ora di capire come metterle in scena. È la mia attrice preferita. (lettera di Charlie Barber a Nicole)

Quello che amo di Charlie. Charlie è indomito. Non permette che opinioni altrui o eventuali intoppi lo ostacolino in ciò che vuole fare. Charlie mangia come se volesse togliersi il pensiero e come se il cibo non fosse sufficiente per tutti: un panino dev'essere strangolato mentre viene divorato. Ma è incredibilmente preciso e mi affido a lui per tenere le cose in ordine. Risparmia l'energia elettrica. Non si guarda spesso allo specchio. Piange quando guarda i film. È autosufficiente: sa rammendare i calzini, preparare la cena e stirare una camicia. Non si dà mai per vinto, cosa che invece io faccio sempre. Charlie accetta sempre ogni mio umore, non si lascia coinvolgere e non mi fa sentire in colpa. Ha ottimo gusto nel vestire e non è mai imbarazzante, il che è difficile per un uomo. È molto competitivo. Ama fare il padre, ama tutte quelle cose che dovrebbe odiare, come i capricci e svegliarsi di notte. È quasi fastidioso quanto gli piaccia ma, alla fine, è dolce. Si perde nel suo mondo. Lui e Henry in questo si somigliano. Sa dire alle persone che hanno del cibo tra i denti o sul viso in un modo che non le fa sentire in imbarazzo. Charlie si è fatto da solo: i suoi genitori li ho incontrati solo una volta ma... mi ha detto che la sua infanzia è stata segnata da alcol e violenza. Si è trasferito a New York dall'Indiana senza nessun aggancio e adesso è più newyorkese di qualsiasi newyorkese. È bravissimo a creare una famiglia con le persone che lo circondano. Con tutta la compagnia crea un incantesimo per farli sentire inseriti. Nessuno, neanche uno stagista era insignificante, ricordava le battute scambiate con ogni persona. È estremamente organizzato e scrupoloso, è molto lucido su ciò che vuole. A differenza di me che non sempre lo sono... (lettera di Nicole Barber a Charlie)
(Charlie Barber/Adam Driver e Nicole Barber/Scarlett Johansson in "Storia di un matrimonio", di Noah Baumbach - 2019)




sabato 8 febbraio 2020

1917 (2019) di Sam Mendes



Ho visto il film e, secondo il mio gusto e la mia idea di Cinema, sono rimasto un po' perplesso. A mio parere manca, o quantomeno è carente l'elemento narrativo nell'opera. Cosa alquanto bizzarra, se non paradossale dal momento che l'intero film è stato ispirato dai racconti del nonno del regista. 
Devo dire che la componente circolare è apprezzabile, con le inquadrature iniziale e finale che si specchiano l'una nell'altra, dove il giovane caporale protagonista è appoggiato ad un albero sullo sfondo di un prato. Ma appunto questa circolarità rischia di essere solo estetica se per le due ore circa che separano l'inquadratura iniziale da quella finale manca una vera narrazione

Lontano da molti suoi illustri predecessori, Mendes sembra andare incontro all'immaginario estetico ed allo scarso interesse verso la narrativa proprio di buona parte degli spettatori odierni, piuttosto che allo slancio creativo e alla complessità tipica di Kubrick (Orizzonti di Gloria) o Milestone (All'ovest niente di nuovo), oppure Weir (Gli anni spezzati) per dire. In questo lui è figlio del suo tempo, o ci si adegua, e la sua opera si avvicina alla retorica, più visiva che appunto narrativa, delle attuali grosse produzioni hollywoodiane e dei film Marvel, ben poco inclini alla profondità e al “difficile”, maggiormente interessati a semplificare, annacquare e rendere alla portata di tutti ogni vicenda. Scegliendo questo orientamento e strategia di analisi diviene perciò quasi consequenziale cogliere i pochi lati positivi, ma purtroppo anche i limiti, di un’opera ambiziosa, grandiosa per spesa e impiego di tecnica, ma anche non pienamente convincente come "1917".



Candidato e dato per vincente in diverse categorie degli Oscar (nonché pluripremiato ai BAFTA), concordo con il positivo giudizio sulla fotografia, mirabile e in alcuni momenti sublime ed emozionante, meno sulla regia, che a mente fredda sembra risolversi in poco più di abilità, maestria e ardimento tecnico piuttosto che in reale padronanza dell'opera nel suo complesso e complessità. Si potrebbe forse dire che i molti premi ricevuti e quelli possibili costituiscono più un limite che una possibilità, dal momento che si caricano le aspettative e, di fatto, se ne rimane delusi. A cavallo fra cinema classico e sguardo verso il futuro Mendes perde su entrambi i fronti. Non si nota slancio e gusto per lo "scomodo", si perde il senso di un cinema che coinvolga e conquisti e non si riesce a rilevare la voglia di aprirsi a nuovi orizzonti e metodiche spettacolari e narrative (il giocare con i concetti di spazio e tempo di Dunkirk ad esempio). Alla fine dei conti sembra di avere di fronte un "bignami" del war movie, con tutti i cliché estetici e logistici, dialogici e caratteriali già ampiamente visti e utilizzati. Il che di base non sarebbe poi sbagliato, poiché come si dice dopo Omero e Shakespeare non si inventa più nulla, ma si sceglie come rappresentare il già scritto e come scrivere il già rappresentato. Il problema è che i dettagli, elementi, caratteri e appunto i già citati cliché qui sono mal utilizzati, come per svolgere un compito e via, si semplifica tutto e troppo e si perde molto del potenziale gusto che avrebbe potuto esserci.


Ho letto diversi paragoni con altri film (un po' l'ho appena fatto io), che non sempre fa bene compiere e qualche volta sono anche fuori luogo, ma quello che mi sembra più fuorviante è il volerci trovare una rappresentazione antimilitarista. Diversi film, anche di gran lunga migliori di questo, sono stati girati e offerti al pubblico con una evidente e ben rappresentata chiave “contro la guerra e ciò che rappresenta”, ma in questo caso mi sembra non ci sia. Dovremmo vedere il film per ciò che, in fondo, sembra essere più di tutto il resto, ovvero il racconto di un episodio personale e collettivo, nelle sue componenti e sfumature, una narrazione, una storia. A questo proposito “1917” ai miei occhi ed al mio gusto non convince totalmente. Forse non convince e basta.

martedì 4 febbraio 2020

Lo spirituale nelle cose materiali ed astratte

Dipinto con arco nero, 1912 - Parigi, Musée National d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou

Il mio libro 'Űber das Geistige in der Kunst' (Sullo spirituale nell'arte) come pure 'Der Blaue Reiter', avevano soprattutto lo scopo di suscitare la capacità di percepire lo spirituale nelle cose materiali ed astratte, il che permette esperienze infinite e necessarie nel futuro. Il desiderio di suscitare negli uomini che ancora non la possedevano questa capacità che rende felici, era lo scopo principale delle due pubblicazioni.
(Vasilij Vasil'evič Kandinskij)
 


lunedì 3 febbraio 2020

Citazioni Cinematografiche n.340

Ecco vede, lei esita, ma un comandante non esita. È tenuto ad agire. Se non agisce, mette a rischio la vita di tutto l'equipaggio. Questo è il suo compito. E non è una scienza. Deve essere in grado di prendere decisioni difficili sulla base di informazioni incomplete, chiedendo ai suoi uomini di eseguire ordini che possono portarli alla morte. E se sbaglia, è lui a subirne le conseguenze. Se non è pronto a prendere queste decisioni, senza pause, senza poter riflettere, non ha il minimo diritto di comandare un sommergibile
(Comandante Dahlgren/Bill Paxton in "U-571", di Jonathan Mostow - 2000)