mercoledì 18 novembre 2020

Giallo, Noir & Thriller/79


Titolo: Il Messaggio nella bottiglia

Autore: Jussi Adler Olsen

Traduttore: Maria Valeria D’Avino

Editore: Marsilio - 2013


Terzo episodio della serie dedicata alla Sezione Q composta da Carl Mørck e dai suoi due colleghi-assistenti, il siriano Assad e la imprevedibile Rose. Dopo i primi due libri letti il timore era di trovarsi di fronte ad un certo calo di tensione e di qualità. Se la prima non manca, anche se il lettore di fatto conosce già l'identità dell'assassino a differenza dei protagonisti, la seconda a volte sembra latitare, con qualche passaggio non propriamente soddisfacente. La lunghezza del romanzo però viene in aiuto, dal momento che Jussi Adler-Olsen dimostra di sapere come giocarsela, con la trama che sebbene complessa e sviluppata su piani e visioni diverse viene abilmente tenuta in piedi, alimentando la curiosità di legge.

Le indagini sono a conti fatti più di una e portate avanti dai diversi componenti della squadra, di cui vengono rilevati ulteriori particolari e note relative alla vita privata. Espediente che consente di prolungare ed allo stesso tempo aumentare l'attesa per gli sviluppi della vicenda principale, tenendo così viva l'attenzione.


L'autore ha creato una serie dai caratteri definiti e riconoscibili, con elementi che ricorrono ed altri che via via si aggiungono ad arricchire una narrazione ed una ambientazione che sfrutta il parallelo fra contesto socio-ambientale e vissuti privati.

In questo libro il crescendo emozionale gioca il suo ruolo e nell'ambito della letteratura di genere dimostra di possederne i tratti tipici, tra cui azione, buon ritmo, colpi di scena al punto giusto, tecnica investigativa che fa il paio con l'approfondimento dei caratteri.

Ulteriore nota di merito è la presentazione e trattazione dell'assassino, che non solo agisce, ma anche parla, abbondantemente. Racconta e si racconta, ricorda ed offre al lettore un passato doloroso e terribile, che dovrebbe giustificare il proprio modo d’essere nel presente. La narrazione permette, attraverso alcuni dettagli e le rivelazioni dell'assassino, di far emerge con una certa lucidità il problema delle sette religiose, mondo monolitico, violento e schizofrenico, che si nutre di messaggi e forme di fede volte a plasmare, anche con la coercizione e la brutalità non solo verbale, le menti dei giovani e meno giovani adepti.

A questo punto, quando il quadro si complica ulteriormente, sempre sul filo del rasoio e con pochi attimi di respiro, si giunge ad un finale che solo apparentemente sembra liberatorio. Il linguaggio a quel punto diviene maggiormente duro e secco, ad alimentare un sottile senso di sconforto, che ci si accorge era presente lungo tutto il racconto.


Dopo aver galleggiato sulle acque del mare per chissà quanto tempo, una bottiglia che racchiude un vecchio messaggio finisce sulla scrivania dell’ispettore Carl Mørck. Un grido di aiuto scritto con il sangue: due fratelli imprigionati in una rimessa per le barche chiedono di essere liberati. Chi sono i due ragazzi, e perché nessuno ne ha denunciato la scomparsa? Potrebbero essere ancora vivi? Carl Mørck e il suo assistente siriano Assad dovranno usare tutte le risorse disponibili per svelare la spaventosa verità che le onde del mare hanno trascinato alla deriva troppo a lungo. (da marsilioeditori.it)

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