venerdì 8 maggio 2015

Giallo, Noir & Thriller/22


Titolo: L’Assassino che è in me
Autore: Jim Thompson
Traduttore: Anna Martini
Editore: Fanucci - 2005

È sufficiente scrivere un noir in prima persona per coinvolgere il lettore e fargli perdere punti di riferimento e certezze? Sicuramente no, ma cosa accade quando riesci, consapevolmente, a descrivere la parabola criminale di un uomo, a far compiere a chi legge un viaggio nella sua mente e a fargli vivere estreme pulsioni? Cosa raggiungi quando il “cattivo” è il vice-sceriffo di una cittadina texana, ovvero quello che dovrebbe garantire ordine, legalità e giustizia, mentre è un personaggio lucidamente violento come pochi altri prima e “modello” per future imprese letterarie?

Sei di fronte ad un capolavoro!

L’autore è Jim Thompson, che in questo romanzo, come in altri successivamente letti, esprime un genuino nichilismo, solo appena sfumato da una vena satirica, da un umorismo nero, sagace e a tratti spiazzante.

Ti viene da immedesimarti in questo ragazzo, forse un po’ strano, ma di cui sei portato a fidarti. Vorresti quasi fare il tifo per lui, magari garantirgli impunità ed una via di fuga. Insomma ti viene da sentirti suo amico, anche se, in fondo, sai che sarebbe pronto a far fuori anche te, se pensasse che sia necessario.

"Cercai di spingerla via. Dovevo uscire di lì. Sapevo cosa sarebbe successo se non fossi uscito, e sapevo di non potermi permettere che accadesse. Avrei potuto ucciderla. Avrei potuto far tornare la malattia. E anche se non l'avessi fatto e non fosse successo, per me sarebbe finita. Lei avrebbe parlato. Avrebbe strillato fino a sgolarsi. E la gente avrebbe cominciato a pensare, a pensare e a chiedersi di quella volta...".

Precisione ed asciutta immediatezza nel presentare e descrivere la follia del protagonista, un approfondimento di stampo clinico rispetto alla psicosi del vice-sceriffo. Un uomo, di fatto frustrato (come molti personaggi di Thompson), alle prese con ambizioni e desideri non alla sua portata.


“Se il buon Dio ha commesso un errore, con noi esseri umani, è quello di farci desiderare di vivere anche quando abbiamo ben poche scuse per farlo...”.


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