Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze. Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
mercoledì 28 febbraio 2018
lunedì 26 febbraio 2018
Citazioni Cinematografiche n.239
Johnnie: Se si deve uccidere qualcuno bisogna farlo con semplicità. Ho ragione, dottor Sedbusk?
Sedbusk: Sì, certo. Finché con semplicità non si è presi...
(Johnnie Aysgarth/Cary Grant e Dr. Bertram Sedbusk/Gavin Gordon in "Il Sospetto", di Alfred Hitchcock - 1941)
venerdì 23 febbraio 2018
Giallo, Noir & Thriller/50
Titolo:
Malsangue
Autore:
Claudio Sergio Costa
Editore:
Libromania – 2017
L'autore
di “Malsangue” compie la scelta di utilizzare due distinti
punti di vista, uno per ogni personaggio centrale, e pertanto due
narrazioni, una in prima persona ed una in terza, l'ispettore
della squadra mobile di Milano Vanessa Redoaldi ed un bambino,
Renato, dalla storia personale a dir poco singolare. A mio parere
tale soluzione narrativa non risulta a conti fatti del tutto
riuscita. Nello specifico l'uso, prolungato, della terza persona
nella parte centrale del romanzo, depotenzia un po' la narrazione,
rallentandone il ritmo che invece in altre parti risulta maggiormente
coinvolgente. A volte, in particolare a causa del discontinuo e non preciso alternarsi degli stili di narrazione che sottrae al lettore un punto di riferimento, la tensione tende a
calare. Peccato per un romanzo comunque non lungo e che risulta
gradevole alla lettura, grazie ad una scrittura immediata e che solo
saltuariamente si concede accessorie descrizioni e brevi incisi.
La
storia narrata, nella sua durezza e tragicità, arriva al
lettore, che si appassiona alle azioni di un becchino addetto in un
cimitero di un paese non lontano dal lago di Como, luogo tanto remoto
quanto adatto ad ospitare una personalità disturbata, che si rende
colpevole di una serie di delitti e crudeltà che si prolungano per
anni, fino a quando il caso o altro che si voglia definire giunge a
far incrociare tra loro le vite ed i destini dei vari personaggi. La
scrittura secca ed incisiva veicola e suscita emozioni, anche in
virtù dell'umanità e della verosimiglianza dei caratteri, meglio
descritti quelli adulti, forse un po' tirato e dai tratti ingenui
quello del bambino, verso cui comunque, inevitabilmente, si
indirizzano le simpatie del lettore.
Una
buona proposta ed una lettura che mi ha incuriosito fin dalle prime
pagine per lasciarmi in fondo soddisfatto, nonostante i lievi appunti
che ho fatto all'inizio di queste righe.
L’ispettore della squadra mobile di
Milano Vanessa Redoaldi si sta lentamente riprendendo da una triste
vicenda personale, quando viene richiamata in servizio d’urgenza. Deve
mettersi sulle tracce dell’assassino di un uomo brutalmente ucciso sui
binari della metropolitana. Le indagini dell’ispettore, aiutata da un
misterioso agente Senza Nome, portano a una serie di sparizioni tra
Milano e Vedesimo, eventi all’apparenza non collegati tra loro eppure
stranamente ricorrenti fino a dieci anni prima... La strada
dell’ispettore si incrocia così con quella di Renato Frauleri, un
bambino di dieci anni che fino al giorno di quell’omicidio non si era
mai allontanato dal cimitero di Vedesimo, nascosto agli occhi del mondo.
Per l’ispettore la serrata caccia all’uomo diventa una questione
personale e fa tutt’uno con il tentativo di proteggere il bambino e
superare la sua diffidenza per quegli adulti che sembra considerare
tutti cattivi. (da libromania.net)
giovedì 22 febbraio 2018
Calcio, VAR, arbitri e psicologia sociale
A proposito
delle frequenti polemiche e discussioni sul comportamento degli
arbitri di calcio in merito a falli, rigori, ammonizioni ed uso del
VAR, cito un passo del libro “L'Elefante Invisibile” (aut.
Giuseppe Mantovani – ed. Giunti 1998), che prende a prestito e
sviluppa studi e ricerche in ambito psicologico-sociale, a proposito
del Costruzionismo Sociale e delle modalità attraverso le quali noi
tutti creiamo, interpretiamo, diamo un senso e viviamo la nostra
realtà di ogni giorno, quantomeno quella che definiamo tale.
Tre
arbitri di baseball discutono di falli. Il primo dice: “Io li
fischio quando li vedo”. Il secondo dice: “Io li fischio perché
ci sono”. Il terzo non è d'accordo: “Non ci sono finché io non
li fischio”. Il primo arbitro pensa che identificare un fallo
significhi percepire una realtà esterna, nei limiti consentiti dalle
proprie capacità (“Prendo atto del fatto che è avvenuto un
fallo”). Il secondo arbitro crede che le valutazioni siano il
risultato di processi mentali oggettivi ed indiscutibili (“Vedo un
fallo perché c'è”). Il terzo arbitro è, forse senza saperlo, un
costruttivista. Egli pensa che le valutazioni siano costruite nel
processo attraverso cui vengono elicitate. Potrebbe dire: “Il fallo
esiste quando dico che c'è perché io sono l'arbitro e ho gli
strumenti adatti (concettuali e pratici) per farlo esistere come
fatto sociale; ho l'esperienza, la capacità e l'autorità per
valutare se un fallo c'è o non c'è; posso sbagliare, naturalmente,
un altro arbitro potrebbe decidere in un altro modo, ma un fallo è
un fallo solo nel momento in cui io lo fischio”.
Tale concetto ed il costruzionismo sociale non significa
affatto essere relativisti, tantomeno fatalisti come se fossimo
impossibilitati a capire ed interpretare in modo definitivo ed
indiscutibile la realtà. Essere coscientemente costruzionisti
significa essere consapevoli delle operazioni attraverso cui noi
strutturiamo la realtà, ovvero consapevoli delle ambiguità presenti
in ogni quotidiana esperienza e situazione. Come scrisse Kenneth
Gergen (1994) il costruzionismo sociale “richiama l'attenzione
sulla molteplicità dei modi in cui il mondo è, e può essere,
costruito”.
Magari alla prossima partita di calcio, dopo i
sacrosanti insulti e le incazzature varie, potremmo pensarci.
mercoledì 21 febbraio 2018
lunedì 19 febbraio 2018
Citazioni Cinematografiche n.238
La seconda signora de Winter: Ma perché non mi avevi mai detto nulla?
"Massimo" de Winter: Ho tentato tante volte ma ti sentivo così lontana.
La seconda signora de Winter: Come potevamo essere vicini se
capivo che tu pensavi sempre a Rebecca? Come potevo chiederti di amarmi
se sentivo che amavi ancora Rebecca?
"Massimo" de Winter: Ma cosa stai dicendo? Che cosa vuoi dire?
La seconda signora de Winter: Tutte le volte che mi toccavi
sapevo che facevi un confronto con Rebecca, tutte le volte che mi
guardavi, mi parlavi o camminavi con me nel parco so che cosa pensavi:
"Questo l'ho fatto con Rebecca, e questo, e questo", non è vero?
"Massimo" de Winter: Credevi che io amassi Rebecca? Hai creduto questo? Io l'odiavo!
(La seconda signora de Winter/Joan Fontaine e "Massimo" de Winter/Laurence Olivier in "Rebecca, la prima moglie", di Alfred Hitchcock - 1940)
sabato 17 febbraio 2018
Ida - 2013
Ho visto
un film bellissimo!
“Ida”,
di Pawel Pawlikowski, che al di là del nome difficile da ricordare
per molti, ha fatto davvero un gran bel film. Tanto da meritarsi il
premio Oscar 2015 come miglior film straniero.
Mi è
piaciuto per la rigorosa, vibrante interpretazione delle due
sorprendenti protagoniste, una novizia che si appresta a prendere i
voti nel convento dove è cresciuta, e la zia che incontra per la
prima volta pochi giorni prima del grande passo.
Mi è
piaciuto per la splendida fotografia, un bianco e nero pieno e
sapido nella sua freddezza, che esplora tutti i toni di grigio
illustrando e raccontando due viaggi a loro modo iniziatici, due
modalità di fare i conti con il proprio io e la Storia.
Compostezza
e rigore formale, ma allo stesso tempo vitalità che si affida
alla musica, splendida quella originale composta per il film, ma
anche John Coltrane, Mozart e Adriano Celentano, nonché Fred
Buscaglione per lampi di luce e di vita.
Un percorso
nella Memoria, nella Storia, nella Polonia anni 50 e 60,
affidato ad una grande regia, che evita retorica e cadute nel
patetico o nel già visto grazie a splendide e irresistibili
inquadrature, dove primi piani e campi lunghi, particolari e immagini
a tutto schermo parlano allo spettatore la lingua, comprensibile a
tutti, del grande e puro cinema.
Inquadrature
perfette, bianco e nero di una purezza disarmante, immortale e narrativo, splendida
musica, dialoghi essenziali ed esaustivi, rigidità formale solo
apparente che cede opportunamente il passo ad una vibrante
cristallina narrazione. Quanto basta per definire “Ida” un film
imperdibile!
Polonia,
1962. La 18enne Anna, un orfana cresciuta in convento, ha deciso di
farsi suora. Tuttavia, poco prima di prendere i voti, scopre di avere
una zia ancora in vita, Wanda, la sorella di sua madre. Insieme a lei
la ragazza affronterà un viaggio alla scoperta di se stessa e del
proprio passato: scopre, infatti, di avere origine ebraiche e che il
suo vero nome è Ida; inoltre, sua zia è un ex pubblico ministero
comunista, responsabile di numerose condanne a morte nei confronti di
religiosi. Mentre Anna va alla ricerca della verità sulla sua
famiglia, Wanda deve confrontarsi con le decisioni prese ai tempi
della guerra e che ancora la perseguitano. (da
cinematografo.it)
All'interno del film viene suonato questo immortale e fantastico pezzo di John Coltrane. Un'ottima occasione per ascoltarlo!
giovedì 15 febbraio 2018
Le Storie #64 - Il Dono di Atena
Il
numero 64 della collana “Le Storie” della Bonelli si
affida all'antica Grecia ed alla Guerra del Peloponneso (431-404
a.C.), in pratica Atene contro Sparta, ovvero uno degli eventi più
discussi, per portata e conseguenze, tra tutti gli antichi conflitti
che hanno animato il Mediterraneo. Nello specifico l'episodio
disegnato da Andrea Riccadonna su sceneggiatura di Giuseppe
Di Nardo, narra della disastrosa spedizione dell’esercito
attico in Sicilia, spesso considerata l'inizio della fine della
grandezza di Atene, che andando dietro a sogni imperialisti finisce
miseramente per perdere l'egemonia conquistata grazie al coraggio
mostrato nelle due guerre persiane.
L'albo
è chiaramente debitore nei confronti di Tucidide e della sua
opera, ma facendo tesoro della lezione manzoniana De Nardo usa con
abilità le regole del “romanzo storico”, quindi il lettore si
trova alle prese con vicende inventate inserite in un contesto
documentato storicamente e quindi “verisimile” (così direbbe
Alessandro Manzoni), personaggi di fantasia che dialogano con
personaggi della Storia (come in altri casi la collana Le Storie
ci ha offerto).
“Il
Dono di Atena” quindi presenta i pregi ed al contempo i limiti
di un'operazione del genere. In pratica il ritmo ne risente e sebbene
l'accuratezza storica, di ricostruzione e rappresentazione dei
luoghi, delle vicende e delle usanze e costumi sia rigorosa ma non
stucchevole, il lettore poco informato sulla Storia rischia la noia,
dovuta al fatto di non riuscire ad inquadrare tutto al meglio. La
componente investigativa risulta intrigante ma un po' debole, in
particolare nella prima parte, seguita da una seconda porzione
narrativa meglio orchestrata, dove all'impegno di ricostruzione
storica subentra un cambio di prospettiva che dona maggiore emozione
e forza drammaturgica e drammatica.
Le
didascalie ed i dialoghi, se non approcciati nel modo che a me è
parso più adeguato, ovvero come un omaggio ed al contempo un obbligo
rispetto alla forza ed al valore del “logos”
greco, possono risultare eccessivamente verbosi, a scapito
dell'azione. Ma
se invece si compie lo sforzo di rileggere intere tavole e passaggi
si scoprirà la forza di questo albo, in grado di coniugare sviluppo
narrativo e dipanarsi degli eventi.
I disegni mi sono sembrati spettacolari! Nel contesto di un albo
Bonelli e in un formato classico le tavole di Riccadonna sono davvero
curatissime e riproducono con efficacia luoghi della Sicilia (e
di Siracusa in particolare) del
V secolo a.C., le armature e i modi di combattere sia della falange
oplitica via terra sia delle triremi nelle battaglie navali.
415
a.C. Le città-stato del mondo greco si danno battaglia da più di
tre lustri e la fragile Pace di Nicia sta per essere travolta dagli
eventi... Atene gioca una carta azzardata: un'ingente spedizione
viene inviata in Sicilia per spezzare l'alleanza tra la sua mortale
nemica, Sparta, e la potente Siracusa, ma l'impresa si rivela
difficoltosa. Uno dei comandanti ateniesi, l'astuto Alcibiade, è
accusato di empietà dai suoi stessi concittadini e si sospetta che -
sfuggito al processo - sia passato al nemico... (da
sergiobonelli.it)
mercoledì 14 febbraio 2018
lunedì 12 febbraio 2018
Citazioni Cinematografiche n.237
Principessa Anna: E a mezzanotte, me ne tornerò, simile a Cenerentola, là da dove sono evasa...
Joe: E sarà la fine di una bella favola.
(Principessa Anna/Audrey Hepburn e Joe Bradley/Gregory Peck in "Vacanze Romane", di William Wyler - 1953)
domenica 11 febbraio 2018
La Rapina del Secolo - Editoriale Cosmo
Il mese
scorso la Editoriale Cosmo ha portato in edicola all'interno
della sua Serie Gialla l'albo “La Rapina del Secolo”, un
libero ed avvincente adattamento, ad opera di Xavier Dorison e Fabien
Nury, di un libro francese scritto da Pierre Siniac. Ambientato in
Francia, nel giugno del 1940, nel periodo dell'invasione nazista,
l'albo è disegnato da Laurent Astier, a dirla tutta non
particolarmente abile nel caratterizzare graficamente i personaggi ma
in grado di renderli accattivanti per il lettore, che si trova di
fronte ad un'avventura impersonata da un gruppo tanto eterogeneo
quanto azzeccato di “eroi” alle prese con un colpo che potrebbe
cambiargli la vita in modo definitivo, come recita l'esplicativo e
suggestivo sottotitolo “come ho fatto fortuna in Francia nel
giugno 1940”.
La
sceneggiatura è in più occasioni un tantino esagerata, alla film
d'azione con situazioni al limite e dialoghi oggettivamente sopra le
righe e poco realistici, ma il lettore si diverte ed i disegni ed il
colore catturano la sua attenzione e lo coinvolgono. Azione,
un filo di ironia, una dose di noir che ingolosisce, la giusta
sospensione dell'incredulità, quanto basta per godersi la lettura di
questo snello e agevole romanzo a fumetti, diverse situazioni
cinematografiche, per disegni a cavallo fra realistico e avventuroso.
venerdì 9 febbraio 2018
Dampyr #214 - Il Giocattolaio
L'albo
n.214 di Dampyr “Il Giocattolaio” presenta elementi
classici della serie e caratteristiche proprie, collegando la
macrotrama della serie e la presentazione di un nuovo avversario per
Harlan, Kurjak e Tesla.
Il
consueto passaggio fra linee temporali, spesso presente negli albi della serie, chiama in causa, durante
l'albo, la Magdeburgo della seconda guerra mondiale e quella
odierna, resa efficacemente da Gino Vercelli. Il disegnatore,
all'esordio su Dampyr ma già conosciuto fra le tavole di Nathan
Never, riesce a rendere molto bene la città tedesca e le sue
nebbiose vie e scenografie, che donano atmosfera e tensione alla
storia, grazie ad una intelligente ed emozionante inchiostrazione
che a volte si presenta opportunamente “sporca” per donare
ulteriore oscurità alla vicenda, non banale anche se forse un po'
troppo lineare nella sua sceneggiatura e resa drammaturgica.
Discorso
diverso per la resa dei personaggi, Harlan in particolare, che non
sempre sono direttamente riconoscibili per il lettore.sono inoltre presenti alcune tavole che sembrano non del tutto complete.
Si
accennava alla macrotrama, ben supportata dalla commistione
tra orrore, elementi storici e vari richiami interni alla serie,
dato che incentiva la lettura, l'albo però presenta il difetto di
proporre un finale, una risoluzione della vicenda a mio parere un po'
troppo affrettata, suggerendo una certa sensazione di già visto, già
utilizzato, di troppo comune e abusato nel contesto della serie di
Dampyr stessa. Elemento questo che lascia un pizzico di delusione.
Perché
una vecchia bottega scomparsa sotto le bombe dell’ultima guerra
mondiale riappare nelle nebbiose notti di Magdeburgo? I giocattoli
assassini rapiscono piccoli innocenti per consegnarli al perfido
giocattolaio. Harlan Draka scoprirà che a tessere le fila c’è uno
dei suoi peggiori nemici! (da
sergiobonelli.it)
giovedì 8 febbraio 2018
Impressione
Dolores Wettach in “Controsesso”, di Rossi/Ferreri/Castellani - 1964
Irène Jacob in“La Doppia Vita di Veronica”, di Krzysztof Kieślowski - 1991
Carlo Bagno e Nino Manfredi in “In nome del Papa Re”, di Luigi Magni - 1977
Ferruccio Castronuovo in “Splendor”, di Ettore Scola - 1989
mercoledì 7 febbraio 2018
lunedì 5 febbraio 2018
Citazioni Cinematografiche n.236
Messala: Ben-Hur, o aiutarmi o combattermi, non ti rimane altra scelta. O sei per me o sei contro di me.
Ben-Hur: Se questa è la scelta, sono contro di te allora.
(Messala/Stephen Boyd e Giuda Ben-Hur/Charlton Heston in "Ben-Hur", di William Wyler - 1959)
sabato 3 febbraio 2018
Giallo, Noir & Thriller/49
Titolo:
L'Angelo del Lago
Autore:
Dario Galimberti
Editore:
Libromania – 2017
A proposito
di un precedente libro di cui ho parlato, “Un Errore diInesperienza”, facevo notare come l'autore, a mio parere, non fosse
riuscito a far “arrivare” i protagonisti della vicenda, i vari
personaggi, al lettore, che si troverebbe in una condizione di
relativo coinvolgimento e interesse verso i personaggi stessi.
Questo non
accade durante la lettura di “L'Angelo del Lago” di Dario
Galimberti, per le edizioni Libro/Mania. Le descrizioni dei
luoghi, la Lugano degli anni 30, con la sua varia umanità, i
quartieri, da quelli più poveri alle ville abitate dai ricchi e dai
notabili della città, i mestieri che svolgono gli abitanti, il lago,
le stradine ed i parchi aiutano il lettore nell'immaginare il
contesto in cui accade quanto narrato. I principali attori vengono
“raccontati” a chi legge, sia per il loro aspetto fisico che per
le personalità che li distinguono, i loro caratteri sono messi alla
portata del lettore, che può, in questo modo, sentirli vicini, vivi
e pertanto amarli o detestarli, osservarli con empatia e
partecipazione, viverli simpatici o sentirsene schifati, anche solo
guardarli agire, magari sospendendo il giudizio o procrastinando
valutazioni o conclusioni di sorta.
Il merito
va ad una scrittura attenta e sapiente, semplice nella sua
correttezza formale ed eleganza, in grado di dosare azione e
descrizioni, riflessioni e colpi di scena, che trasmette amore per i
caratteri presentati. Non mancano le
emozioni, anche forti, e gli elementi toccanti e commoventi, in
particolare dati dalla relazione, più che una collaborazione
professionale, tra i due personaggi principali, il delegato di
polizia Ezechiele Beretta ed il giovane gendarme Albino Frapolli,
incaricati delle indagini su quello che frettolosamente viene
considerato un caso di semplice ed ovvia soluzione.
Ritornando
all'elemento iniziale di queste righe, sottolineo come mi
sia sentito molto vicino ai due protagonisti,
seguendone le vicende, appassionandomi alle indagini come al loro
rapporto umano,
all'evolversi della loro reciproca stima ed amicizia, fino al tragico
epilogo, che mi ha commosso come non immaginavo e come non è comune
che mi accada. Grazie all'autore. Grazie anche per l'ambientazione
che mi ha fatto scoprire una parte di Svizzera in un periodo storico
stimolante ed interessante.
Lugano,
1935. La ragazza trovata morta nel quartiere malfamato del Sassello
non è una prostituta come tutti avevano creduto, ma Eleonora
Alfieri-Ferri, secondogenita dell’uomo più ricco e potente della
città e del cantone Ticino. Cosa ci facesse in quel luogo e in una
condizione così equivoca è il cruccio del delegato di polizia
Ezechiele Beretta e del giovane gendarme che lo accompagna, Albino
Frapolli. I sospetti sull’improbabile fidanzato di Eleonora, un
poveraccio originario del quartiere e protagonista di
un’insostenibile storia d’amore con la giovane ereditiera, si
volatilizzano come cenere al vento e la verità si rivela nella sua
crudezza sconvolgente. Il prezzo da pagare per chi si batte perché
la giustizia faccia il suo corso può essere caro, però, come non
tarderanno a scoprire gli investigatori. (da
libromania.net)
giovedì 1 febbraio 2018
42
"Quarantadue!"
urlò Loonquawl. "Questo è tutto ciò che sai dire dopo un
lavoro di sette milioni e mezzo di anni?"
"Ho
controllato molto approfonditamente," disse il computer, "e
questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il
problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la
domanda."
– Va
bene. La risposta alla domanda fondamentale... sulla vita...
l'universo, e tutto quanto... è... quarantadue.
– Quarantadue?!?
– Sì,
sì! Ci ho pensato attentamente, è questa! Quarantadue! Certo
sarebbe stato più semplice se avessi conosciuto la domanda.
– Ma era
la domanda, la domanda fondamentale di tutto quanto!
– Questa non è una domanda! Solo quando conoscerete la domanda comprenderete la risposta.
– Questa non è una domanda! Solo quando conoscerete la domanda comprenderete la risposta.
(da “Guida
galattica per autostoppisti”, film
per la regia di Garth Jennings - 2005 )
- Quanto fa 6x7? 42.
- Qual'è il numero atomico del Molibdeno? 42.
- Qual'è il numero dei territori del RisiKo? 42.
- Qual'è il numero preferito del dottor House? 42.
- Quanti sono gli episodi di Capitan Harlock? 42.
- Quale numero indica “il caffè” nella Smorfia Napoletana? 42
- Quanti anni compio oggi? 42!
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