venerdì 6 settembre 2019

Chesil Beach (2017)



La storia d'amore tra la ricca e ambiziosa violinista Florence e il modesto e promettente storico Edward nell'Inghilterra dei primi anni Sessanta, pochi anni prima della rivoluzione sessuale, prigionieri dei tabù di un'epoca e delle convenzioni familiari e sociali. La loro luna di miele a Chesil Beach li porterà verso altre strade, altri destini, altre vite...

L'impianto letterario, la componente drammaturgica, è fin troppo evidente, forse più adatta ad una messa in scena teatrale, la sceneggiatura direttamente tratta dal romanzo omonimo di Ian McEwan ne risulta costretta e soffre nel risultato totale, ma “Chesil Beach” è tutt'altro che un film trascurabile.
Dominic Cooke, lui sì regista teatrale, dimostra di saper utilizzare lo strumento cinematografico, riuscendo a limitare ed a volte superare i limiti propri del tentativo di portare sul grande schermo la scrittura dell'autore britannico. Inquadrature studiate, campi lunghi e medi, qualche intenso ed emozionante primo piano, cambi di prospettiva e di punto di vista per raccontare ciò che le parole e dialoghi non riescono a comunicare allo spettatore. Non c'è verbosità nel parlare dei protagonisti, anzi, sembra che ogni frase sia stata opportunamente pensata, scelta e dosata, ma rimane comunque una certa distanza fra lo scritto su carta e l'ascoltato dallo schermo. Le immagini vengono in aiuto e così “Chesil Beach” si fa vedere ed apprezzare.



Non un grande film, onestamente, ma la recitazione di Billy Howle, ma soprattutto di una bravissima Saoirse Ronan permettono di seguire il racconto di una complicata storia d'amore, dove privato e pubblico, storie dei singoli e storia del Costume si incontrano, animando e rendendo uno dei passaggi sociali e culturali, e perché no etici, del secolo scorso. Il costrutto testuale appassionante riesce così a non soverchiare totalmente le immagini, con il risultato di non farne un piatto radiodramma teatrale ma ponendo l'elemento visivo al servizio del testo senza però risultarne schiacciato.

Quella che dovrebbe essere la scena madre, ovvero il non compiersi (il pessimo “non consumarsi” lo detesto) dell'incontro sessuale fra i due neosposi, è più volte interrotta e rimandata da una serie di flashback (che creano una certa tensione narrativa) e poi flashforward, che illustrano il nascere dell'amore fra una giovane donna ed un giovane uomo nati nell'Inghilterra post seconda guerra mondiale. I due sentono che qualcosa sta cambiando, in loro e nella società in cui vivono, ma rimangono a metà del guado, fra la morale e le consuetudini dei loro genitori e ciò che i giovani come loro stanno proponendo e cercando di vivere, in tema di amore, sesso, emancipazione, convivenza e relazione fra uomo e donna. Non andrà bene tra loro, sotto l'aspetto sessuale, dal momento che si sono innamorati e credono di conoscersi, ma quello che non conoscono è il proprio corpo e quello dell'altro, non sanno cosa ci sia nell'intimo e nel profondo dell'una e dell'altro e non riusciranno ad andare oltre, sospesi fra il passato ed il presente.

Ebbene gli attori e le musiche sottolineano bene tutto questo, lo rendono alla portata, almeno in parte, del pubblico e le scene da lodare non mancano, specie per le scelte registiche, ma in fondo anche il film nel complesso rimane un po' al di sotto di quanto fosse legittimo aspettarsi da una sceneggiatura e da una scrittura che promettevano molto e anche di più. Ultimo elemento che sottolineo è come i due giovani vengano separati, ostacolati nel loro amore, non tanto da agenti esterni, famiglia o società come in numerosi e classici drammi, bensì dai loro costrutti psichici, da ciò che hanno introiettato e non sono riusciti a gestire e metabolizzare, ancora non in grado di crearsi una loro identità e farsi autori di proprie scelte e costruttori del proprio destino accettandosi e accettando l'altro.


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