Cogliendo con prontezza una serata insperabilmente,
completamente libera, giacché i miei impegnativi bimbi sono a dormire dai nonni
(siano ringraziati!) e la loro paziente madre fuori casa per partecipare
all’addio al nubilato di mia sorella (la più piccola), sono andato al cinema!
“Tutti pazzi per Rose”, questo il titolo del film a
disposizione nel cinema che mi ha accolto ed in cui è in svolgimento una
simpatica rassegna, è una commedia che mi ha divertito e un pizzico
commosso.
Il cinema francese negli ultimi anni si sta
attrezzando per essere pienamente godibile e proporre qualità ed
intrattenimento, dimostrando che le due cose sono compatibili e possono
convivere nello stesso film, se si usa e si dosano capacità, furbizia, talento
e attenzione ai gusti del pubblico “educandolo” allo stesso tempo.
Régis Roinsard, regista pressoché esordiente con
quest’opera, miscela con gusto e mestiere elementi vintage, come
l’ambientazione (Normandia 1958), i costumi e le musiche, e cliché classici e
intramontabili, perciò anche moderni, per darci una commedia a tratti
travolgente, comunque coinvolgente, astuta quanto basta che sa riprendere i
classici hollywoodiani, strizzando l’occhio alle commedie con Doris Day
e alla Billy Wilder, ma allo stesso tempo aggiornandole quanto basta per
i palati più moderni.
Le atmosfere anni 50 fanno bene a questa
ricostruzione, volutamente depurata e semplificata, per proporre elementi
romantici e tipici di una commedia ben scritta e ben recitata. Qua e là ci sono
dettagli stucchevoli e qualche minuto in meno avrebbe aiutato, ma la prova è
soddisfacente e lascia sensazioni positive. In pratica un feuilleton,
con rimandi e citazioni ben evidenti e che ci si può divertire a scovare, che
esalta la coppia di protagonisti, dove sia la lei del titolo che il suo
lui fanno la loro parte, bene e con una certa classe.
Se Romain Duris è simpatico e accattivante
anche quando fa il duro, la belga Déborah François è una Rose fresca e
deliziosa, aiutata da un look fra Audrey Hepburn e Grace Kelly, a cui fa
pensare senza far storcere il naso. A loro si aggiunge la brava e misurata Bérénice
Bejo.
Non è un capolavoro, d’altronde quanti ne stiamo
vedendo ultimamente? Forse alcune scelte e la sceneggiatura possono
essere ritenute banali, poco audaci, ma il film comunque funziona e la grazia
e leggerezza che si possono apprezzare non sono poi così comuni. La fotografia,
che esalta i colori pastello ed evita la grossolanità e la volgarità del
technicolor più acceso, tipico di gran parte delle commedie statunitensi degli
ultimi anni, mi è parsa una scelta più che azzeccata. Anche il soggetto
è stato sviluppato bene, mescolando temi romantici, e non solo, con fraseggi
tipici dei film a tema sportivo, e
non oso pensare cosa ne avrebbero fatto ad Hollywood, sebbene un remake
sia più che probabile, magari ambientato fra Minnesota e New York (comincio già
a sentirmi male), con protagonista una qualche insulsa e irritante attricetta
di grido, saltata agli onori della cronaca non per meriti artistici (e ci
mancherebbe) ma per questioni di gossip (meccanismo ampiamente sfruttato e
riproposto).
In questo caso il cinema europeo merita di
essere apprezzato, poiché una commedia come questa, che evita, con classe,
volgarità e spiacevolezze tecniche ed estetiche, ci riconcilia, almeno un po’
con le sale cinematografiche, pur mirando ad un discreto e poco ambizioso
intrattenimento.
Primavera, 1958. Rose ha ventun anni e vive con il
burbero padre in un villaggio della Normandia. Il suo destino è sposare il
figlio del meccanico del paese e diventare una moglie docile e devota, ma lei
non vuole una vita del genere, e così, quando viene a sapere che Louis Echard,
il carismatico direttore di una società di assicurazioni, cerca una segretaria,
non esita a partire per Lisieux. Il colloquio non va nel modo migliore, ma Rose
vuole quel lavoro a tutti i costi: diventerà la dattilografa più veloce di
Francia e, forse, perfino del mondo...
(trama da cinematografo.it)