sabato 9 novembre 2013

Tutti pazzi per Rose


Cogliendo con prontezza una serata insperabilmente, completamente libera, giacché i miei impegnativi bimbi sono a dormire dai nonni (siano ringraziati!) e la loro paziente madre fuori casa per partecipare all’addio al nubilato di mia sorella (la più piccola), sono andato al cinema!

“Tutti pazzi per Rose”, questo il titolo del film a disposizione nel cinema che mi ha accolto ed in cui è in svolgimento una simpatica rassegna, è una commedia che mi ha divertito e un pizzico commosso.

Il cinema francese negli ultimi anni si sta attrezzando per essere pienamente godibile e proporre qualità ed intrattenimento, dimostrando che le due cose sono compatibili e possono convivere nello stesso film, se si usa e si dosano capacità, furbizia, talento e attenzione ai gusti del pubblico “educandolo” allo stesso tempo.

Régis Roinsard, regista pressoché esordiente con quest’opera, miscela con gusto e mestiere elementi vintage, come l’ambientazione (Normandia 1958), i costumi e le musiche, e cliché classici e intramontabili, perciò anche moderni, per darci una commedia a tratti travolgente, comunque coinvolgente, astuta quanto basta che sa riprendere i classici hollywoodiani, strizzando l’occhio alle commedie con Doris Day e alla Billy Wilder, ma allo stesso tempo aggiornandole quanto basta per i palati più moderni.

Le atmosfere anni 50 fanno bene a questa ricostruzione, volutamente depurata e semplificata, per proporre elementi romantici e tipici di una commedia ben scritta e ben recitata. Qua e là ci sono dettagli stucchevoli e qualche minuto in meno avrebbe aiutato, ma la prova è soddisfacente e lascia sensazioni positive. In pratica un feuilleton, con rimandi e citazioni ben evidenti e che ci si può divertire a scovare, che esalta la coppia di protagonisti, dove sia la lei del titolo che il suo lui fanno la loro parte, bene e con una certa classe.

Se Romain Duris è simpatico e accattivante anche quando fa il duro, la belga Déborah François è una Rose fresca e deliziosa, aiutata da un look fra Audrey Hepburn e Grace Kelly, a cui fa pensare senza far storcere il naso. A loro si aggiunge la brava e misurata Bérénice Bejo.

Non è un capolavoro, d’altronde quanti ne stiamo vedendo ultimamente? Forse alcune scelte e la sceneggiatura possono essere ritenute banali, poco audaci, ma il film comunque funziona e la grazia e leggerezza che si possono apprezzare non sono poi così comuni. La fotografia, che esalta i colori pastello ed evita la grossolanità e la volgarità del technicolor più acceso, tipico di gran parte delle commedie statunitensi degli ultimi anni, mi è parsa una scelta più che azzeccata. Anche il soggetto è stato sviluppato bene, mescolando temi romantici, e non solo, con fraseggi tipici dei film a tema sportivo, e  non oso pensare cosa ne avrebbero fatto ad Hollywood, sebbene un remake sia più che probabile, magari ambientato fra Minnesota e New York (comincio già a sentirmi male), con protagonista una qualche insulsa e irritante attricetta di grido, saltata agli onori della cronaca non per meriti artistici (e ci mancherebbe) ma per questioni di gossip (meccanismo ampiamente sfruttato e riproposto).

In questo caso il cinema europeo merita di essere apprezzato, poiché una commedia come questa, che evita, con classe, volgarità e spiacevolezze tecniche ed estetiche, ci riconcilia, almeno un po’ con le sale cinematografiche, pur mirando ad un discreto e poco ambizioso intrattenimento.

Primavera, 1958. Rose ha ventun anni e vive con il burbero padre in un villaggio della Normandia. Il suo destino è sposare il figlio del meccanico del paese e diventare una moglie docile e devota, ma lei non vuole una vita del genere, e così, quando viene a sapere che Louis Echard, il carismatico direttore di una società di assicurazioni, cerca una segretaria, non esita a partire per Lisieux. Il colloquio non va nel modo migliore, ma Rose vuole quel lavoro a tutti i costi: diventerà la dattilografa più veloce di Francia e, forse, perfino del mondo...
(trama da cinematografo.it)


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