Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze.
Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
Dico la mia, in breve, sui film italiani a Cannes.
"Youth - La Giovinezza", di Paolo Sorrentino: un
guscio vuoto (per il regista napoletano non è una novità), dove Harvey Keitel e
Paul Dano sono meglio di Michael Caine.
"Il Racconto dei Racconti", di Matteo Garrone: l'eterna
fascinazione del raccontare, con volti giusti al posto giusto.
"Mia Madre", di Nanni Moretti: probabilmente la migliore
interpretazione (finora) di Margherita Buy, in un film sul cinema, il dolore e
lo stupore, dove i contenuti hanno la meglio sulla forma (semplice ed
efficace.)
“Quando ero ancora
molto piccola, prima che mia madre morisse, avevamo una coppia di canarini che
tenevamo dentro una gabbia vicino alla finestra della cucina e di notte
coprivamo la gabbia con un panno. Era un copione semplicissimo: di giorno
cantavano e di notte dormivano. E io mi chiedevo se sapessero che fuori dalla
finestra c’era tutto un mondo che non avrebbero mai potuto raggiungere”
(A Voce Piena, di
Elizabeth Rosner – trad. Adriano Solidoro)
“Ha detto... Non riesco a capirlo... Ha detto:
"Provi adesso a tossire..."
Mio marito stava raccontando una barzelletta.
L'aveva letta su un libro. Una donna ha una tosse terribile. Va dal dottore e
il dottore le dà una pillola. "Che cos'è questa medicina?" domanda la
donna inghiottendo la pillola. "È il lassativo più forte che conosca"
risponde il dottore. "Un lassativo?" chiede stupita la donna.
"Sì" risponde il dottore” "Provi adesso a tossire". Abbiamo
riso. In quel momento la macchina è saltata via...”
(Julie/Juliette Binoche ad Antoine/Yann Tregouet in
“Film Blu”, di Krzysztof
Kieslowski - 1993)
Una più che gradevole storia romantica, che prende a pretesto
elementi fantasiosi per ribaltare il modello ed il mito faustiano dell’eterna giovinezza.
La protagonista, Adaline Bowman/Blake Lively, ha un viso
ed un portamento da american comedy televisiva, ma bisogna riconoscere che la
sua bellezza malinconica esercita un
fascino effettivamente senza tempo. Pensato e scritto con tutta evidenza per un
pubblico sufficientemente giovane da rimanere attirato dall’elemento dell’immortalità,
ridiventato “pop” negli ultimi anni, grazie alle avventure di studenti vampiri.
Va incontro alle esigenze di un pubblico medio a suo agio con elementi melodrammatici e storie d’amore
che, inevitabilmente, tendono verso il lieto fine o comunque ambiscono ad una conclusione
all’insegna del sentimento e del consolatorio.
Nulla di
eccezionalmente sgradevole, qualche scena “al miele” è necessaria, poiché ci
sono anche elementi che controbilanciano, grazie per esempio ad un paio di “guizzi”
e ad un uso efficace del flashback. La
recitazione algida, ma niente affatto fredda e distaccata, della Lively
convince e permette anche ad uno come me di godere di qualche passaggio
soddisfacente. Gli altri attori a volte non le sono all’altezza, ad esclusione
della anziana figlia (Ellen Burstyn),
persino Harrison Ford non incide più di tanto e si lascia andare ad un
colpevole passaggio “a vuoto”.
Il tema dell’impossibilità
di legarsi alle persone e di vivere pienamente l’amore, per chi non invecchia (o è immortale),
è affascinante e foriero di possibilità, ma in “Adaline” manca la necessaria profondità emotiva. Ci sono lievi
accenni a superiori livelli di lettura, indizi che poi vengono abbandonati e
probabilmente la svolta a cui lo spettatore assiste verso la metà del film
faceva pensare ad uno sviluppo drammaturgico maggiormente soddisfacente. Insomma
non si è osato troppo ed un po’ mi dispiace, poiché credo che maggior pathos e
maggiore coraggio nello sviluppare trama ed elementi narrativi, senza necessariamente
sconfinare nel visionario, avrebbero reso l’insieme maggiormente interessante.
In definitiva ci si può
rilassare e si riceve la promessa che tutto può andare a finire bene e i
sentimenti trionfano. A volte può bastare!
È sufficiente scrivere
un noir in prima persona per
coinvolgere il lettore e fargli perdere punti di riferimento e certezze? Sicuramente
no, ma cosa accade quando riesci, consapevolmente, a descrivere la parabola criminale di un uomo, a far
compiere a chi legge un viaggio nella sua mente e a fargli vivere estreme
pulsioni? Cosa raggiungi quando il “cattivo”
è il vice-sceriffo di una cittadina texana, ovvero quello che dovrebbe
garantire ordine, legalità e giustizia, mentre è un personaggio lucidamente
violento come pochi altri prima e “modello” per future imprese letterarie?
Sei
di fronte ad un capolavoro!
L’autore è Jim Thompson, che in questo romanzo,
come in altri successivamente letti, esprime un genuino nichilismo, solo appena
sfumato da una vena satirica, da un umorismo nero, sagace e a tratti
spiazzante.
Ti viene da immedesimarti
in questo ragazzo, forse un po’ strano, ma di cui sei portato a fidarti. Vorresti
quasi fare il tifo per lui, magari garantirgli impunità ed una via di fuga. Insomma
ti viene da sentirti suo amico, anche se, in fondo, sai che sarebbe pronto a
far fuori anche te, se pensasse che sia necessario.
"Cercai
di spingerla via. Dovevo uscire di lì. Sapevo cosa sarebbe successo se non
fossi uscito, e sapevo di non potermi permettere che accadesse. Avrei potuto
ucciderla. Avrei potuto far tornare la
malattia. E anche se non l'avessi fatto e non fosse successo, per me
sarebbe finita. Lei avrebbe parlato. Avrebbe strillato fino a sgolarsi. E la
gente avrebbe cominciato a pensare, a pensare e a chiedersi di quella
volta...".
Precisione
ed asciutta immediatezza nel
presentare e descrivere la follia del protagonista, un approfondimento di
stampo clinico rispetto alla psicosi del vice-sceriffo. Un uomo, di fatto
frustrato (come molti personaggi di
Thompson), alle prese con ambizioni e desideri non alla sua portata.
“Se
il buon Dio ha commesso un errore, con noi esseri umani, è quello di farci
desiderare di vivere anche quando abbiamo ben poche scuse per farlo...”.
"Sto con Bud perché mi piace. Sto con Bud perché a me
non nasconde il buono che ha con sé. Sto con Bud perché mi fa sentire come Lynn
Bracken, non come una sosia di Veronica Lake che va a letto soltanto per soldi.
Sto con Bud perché lui non è capace di fingersi quello che non è, e sto con Bud
per tutto ciò che ha di diverso da te."
(Lynn Bracken/Kim Basinger in “L.A. Confidential”, di Curtin
Hanson - 1997)