Blog su Cinema, Letteratura, Arte, Cultura, Tempo libero, Esperienze. Post su Film, Libri, Mostre, Esperienze di vita, Fumetti, Cartoni Animati e quello che mi piace ed anche che mi piace di meno.
martedì 31 dicembre 2019
lunedì 30 dicembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.335
Ana Stelline: I Replicanti vivono vite dure, creati per fare
quello che noi preferiamo non fare. Non posso aiutarli con il futuro, ma
posso darvi dei bei ricordi a cui ripensare, per cui sorridere.
K: È bello.
Ana Stelline: È più che bello. Sembra autentico. E se hai dei ricordi autentici allora puoi avere vere reazioni umane. Non pensa anche lei?
(Ana Stelline/Carla Juri e Agente K./Ryan Gosling in "Blade Runner 2049", di Denis Villeneuve - 2017)
venerdì 27 dicembre 2019
Star Wars - Episodio IX L'Ascesa di Skywalker
L'episodio
IX segna la conclusione della saga più famosa del Cinema, oltre che
una di quelle che ha accompagnato il pubblico per un periodo
temporale fra i più lunghi. Infatti dal 1977, con quel “Guerre
Stellari” in seguito ribattezzato, con l'episodio IV “Una
nuova speranza”, l'universo ed i personaggi creati da George
Lucas hanno omaggiato ed allo stesso tempo saccheggiato miti,
stili e stilemi, storie e mitologie, racconti e caratteri del Cinema,
della Storia e delle varie produzioni delle fantasie e
dell'intelletto umano.
Da sempre a
cavallo fra fantasy e fantascienza, con una prevalenza del primo
rispetto alla seconda, la saga di Star Wars ha attraversato
più di quaranta anni delle nostre vite, ha accolto e perso pubblico,
conquistato o salutato nuovi spettatori, insinuandosi fra le età ed
i gusti, con il fondamentale aiuto di un marketing a volte pervasivo,
quando non molesto o di cattivo gusto, ma di fatto ha creato un mito.
Sebbene si voglia farlo giungere ad una conclusione ogni mito ha in
sé la capacità (il destino?) di rigenerarsi e di riproporsi
e secondo il mio parere Star Wars ora finisce per poi ricominciare.
Non mi riferisco ad ipotetici episodi X o XI e così via, oppure ad
ulteriori spin-off o serie TV (peraltro già in produzione),
ma all'essenza stessa di un mito.
“L'Ascesa
di Skywalker” aveva dunque il difficile compito di “finire”
ciò che era stato iniziato ed allo stesso tempo eternare lo spirito
e la peculiarità dell'unica vera Saga cinematografica degna di
questo nome fino a questo momento prodotta. Con imperfezioni e
incertezze certo, con sbavature di trama e di sceneggiatura che si
rendono quasi inevitabili, ma la missione è stata portata a termine.
J.J. Abrams con mestiere e tanta furbizia ha ripreso il tutto
ed è riuscito a prendere per mano il pubblico e condurlo fino ad una
onesta e accettabile fine. Si può rimanere delusi, scontenti,
sentirsi anche presi in giro, è diritto dello spettatore esprimersi
come può e desideri fare, ma rimane il fatto che anche in questo
film bastano le prime note della Colonna Sonora (la più
conosciuta e riconoscibile ad ogni latitudine) e che le righe
comincino a scorrere in diagonale perché ci si senta “a casa”.
La narrazione, in ogni suo aspetto, anche qui giunge a livelli
che difficilmente riescono ad essere raggiunti altrove, così come
permane e pervade il senso di affidarsi ad un contesto fatto di
pianeti e rotte spaziali, scontri, incontri, morti e rinascite, fughe
e dialoghi che vivono di suoni, colori e contrasti fondamentali.
Il senso
di epico resiste e sebbene il compito di giungere a
mettere a posto trama e trame, elementi narrativi e interrogativi
decennali, miriadi di personaggi e di caratteri potesse schiacciare e
appiattire il tutto, il risultato c'è e si fa accettare. Una terza trilogia che si chiude in crescendo, ritrovando (in buona
parte) quell'equilibrio che è alla base della saga e del mito
fin da quando tutto fu fatto iniziare. Si ha la sensazione di
ritrovare vecchi amici e di rivivere atmosfere e situazioni, ma il
senso di deja-vu non è limitante, dal momento che i caratteri
principali giungono alla loro maturazione per loro vie e anche se gli
escamotage narrativi a volte appaiono frettolosi e fin troppo
“allegri”, in barba ad una complessità che una parte di pubblico
agogna, tutto rientra nello spirito della saga.
Si obietta
che per due ore e venti il ritmo è fin troppo veloce e che si è
voluto mettere troppa carne al fuoco, osservazione che condivido, ma
aggiungo che questo è il prezzo da pagare per arrivare, ora, ad una
fine, che è definitiva in merito a quanto lasciato in sospeso due
anni fa, fino all'episodio VIII (che aveva smarrito molto e messo
sul piatto altro). Il prezzo da pagare per consolidare e
sancire l'eternare del mito a cui si faceva riferimento.
Perché non
siamo di fronte ad un singolo film, bensì a 13-14 produzioni, fra
trilogie, spin-off, serie TV e speciali vari. Per cui si può
scegliere se valutare ogni film a sé stante, come opera unica,
oppure all'interno di un contesto, una galassia narrativa ed
estetica. Inevitabilmente, a seconda di quale opzione si sceglie, i
giudizi si modificano e possono ribaltarsi. Nello specifico, per
quanto concerne “L'Ascesa di Skywalker”,
come film unico può coinvolgere in modo limitato oppure farsi
gustare per il cromatismo appagante e la sontuosa messa in scena,
d'altro canto quale parte di un magnifico ed immaginifico tutto
giunge a sollazzare e colmare occhi, cuore e anima o lasciare
perplessi come fosse la parte 2 del “Ritorno dello Jedi”.
Personalmente
ho sempre apprezzato l'incontro fra tragedia greca e commedia, fra
fantasy e western, fra oriente ed occidente, fra sacro e buffonesco
che ha fatto sì che un ibrido si ponesse come elemento originale e
fondamentale di un Cinema che a volte si ripiega su sé stesso e non
riesce a creare e ricreare. Star Wars è la frontiera di John
Ford, le battaglie corpo a corpo dei film di cappa e spada, il senso
dell'onore e del rispetto dei samurai di Kurosawa, i duetti di varie
coppie comiche, lo slancio e i sentimenti di una love story, il
fantasy ed il fantastico, la luce e l'oscurità, il singolo ed il
collettivo che si sublimano vicendevolmente, eroi e masse ed altro
ancora.
Anche
nell'episodio IX rileviamo questo. Assistiamo a ciò che fin
dall'inizio, fosse quello del 1977 o della “Minaccia Fantasma”, è
un affare di famiglia e di destino, uno scontro fra concetti e
caratteri, fra visioni e ideologie all'interno di un confronto fra
padri e figli, naturali o acquisiti che siano. Per
cui alcune sorprese e rivelazioni non sono realmente tali, ma
tasselli di una circolarità e di una specularità che è parte
fondante del racconto e della cultura, che dal particolare si fa
universale.
Così come universali sono i fardelli da portare, i destini da
compiere o da comprendere, le sfide da affrontare ed i gesti di cui
si accettano le conseguenze, nell'incontro Passato/Presente/Futuro,
Jedi/Sith/Cavalieri Ren, luce/oscurità e sintesi delle stesse.
mercoledì 25 dicembre 2019
martedì 24 dicembre 2019
Notte prima di Natale
L'ultimo
giorno prima di Natale è passato. È scesa una notte invernale,
chiarissima; sono spuntate le stelle; la luna si è alzata, maestosa,
per rischiarare la buona gente e il mondo intero, perché tutti
possano cantare allegramente gli inni a Natale e glorificare Cristo.
Il gelo era
diventato più forte che al mattino; ma tutto era così quieto che lo
scricchiolio della neve gelata sotto gli stivali si sentiva a mezzo
chilometro di distanza. Ancora non si è fatto vivo nemmeno un gruppo
di giovanotti sotto le finestre delle case; solo la luna le sbirciava
furtivamente, come se volesse invitare le ragazze vestite a festa ad
uscire al più presto sulla neve scricchiolante. Allora dal comignolo
di una casa uscirono turbini di fumo, che come una nuvola
s'innalzarono nel cielo, e con essi uscì una strega a cavalcioni
d'una scopa.
lunedì 23 dicembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.334
Professor Kirke: Oh, eravate qua! Cosa ci facevate dentro l'armadio?
Peter: Non ci crederebbe se glielo raccontassimo, signore.
Professor Kirke: Mettimi alla prova!
Peter: Non ci crederebbe se glielo raccontassimo, signore.
Professor Kirke: Mettimi alla prova!
(Professor Kirke/Jim Broadbent e Peter Pevensie/William Moseley in "Le Cronache di Narnia: il leone, la strega e l'armadio", di Andrew Adamson - 2005)
sabato 21 dicembre 2019
Joy
When someone very dear
Calls you with the words
Everything's all clear
That's what you want to hear
But you know it might be
Different a new year
That's why, that's why
We hang the lights so high
Joy, joy, joy, joy
You loved it as a kid
And now you need it
More than you ever did
It's because of the dark
We see the beauty in the spark
That's why, that's why
The carols make you cry
Joy, joy, joy, joy
Joy, joy, joy, joy
Dance around the tree, yes I see
The holy on the globe, life beautiful
The candles and the gloom, light the room
The story of the globe, yes, I am the stand
So light the winds of fire
And watch as the flames grow higher
We'll gather up our feels
And face down all the coming years
All that they've destroyed
And in their face we throw our
Joy, joy, joy, joy
Joy, joy, joy, joy
It's why we hang up so high
And gaze at the globe
Silver birches in the snow
Because of the dark
We see the beauty in the spark
We must be alright
If we could make up Christmas night
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Tracey Thorn
mercoledì 18 dicembre 2019
Forse la felicità
O forse la felicità
è solo degli altri, d’un altro tempo,
d’un’altra vita e a noi non è possibile
che recitarla come viene viene,
a soggetto, ostinandoci a inseguire
la parte di noi stessi
in un vecchio, bizzarro canovaccio
senza capo né coda…
(Giovanni Raboni, da Barlumi di storia, 2003)
lunedì 16 dicembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.333
Mark:
Non sappiamo ancora di che si tratta, non sappiamo cosa sia, non
sappiamo cosa può essere, non sappiamo cosa... diventerà, sappiamo solo
che è fico! E questo è un valore inestimabile a cui non rinuncio.
Eduardo: E quando sarà finito?
Mark: Non finirà mai. È questo il punto. Come la moda. Non finisce mai.
Eduardo: Cosa?
Mark: La moda. La moda non finisce mai.
Eduardo: Tu parli di moda? Davvero, tu?
Mark: Sto parlando dell'idea di moda. Sto dicendo che non finisce mai.
Eduardo: Ok, però quelli fanno soldi vendendo pantaloni.
Eduardo: E quando sarà finito?
Mark: Non finirà mai. È questo il punto. Come la moda. Non finisce mai.
Eduardo: Cosa?
Mark: La moda. La moda non finisce mai.
Eduardo: Tu parli di moda? Davvero, tu?
Mark: Sto parlando dell'idea di moda. Sto dicendo che non finisce mai.
Eduardo: Ok, però quelli fanno soldi vendendo pantaloni.
(Mark Zuckerberg/Jesse Eisenberg e Eduardo Saverin/Andrew Garfield in "The Social Network", di David Fincher - 2010)
martedì 10 dicembre 2019
Un giorno di pioggia a New York (2019)
Vado al
cinema a vedere un film di Woody Allen un po' con lo stato
d'animo di quando si fa a far visita ad un vecchio parente, uno zio
per esempio, sapendo già cosa cosa ci dirà, cosa ci mostrerà e
anticipando le sue frasi ed i suoi “tic.” Si va dal vecchio zio
perché ci si è affezionati, perché ci fa piacere ed in fondo è
ancora divertente, con le sue raccomandazioni sempre uguali fin da
quando eri un bambino, le sue barzellette che hai sentito decine di
volte e così via. La situazione è simile con Woody Allen, che
avendo ottanta anni effettivamente si avvicina molto ad essere quel
vecchio parente a cui fai visita tutti gli anni. Così qualche giorno
fa ho visto “Un giorno di pioggia a New York”, ultima
fatica cinematografica del regista, che torna nel suo ambiente
ideale, New Yok per l'appunto, Manhattan in particolare.
Già dai
titoli di testa mi sono sentito a mio agio e ben disposto, con il
font sempre uguale da più di quarant'anni, così come quando entri
in casa del parente di cui sopra e riconosci l'odore dei mobili e dei
suoi abiti.
Ma
l'entusiasmo che ancora alberga in me dopo la visione del film vi
assicuro non è dovuto a semplice affetto o condiscendenza,
benevolenza nei confronti di qualcuno in virtù di quanto bene ci ha fatto
in passato nonostante ora non sia più così brillante, ma è
motivato dal fatto che “Un giorno di pioggia a New York” è un
bel film, totalmente e genuinamente “alleniano”, piacevole da
vedere, gustoso da ascoltare e con una serie di spunti di riflessione
da impegnarci diverse serate.
Quella che
ad una prima occhiata, dopo una manciata di minuti, sembra essere una
teen comedy basata su vecchi personaggi rinfrescati e poco altro, si
rivela scena dopo scena come una perfetta rappresentazione di una
idea di cinema, di una visione sulla natura ed il ruolo
dell'intellettuale ed una riflessione sulla morale e la libertà di
pensiero ed azione.
L'elemento
giovanile, appena post adolescenziale, dona sapore e brio ad una
trama per sua natura esile (il tutto si risolve in frenetiche 24 ore)
grazie alla scelta di giovani attori ed alla vivacità dei dialoghi.
Ci si inebria della carica dei protagonisti e della serie di rimandi
e citazioni artistiche, letterarie e cinematografiche, con i due
fidanzati (Elle Fanning e Timothée Chalamet)
che pur costretti nei “tipi” di Allen sanno raggiungere il
pubblico, mentre maggiore libertà sembra aver avuto Selena Gomez,
con il suo personaggio che appare come più vicino alla realtà, meno
imbrigliato nella proiezione che il buon Woody attua sugli altri.
Le
propaggini del regista sono note e ben conosciute in pressoché tutti
i suoi film, questo non fa eccezione, dal momento che abbiamo a che
fare con parlata accelerata, nevrosi, somatizzazioni varie,
distribuite con furbizia ed un pizzico di malizia, ma ovviamente c'è
di più e ci si ritrova contenti e soddisfatti della visione. Fosse
anche solo per il monologo confessione della
madre del giovane protagonista, intellettuale
adolescente attratto dai bassifondi, frequentatore del “demi-monde”,
che si vede e si sente sbattere in faccia una verità che supera ogni
concetto di morale, colpa, merito, castigo o contrappasso. Così
Woody Allen sembra dirsi consapevole di quanto il suo cinema sia
ormai “vecchio”, inadeguato a competere con altre produzioni,
incapace di attirare i nuovi giovani spettatori, ma che accetta
serenamente tutto ciò, come se non gli interessasse, preferendo
coltivare il sogno di poter essere ancora quello zio a cui fai visita
una volta all'anno e che riconosci dall'odore, dalla luce che c'è in
casa sua e dalla musica che ascolta.
lunedì 9 dicembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.332
Buck: Mammiferi! Ci siamo imbattuti nella scena di un delitto. Un ciuffo di pelo, un osso spolpato e poi qui... oh no... broccoli. Ecco come è andata: il dinosauro attacca Sid, Sid risponde a colpi di broccolo riducendo il dinosauro... ad un vegetale.
Diego: Ma sei matto? Sid non è violento, e poi è un incapace.
Manny: Sì, e dov'è il dinosauro?
Buck: Va bene, obiezione accolta... Teoria alternativa: Sid mangia il broccolo, il dinosauro mangia Sid e poi calpesta il broccolo, riducendo il broccolo... ad un vegetale.
Manny: Buck, di preciso quando è che sei impazzito?
Buck: Mmh... tre mesi fa, una mattina mi sono svegliato sposato ad una banana. Una banana orrenda! ...Però l'amavo.
Diego: Ma sei matto? Sid non è violento, e poi è un incapace.
Manny: Sì, e dov'è il dinosauro?
Buck: Va bene, obiezione accolta... Teoria alternativa: Sid mangia il broccolo, il dinosauro mangia Sid e poi calpesta il broccolo, riducendo il broccolo... ad un vegetale.
Manny: Buck, di preciso quando è che sei impazzito?
Buck: Mmh... tre mesi fa, una mattina mi sono svegliato sposato ad una banana. Una banana orrenda! ...Però l'amavo.
(Buck, Diego e Manny in "L'Era Glaciale 3 - L'alba dei dinosauri", di Carlos Saldahna - 2009)
mercoledì 4 dicembre 2019
Circostanze sfortunate
Forse non è strano che nel corso
mutevole della fortuna, attraverso l'infinità del tempo, la casualità
degli eventi produca spesso circostanze uguali.
PLUTARCO, Sertorio
PLUTARCO, Sertorio
lunedì 2 dicembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.331
Wolsey: Perché vi siete opposto a me?
More: Mi è parso che aveste torto.
Wolsey:
Questione di coscienza... voi non mi date che preoccupazioni. Se
riusciste a vedere i fatti come sono, senza quell'orrendo... aspetto
morale... con un po' di senso comune, voi sareste uno statista.
(Cardinale Wolsey/Orson Welles e Thomas More/Paul Scofield in "Un uomo per tutte le stagioni", di Fred Zinnemann - 1966)
venerdì 29 novembre 2019
Dampyr #236
Diverse settimane, mesi, sono passati dall'ultimo post dedicato a Dampyr. Una benedizione per qualcuno degli sparuti lettori di questo blog, una casualità assolutamente non degna di nota per altri che incrociano queste pagine solo ogni tanto, quando non hanno nulla di meglio da fare o cose più interessanti da leggere.
Ma a me un po' dispiace, dal momento che la serie che vede protagonisti Harlan, Tesla e Kurjak è una delle mie preferite, nonché a mio parere una delle migliori della Sergio Bonelli, sia per trama orizzontale e verticale che per il comparto grafico.
Con l'albo numero 235 su Dampyr si è conclusa la emozionante, soddisfacente e splendida saga dedicata ai Grandi Antichi. Resa visivamente da artisti fra i più straordinari all'opera su albi editi in Italia, come Nicola Genzianella, Maurizio Rosenzweig, Corrado Roi e Luca Rossi, nel corso di ben sei episodi ha regalato ai lettori, anche grazie alle solide sceneggiature del co-creatore Mauro Boselli, sorprese, sensazioni varie e diverse nonchè grandi soddisfazioni C'è da consigliare di recuperare gli albi e tuffarsi nella lettura, interessante e coinvolgente anche per conoscitori occasionali del nostro eroe.
Non era facile mantenere alto il livello ed il tasso di emozioni, ma il soggetto, la sceneggiatura e i disegni sono ampiamente all'altezza in questo numero 236, "L'amica mortale".
Suggestioni e legami con il cinema, l'arte e la letteratura donano qualità e profondità ad una storia che vive di atmosfere e di sensazioni, come spesso accade nei migliori episodi della serie, senza far mancare azione e momenti splatter, come anche passaggi toccanti e commoventi.
Da un incipit coinvolgente prende avvio un episodio di eccezionale intensità, che conduce il lettore attraverso drammi e crudeltà ad un finale struggente e bellissimo.
Il tutto è ulteriormente impreziosito dal lavoro di Alessio Fortunato ai disegni, che con la sua penna biro, alternata ad una evocativa mezzatinta, rende benissimo le ombre, la nebbia e le atmosfere, quasi fossero più vere del vero. Analogo discorso per la resa dei personaggi, la loro grazia e bellezza così come la loro crudeltà e orrorifica presenza, rese con efficacia tale da giungere dirette al lettore.
mercoledì 27 novembre 2019
Forse nessun uomo è un'isola, ma una famiglia può essere un arcipelago?
John Donne sosteneva che "Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto".
Ma George Clooney la pensa diversamente:
Mi sembra naturale che una delle mie figlie sia su un'altra isola. Una
famiglia in fondo sembra esattamente un arcipelago: sono tutti parte
dello stesso insieme, ma separati e soli. E lentamente, si allontanano
sempre di piú...
(Matt King/George Clooney in "Paradiso Amaro", di Alexander Payne)
lunedì 25 novembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.330
Karen: Tu probabilmente non mi ami affatto!
Milton: E magari non ti amassi! Stavo molto meglio prima!
Karen: Cosicché, da quando stiamo insieme, ti senti infelice.
Milton: Non sono mai stato così infelice come da quando ti conosco.
Karen: E io nemmeno.
Milton: Ma non tornerei indietro.
Karen: E nemmeno io.
Milton: E magari non ti amassi! Stavo molto meglio prima!
Karen: Cosicché, da quando stiamo insieme, ti senti infelice.
Milton: Non sono mai stato così infelice come da quando ti conosco.
Karen: E io nemmeno.
Milton: Ma non tornerei indietro.
Karen: E nemmeno io.
(Karen Holmes/Deborah Kerr e Milton Warden/Burt Lancaster in "Da qui all'eternità" di Fred Zinnemann - 1953)
sabato 23 novembre 2019
Pioggia
LA PIOGGIA
Di tutto sono felice: della città fradicia,dei tetti, fino a ieri polverosi,
che oggi, lustri come seta lucida,
brillano in rivoli d’argento.
Felice della mia passione spenta,
guardo dalla finestra sorridendo,
mentre passi oltre veloce
per la strada scivolosa, sola.
Felice che più forte cada la pioggia,
mentre, riparata in un androne altrui,
tu rovesci l’ombrello bagnato,
sgrullandoti dalla pioggia.
Felice che tu mi abbia dimenticato
quando esci da quel portico,
senza uno sguardo alla mia finestra,
senza rivolgermi il viso.
Felice che sia tu a passare oltre,
eppure che io possa vederti,
che tanto magnifica e innocente
passi col suo ardore la primavera.
(Vladislav Chodasevic – Trad. Caterina Graziadei)
giovedì 21 novembre 2019
Sono quella che sono
Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Wisława Szymborska
lunedì 18 novembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.329
J.J. McClure: Dannazione, io ti ho dato la responsabilità di trovare un dottore e non lo vedo. Dov'è il dottore?
Victor Prinzim: Era ammalato.
J.J. McClure: Ora ascolta quello che ti dico, va a trovare un dottore; dammi il dottor Kildare, dammi il dottor Livingstone, dammi il dottor Frankenstein; voglio un dottore, vai dove si trovano i dottori.
Victor Prinzim: E dove?
J.J. McClure: Nei bar, posti di mare.
Victor Prinzim: Al mare, nei bar; va bene.
J.J. McClure: Ecco!
Victor Prinzim: Negli ospedali!!?.
Victor Prinzim: Era ammalato.
J.J. McClure: Ora ascolta quello che ti dico, va a trovare un dottore; dammi il dottor Kildare, dammi il dottor Livingstone, dammi il dottor Frankenstein; voglio un dottore, vai dove si trovano i dottori.
Victor Prinzim: E dove?
J.J. McClure: Nei bar, posti di mare.
Victor Prinzim: Al mare, nei bar; va bene.
J.J. McClure: Ecco!
Victor Prinzim: Negli ospedali!!?.
J.J. McClure: Prova anche lì!
(J.J.McClure/Burt Reynolds e Victor Prinzim/Dom DeLuise in "La corsa più pazza d'America", di Hal Needham - 1981)
giovedì 14 novembre 2019
Giallo, Noir & Thriller/73
Titolo: Carambole
Autore:
Håkan Nesser
Traduttore:
Carmen Giorgetti Cima
Editore:
Guanda – 2006
Dopo la
lettura de “La rete a maglie larghe” mi ero ripromesso di
proseguire con i libri della serie del commissario Van Veeteren
rispettandone l'ordine di scrittura da parte dell'autore, Hakan
Nesser. Ma di fronte a “Carambole”, settimo
libro dell'elenco, la sua immagine di copertina e l'intrigante
sinossi non ho saputo resistere.
In
“Carambole” leggiamo della formazione di un serial killer “per
caso”, della apparente banalità ed ordinarietà di una violenza
perpetrata da un uomo qualunque, chiamata da un atto violento
fortuito e semplice nella sua tragicità e alimentata dalla meschina
cattiveria di un altro “invisibile”. Una catena di violenza in
cui verrà coinvolto Van Veeteren, non in qualità di commissario
ormai ritirato dall'attività investigativa, ma come padre di una
delle vittime. Il figlio, infatti, viene ucciso da qualcuno di
cui il lettore non solo conosce l'identità fin dalle prime pagine,
ma di cui segue l'evoluzione e l'affermarsi come assassino, quasi per
costrizione.
Un romanzo
che ha molto di introspettivo, seppur questo elemento non venga
portato all'esasperazione. Al contrario la scrittura di Nesser riesce
a mantenere il tono ed il carattere di un giallo-thriller
gestendo al meglio tutti gli elementi della storia. L'autore riesce a
rendere ciò che passa per gli animi e le teste dei personaggi, i
loro sentimenti e sensazioni ed i loro pensieri così come le loro
azioni. Personaggi che devono incastrare la propria vita privata con
le vicende del caso.
Gli
elementi psicologici e di descrizione e analisi sull'animo umano
vengono inseriti all'interno di un'indagine di polizia e di una
ricerca privata, sul senso delle nostre vite e su come il caso e
forze insospettabili possano influire su di noi e su altri.
Nesser riesce a farci vivere quello che può scattare nella mente di un comune cittadino, con un lavoro ed una vita normale al limite dell'ordinario e del noioso, quando si trova a confrontarsi con un omicidio colposo, allora ogni cosa assume un altro valore, un insieme di costrutti, valori, principi ed abitudini crolla attorno a lui, fino a divenire un freddo e calcolatore assassino.
Nesser riesce a farci vivere quello che può scattare nella mente di un comune cittadino, con un lavoro ed una vita normale al limite dell'ordinario e del noioso, quando si trova a confrontarsi con un omicidio colposo, allora ogni cosa assume un altro valore, un insieme di costrutti, valori, principi ed abitudini crolla attorno a lui, fino a divenire un freddo e calcolatore assassino.
Il
commissario Van Veeteren è finalmente in pensione: si occupa della
sua libreria antiquaria e non sa nulla della serie di omicidi che si
sta per abbattere sulla sua città. Tutto ha avuto inizio quando un
guidatore ha investito per caso un ragazzo che camminava sul ciglio
della strada: il ragazzo è morto e l'automobilista, dopo qualche
indecisione, è fuggito. Nei giorni seguenti tutto sembra tranquillo
e il colpevole si sente sempre più al sicuro. Fino al giorno in cui
riceve la lettera di un testimone che comincia a ricattarlo,
sostenendo di averlo visto e di essere pronto a rivelare la sua
colpa. Messo sotto pressione, l'incauto guidatore si trasforma in un
astuto detective... (da ibs.it)
martedì 12 novembre 2019
Cos'è il razzismo? Chi è razzista?
La costituzione della Repubblica Italiana, all'articolo 3 recita:
Tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Non
è difficile. In buona sostanza se discrimini in base a sesso, razza,
lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali, è
corretto se qualcuno ti considera razzista.
Questo vale per azioni e frasi pronunciate, per i gesti e quanto scrivi e diffondi con qualunque mezzo tu abbia a disposizione.
Vale sempre, non ci sono zone franche o eccezioni.
Vale
sul tuo luogo di lavoro, in famiglia, al bar, allo stadio, quando vai a
scuola o a giocare a calcetto, quando parli con gli amici, i colleghi,
tua moglie, tuo marito, i tuoi amanti occasionali o con chi passi il tuo
tempo.
Vale su un autobus od un treno, vale per la strada così come in ufficio o in fabbrica, vale sempre, senza scuse o limitazioni.
Vale se sei un privato cittadino, se sei padre, madre, figlio, figlia.
Vale
persino se sei un personaggio politico con incarichi a livello locale o
nazionale. Vale persino se rappresenti la nostra Repubblica e le noste
Istituzioni.
Vale anche se ti hanno votato dei razzisti.
lunedì 11 novembre 2019
Citazioni Cinematografiche n.328
Ragazzi, Tony lo svelto aveva ragione, qui si scioglie tutto.
(Manny in "L'Era Glaciale 2 - Il disgelo", di Carlos Saldanha - 2006)
sabato 9 novembre 2019
30 anni senza il Muro
La vita senza il Muro pone soprattutto questa domanda: riusciremo a vivere senza un nemico?
(Peter Schneider, in Dopo il muro, trad. Umberto Gandini, 1992)
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