“La Passione di Giovanna d'Arco” di Carl Theodor Dreyer presenta un'intensa ricerca sul e del volto umano. Tanto pervasiva da rivelarsi maniacale, così prolungata da pervadere l'intera opera e farne l'elemento centrale, in grado di rivelare la matrice psicologica dei personaggi.
La drammatica messa in scena operata da Dreyer vede come filo conduttore e centro di tutto lo splendido volto di Renèe Falconetti, che con i suoi lineamenti astratti dal tempo e dai luoghi della storia, così come dalla Storia, inietta pathos nella figura sfaccettata della pulzella d’Orlèans. Il regista danese si concentra, attraverso l'intenso e coinvolgente lavoro sui volti e sulle espressioni, nella ricerca della introspezione morale dei suoi personaggi, così come di un’immagine armoniosa e sottilmente equilibrata.
A differenza di altre pellicole successive, il film non si cura delle vicissitudini della vita di Giovanna d’Arco, bensì si “limita” agli ultimi giorni della sua vita. Viene scelto di indagare l’intimo dei sentimenti e della psicologia di una donna sottoposta al martirio. Questo influenza e determina le scelte visuali. Allora lo spettatore viene sottoposto ad una esplosione di primi e primissimi piani, dove l’immagine in sé assume valenza artistica e spirituale.
Dreyer punta a descrivere il dramma interiore della pulzella. Compie così l'incontro fra immagini di inimitabile potenza e durezza delle parole. A questo punto giunge il contributo di Renèe Falconetti, architrave su cui si regge l'intero film, dal momento che l’attrice offre una delle più grandi interpretazioni della storia delle trasposizioni filmiche dedicate a Giovanna d'Arco, immedesimandosi in maniera perfetta con quel personaggio, quel carattere.
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